I dipinti di soggetto classico
Mengs
12/03/2001
Dei numerosi dipinti di soggetto classico, tratti dalla storia e dal mito dell’antica Grecia, due, tra i migliori in mostra, sono conservati a San Pietroburgo, al Museo dell’Ermitage. Si tratta del Giudizio di Paride e del Perseo e Andromeda, un particolare del quale fa da manifesto all’esposizione padovana.
Il primo quadro, che era nell’atelier dell’artista al momento della morte, venne venduto nel 1781 a Caterina II di Russia. Winckelmann aveva visto il dipinto nel 1757 e aveva così sentenziato: “Le tre dee nude a grandezza naturale sono così belle che già ora, anche se [il quadro] è solo abbozzato, può risvegliare tentazioni”. Come vincitrice della competizione di bellezza, Venere si trova al centro della composizione, in posizione frontale rispetto allo spettatore. Amore alato, suo figlio e suo attributo, suggerisce a Paride la scelta. La dea Era (Minerva), riconoscibile dal diadema e da un pavone come attributo, si trova, in quanto madre degli dei, al centro del gruppo divino. La figlia di Zeus, Atena, è ritratta dal pittore di spalle mentre si sta spogliando, dopo aver deposto elmo e scudo. Il giovane Paride, identificato come pastore per la presenza del bastone e del cane da caccia, indossa un berretto frigio e un mantello che lo copre appena. Al suo fianco è posto Scamandro, la divinità fluviale rannicchiata, posta di schiena ad occupare l’angolo sinistro della composizione. Sono riscontrabili, nelle scelte iconografiche soprattutto, citazioni puntuali da Raffaello, da Francesco Albani e da Carlo Maratta. Corrisponde ad una concezione accademica della struttura del dipinto, il fatto che le due figure esterne siano di schiena, quelle intermedie di tre quarti e quelle centrali frontali. Anche il movimento dei personaggi, che procede secondo un dolce arco dal basso a sinistra all’alto a destra, trova la sua corrispondenza nel movimento contrario delle colline sullo sfondo. L’isolamento delle figure dal loro spazio circostante, la loro disposizione centralizzata e simmetrica in una serie rigorosamente pausata fanno del Giudizio di Paride il manifesto programmatico della poetica di Mengs, di lì a poco tempo impegnato nella realizzazione del Parnaso di Villa Albani. Il fatto che il dipinto fosse conservato nello studio del pittore, dunque fosse facilmente accessibile, ha fatto sì che esso facesse scuola, influenzando molti pittori attivi a Roma all’epoca.
Il Perseo e Andromeda, finito nel 1780 nelle mani di Caterina II, fu commissionato dall’inglese Watkin Williams-Wynn, collezionista d’arte, durante la sosta a Roma del suo Grand Tour nel 1768. A Pompeo Batoni, che contendeva a Mengs il ruolo di primo pittore della capitale, fu affidato l’incarico di dipingere il pendant del Bacco e Arianna. Il formato, il numero delle figure e le affinità tematiche - la liberazione di una donna da parte dell’eroe – sono elementi che conferiscono inequivocabilità all’intento del committente. L’opera non fu finita da Mengs fino al 1777, quando fu finalmente esposta al pubblico nell’atelier vicino San Pietro. Imbarcata su una nave diretta in Inghilterra fu catturata da una fregata francese, arrivò a Parigi e fu venduta alla Russia. Il pittore promise all’acquirente una seconda versione, che però non realizzò mai. Egli scelse per la composizione diversi modelli antichi, conservati già al tempo nel Museo Capitolino, e non mancò di “citare” Rubens nella scelta del momento rappresentato. E’ ben evidente l’influenza che l’Apollo del Belvedere ha esercitato sulla figura di Perseo. Molti artisti stranieri furono attratti dal dipinti, da loro copiato, rielaborato e così diffuso in ogni angolo dell’Europa.
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