I mosaici e le vetrate di Giovanni Hajnal
Ungheria
10/12/2001
Nelle sale dei Musei Vaticani, dove da giorni sono esposte le opere e le testimonianze di secoli di Cristianesimo nella nazione ungherese, spiccano le vetrate di un artista ungherese che da decenni ormai impreziosisce le chiese di tutto il mondo con le sue opere d’arte: Giovanni Hajnal.
Hajnal è nato nel 1913 in Ungheria, dove giovane ha cominciato i suoi studi di pittura, perfezionandosi poi all’Accademia di Belle Arti di Roma, Francoforte e Stoccolma.
In fondo questo artista può considerarsi italiano di adozione grazie al suo trasferimento in Italia dal 1948, e per il conferimento della cittadinanza italiana attribuitagli in onore dei suoi meriti artistici.
Conosciuto come il “maestro delle vetrate e dei mosaici”, le sue opere sono uno spettacolo di luce e colori, apprezzate a livello internazionale e premiate per questo da una vasta serie di riconoscimenti.
Oltre ai lavori che figurano nel Museo di Belle Arti di Budapest, sua città natale, è proprio in Italia che si conservano i suoi più alti esiti artistici. L’elenco delle opere in terra nostrana è certamente troppo lungo per poter essere riportato in questa sede, ma ugualmente ci sembra doveroso citarne alcune fra le più importanti come i mosaici dell’abside e il rosone della Chiesa di San Leone Magno a Roma (1952), o il rosone della facciata della Basilica di S. Maria Maggiore sempre nella capitale e ancora la “Via Crucis” a mosaico per la Chiesa del Sacro Cuore a Firenze.
Decine e decine di lavori ancora in tutto il mondo portano la firma di Hajnal, apprezzato in Svizzera, Brasile, Stati Uniti, Spagna e naturalmente nello Stato Vaticano, dove dopo Budapest sono concentrate il maggior numero di opere di questo artista.
Spesso, e questo vale soprattutto per noi italiani, troppo spesso frastornati dalla moltitudine dei capolavori del passato, non ci soffermiamo abbastanza sulle opere d’arte del nostro presente, distogliendo così la nostra attenzione da lavori degni della massima attenzione.
Al fine di non far scivolare nel “limbo” artistico questo illustre maestro contemporaneo lasciamo alle parole di un affermato critico come V. Mariani il compito di ricordare le sue gesta: “ c’è qualcosa in lui dell’artigiano innamorato del lavoro e della tecnica, qualcosa dell’uomo medioevale che nell’opera confessa il proprio sentimento del mondo, una fede nell’arte che va oltre i problemi figurativi. C’è in lui soprattutto la necessità di servirsi di un linguaggio fortemente espressivo che affronta l’antico racconto religioso e di nuovo sa tradurlo nel dramma delle forme e colori”.
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