Il padre del rinascimento marchigiano
courtesy of Rijksmuseum, Amsterdam |
Volto di Cristo
18/10/2001
Le numerose signorie territoriali nelle quali erano divise le Marche nel XV secolo coltivarono a lungo la pittura gotica “internazionale” e solo raramente accolsero le novità rinascimentali, fatte di recupero dell’antichità, di coerenza geometrica nel rappresentare lo spazio, di attenzione alla caratterizzazione fisionomica ed espressiva dei personaggi. Ancora dopo la metà del secolo erano le opere di Antonio e Bartolomeo Vivarini, Niccolò Alunno, Girolamo di Giovanni a dettare le regole del “buon operare”: per lo più pale d’altare a scomparti, spesso su fondo oro, racchiuse da ricchissime cornici. Tipico esempio ne è il Polittico di Gualdo Tadino di Girolamo di Giovanni (1460 circa), oggi in deposito alla Pinacoteca di Brera, a metà tra cultura padovana e Piero della Francesca, dal quale l’artista marchigiano riprende la semplificazione delle figure e la luce senza ombre che definisce volumi perfetti.
L’arrivo a Fermo di Carlo Crivelli, nel 1468, segnava per gli artisti locali una tappa verso l’abbandono delle forme tardo-gotiche e l’adesione ad un linguaggio che, divenuto minoritario a Venezia per la rapida ascesa dello stile morbido di Giovanni Bellini, traeva ispirazione tanto dal bizantinismo dei Vivarini quanto dalla maniera “padovana” di Donatello (l’altare del Santo, nelle sue componenti più anticlassiche), di Squarcione, di Mantenga (la cappella Ovetari, nel suo grafismo analitico e incisivo). Nato nella capitale veneta intorno al 1430, Carlo si era trasferito a Padova verso il 1457. La sua pittura, imbevuta dei principi rinascimentali ma lontana da esiti naturalistici dirompenti, incontrava i favori della committenza aristocratica di provincia, sensibile alla compattezza di modellato e al repertorio antiquario, ma ancora affascinata da ori e broccati e dalle stilizzazioni lineari. Si capisce come nella "Madonna della Candeletta", capolavoro della piena maturità (Milano, Pinacoteca di Brera), un tempo pannello centrale del polittico d’altare del duomo di Camerino, affascinassero la perizia tecnica nella resa dei tessuti, l’abilità “fiamminga” nella riproduzione dei marmi del trono e della natura morta, unite alla chiarezza espositiva e all’astrattezza formale dei volti.
Le spoliazioni del periodo napoleonico, le straordinaria fortuna critica della quale Crivelli ha goduto nella seconda metà dell’Ottocento, le vendite sconsiderate da parte di aristocratici impoveriti hanno prodotto una incredibile dispersione di pezzi nel corso degli ultimi duecento anni. I maggiori musei occidentali, soprattutto inglesi e americani, si sono accaparrati decine di tavole. Un fascino arcano esercita per esempio la "Pietà" del Museum of Fine Arts di Boston con il suo esasperato espressionismo e la minuzia pittorica “fiamminga” nella resa degli oggetti di contorno. E’ l’ “altro” rinascimento, lontano dagli equilibri classicheggianti di tradizione toscana o veneziana, minoritario certo ma che costituisce un’interpretazione coltissima ed originale dei principi umanistici.
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