I musei d'arte contemporanea

Minimalismo
 

26/06/2001

Cosa pensa dell’organizzazione museale italiana relativa all’arte contemporanea, della politica delle acquisizioni. Qualcosa sta cambiando? “Non mi par di capire che qualcosa stia cambiando, si spera molto nell’attuazione della legge sulla defiscalizzazione dell’acquisto e donazione di opere per i musei. Credo che, mentre l’attività espositiva negli ultimi 15 anni è stata piuttosto brillante, è mancata assolutamente una politica di acquisizioni. Con il passare del tempo questa mancanza di investimento diverrà un grave problema. Le opere per andare da una sede all’altra, potranno viaggiare sempre meno, soprattutto le opere storiche, questo per motivi di conservazione. Penso sia molto importante per poter continuare ad agire in un grande circuito espositivo avere collezioni forti, nomi importanti che rappresentano un materiale di scambio. Quando si lavora in ordine ad un livello espositivo alto per organizzare mostre efficaci culturalmente e che siano anche amate dal pubblico ci si trova di fronte al problema di dover sempre richiedere in prestito opere in tutto il mondo avendo ben poco in casa nostra per poter bilanciare questi prestiti. Manca e mancherà sempre di più nel futuro un materiale di scambio.” Direttore di un museo, curatore e organizzatore di mostre e rassegne internazionali, saggista, critico e giornalista. Una vita intensa dedicata alla professione, all’arte. Qual è la cosa che preferisce fare? “Il mondo dell’arte è un po’ complesso, spesso si accavallano in una funzione parecchi aspetti. Per molti anni sono stato un critico militante, ho promosso in Italia l’arte minimalista e l’arte concettuale. Credo di aver trovato nella direzione di un museo una sfaccettatura di stimoli ampia e una complessità operativa particolare. Penso che il museo sia un crogiolo importante sia per l’approfondimento degli studi sia per mettersi alla prova sul piano organizzativo e operativo più concreto e quotidiano.” Progetti futuri? “Ci sono molti scritti che vorrei raccogliere per poter formulare una sintesi di tanti anni di lavoro e di scrittura. Vi è qualche libro da pubblicare come singolo saggio e qualche mostra ancora che vorrei organizzare, qualcosa che mi lega alla prima giovinezza. Nel 2003 presenteremo una mostra che esaminerà il contesto dell’arte del secolo appena finito secondo alcuni parametri che sono stati quelli della mia tesi di laurea. Sono sogni che riguardano un futuro ma riallacciati ad un passato.” Cosa pensa dell’ultima edizione della Biennale delle Arti Visive? “Non ho ancora avuto il tempo per poterla esaminare attentamente, sono stato all’inaugurazione e come sempre in queste vernici si vede poco. In generale posso dire che non è questo il momento in cui vi sia il dominio di un linguaggio rispetto ad altri. Credo che il nostro tempo presenti una moltiplicazione di linguaggi in cui nessuno trova un riferimento assoluto o predominante per interpretare il mondo che viviamo. Questa dispersione di un’unità mi sembra nell’ordine storico delle cose, più che riguardare una volontà del curatore. Mi sembra una lettura di questa confusione di linguaggi che di fatto stiamo vivendo. Individualità forti ve ne sono, vi sono personalità emergenti in questi ultimi 10 anni, mi pare che il 2000 si sia aperto ad una rinnovata attenzione a certe tecniche e a una maggiore facilità di uso delle nuove tecnologie. “

 
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