Il paesaggismo inglese in mostra a Ferrara

Canaletto
 

26/02/2004

Raramente vengono offerte in Italia all’attenzione del pubblico opere d’arte estranee alla produzione dei grandi maestri e così si susseguono mostre dedicate alla celebrazione dei soliti noti: Tiziano, Caravaggio, Poussin, se si tratta di pittura antica, gli impressionisti e i post-impressionisti se si tratta di pittura moderna. Al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, a partire dal 25 febbraio, una mostra davvero originale, tutta da vedere, presenterà, contro tendenza, una cinquantina di dipinti mai visti prima nel nostro paese. L’esposizione s’intitolerà “Da Canaletto a Constable. Vedute di città e di campagna dallo Yale Center for British Art” e, dedicata alla grande pittura di paesaggio inglese nel periodo della sua massima fioritura, dagli inizi del Settecento ai primi decenni dell’Ottocento, proporrà una serie di capolavori dei più significativi esponenti di quel genere pittorico. In particolare, la mostra è incentrata sul confronto tra paesaggi di campagna, ritratti di un mondo agricolo in decadenza o scenari di eleganti conversation piece, e vedute cittadine di Londra e dei dintorni, che testimoniano della precoce modernizzazione in senso industriale e capitalista del mondo anglosassone. L’iniziativa, curata da Cynthia Roman dello Yale Center for British Art, vuole inoltre sollecitare l’interesse del pubblico internazionale sulla qualità e l’importanza storica di una pittura che nel corso dell’Ottocento, con il definitivo abbandono delle gerarchie dei generi e il trionfo dell’operare en plein air, ha attratto e stimolato decine di maestri nella scrittura di capitoli fondamentali della storia dell’arte moderna. E’ certo che prima Géricault e Delacroix e poi i pittori della scuola di Barbizon e i più radicali impressionisti (Monet, Sisley) guardarono a Constable e Turner prima che a qualunque altro artista del passato. Agli inizi del Settecento, da genere minore, incapace di comunicare gli elevati valori morali del filone storico o mitologico, la pittura di paesaggio acquista in Gran Bretagna un ruolo fondamentale nell’espressione dell’identità nazionale. Al classicismo accademico “romano”, che, nonostante qualche cedimento, continua a mietere successi nelle maggiori corti dell’Europa continentale, si contrappone in Inghilterra una cultura figurativa alternativa, che disattende l’imitazione dell’antico e si orienta verso una ripresa del “vero naturale”. Ricollegandosi alla grande tradizione del paesaggismo olandese del Seicento, a Ruysdael e van Goyen in particolare, Constable e Turner, massimi esponenti del genere, trasportano sulla tela o sul foglio di carta il “sentimento della natura”, figlio del gusto tutto settecentesco per il pittoresco e il sublime. Tra le cinquantuno opere esposte, appartenenti ad artisti che, in buona parte, entrarono in contatto con l’Italia nei lunghi mesi dell’obbligato girovagare tra Venezia, Firenze, Roma e Napoli (il periodo del cosiddetto Grand Tour), vale la pena ricordare quelle straordinarie di Thomas Gainsborough (1727-1788), il massimo ritrattista dell’alta società britannica; quelle di Joseph Wright of Derby (1734-1797), cariche di umori romantici; quelle di George Stubbs (1724-1806), autore di suggestive scene di caccia e di animali, ambientate spesso in una natura non civilizzata, immaginosa e selvaggia; quelle del meno rivoluzionario John Zoffany (1733-1810), a suo agio nella trattazione del genere della conversation piece. Unico italiano in mostra è Canaletto, residente a Londra dal 1746 al 1756, nume tutelare dei vedutisti locali. Le sue vedute della City nei pressi del Tamigi furono le prime a celebrare la capitale e a trapiantare sul suolo britannico la tradizione del vedutismo veneziano. Ne sono esemplari testimonianze i due dipinti Il Tamigi da Somerset House guardando verso Saint Paul e Il Tamigi da Somerset House guardando verso Westminster, nei quali una luce lirica e dorata si riversa sul fiume affollato di imbarcazioni e sui monumenti nello sfondo. La collezione di pittura britannica del Settecento dello Yale Center è riconosciuta unanimemente come una delle più complete del mondo. Essa si deve alla magnanimità del collezionista Paul Mellon (1907-1999), spinto a formare la raccolta dal desiderio di rendere l’arte inglese meglio conosciuta e apprezzata negli Stati Uniti. Sarebbe stato certamente grato agli organizzatori della mostra ferrarese per simile iniziativa, volta a far conoscere anche in Europa tanto nobile cultura figurativa. Da Canaletto a Constable. Vedute di città e di campagna dallo Yale Center for British Art 25 febbraio-20 maggio 2001 Ferrara, Palazzo dei Diamanti Corso Ercole I d’Este 21 orario: 9-19 biglietto d’ingresso: £ 14000 intero; £ 12000 ridotto informazioni: tel. 0532-209988; sito web: http://www.comune.fe.it Catalogo edito da Ferrara Arte Editore

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