"Il Babuino e S.Anna"
Statue parlanti
30/07/2001
La statua, così chiamata per la sua proverbiale bruttezza tale da avvicinarla ad una scimmia, è all’origine del nome dato dall’arguzia popolare all’intera via che la ospita e che porta da Piazza del Popolo a Piazza di Spagna, appunto via del Babuino. In realtà essa rappresenta Sileno con una zampogna in mano oppure un’antica divinità pagana sabina, a metà fra uomo e capra, nota come Sanco Fidio.
Un tempo essa adornava un’antica vasca di marmo africano che Alessandro Grandi utilizzò addossandola al proprio edificio di via Paolina (nome ufficiale di via del Babuino) in cambio di alcune misure di acqua concessegli da papa Pio IV Medici (1559-65).
La fontana, attiva almeno dal 1576, prende l’acqua dall’acquedotto Felice. Quando Palazzo Grandi passò alla famiglia Boncompagni-Ludovisi il sileno, sdraiato in una vasca, venne sistemato in una nicchia chiusa da due lesene, formando una delle tante fontane volute da papa Gregorio XIII Boncompagni (1572-85).
I romani arrivarono persino ad attribuire alla fontana capacità sovrannaturali.
Caratteristica degli epigrammi affissi su questa fontana era l’acredine nei confronti del suo più celebre collega, che portò alla coniazione del termine “babuinate” in luogo di “pasquinate”.
Nel 1877 la fontana fu smembrata, il sileno portato all’interno del palazzo cui era addossato (nel frattempo passato ai Cerasi), ma nel 1957 l’insistenza popolare ha portato alla definitiva riattivazione della fontana del Babuino, da allora accostata alla facciata della chiesa di Sant’Anastasio dei Greci.
La statua si S.ANNA si allontana dalle altre per il suo carattere “religioso”: un marmo raffigurante S. Anna con la Vergine e il Bambino opera di Andrea Sansovino.
La scultura veniva festeggiata il 26 luglio, festa di S. Anna, occasione per la quale era riempita di epigrammi e poesie composte da rimatori illustri come Bembo, Castiglione e Sadoleto. Ma tale tradizione resistette per soli pochi anni di inizio ‘500, dopo i quali Pasquino, suo rivale più popolare, s’impose nettamente.
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