Il restauro delle Lunette Aldobrandini
Aldobrandini
26/02/2004
Finalmente le Lunette Aldobrandini tornano nella Galleria Doria Pamphilj di Roma, dopo il restauro in corso da settembre. L’intervento di pulitura ha rimosso dalle tele vecchi e ingialliti strati di vernice riportando alla luce colori e toni prima nascosti.
L’operazione ha suscitato particolare interesse negli storici dell’arte poichè si è sperato che, tramite la pulitura, si potesse finalmente ottenere una risposta alla ormai antica querelle circa le varie mani operanti nelle singole tele. I restauratori Donatella Zari e Carlo Giantomassi hanno però ottenuto da questi restauri solo la conferma di ciò che già si supponeva: la lunetta del "Paesaggio con la fuga in Egitto" è certamente l’unica in cui emerge chiaramente la mano di Annibale Carracci, mano eccellente che si distingue dalle altre presenti nelle restanti tele per una straordinaria qualità esecutiva.
Inoltre gli esami riflettografici hanno evidenzato nelle sei tele numerosi strati di pittura sovrapposti a causa dei quali è risultato difficile leggere in profondità le superfici pittoriche dati anche i notevoli danneggiamenti provocati dai passati interventi di restauro.
Ma veniamo alla storia di queste tele che hanno avuto un ruolo di fondamentale importanza per la pittura di paesaggio in Italia e non solo.
Del 1603 o 1604 è la commissione da parte del cardinale Aldobrandini, nipote di papa Clemente VIII (1592-1605), ad Annibale Carracci per la realizzazione di sei tele con Storie della Vergine da collocarsi nella cappella di Palazzo Aldobrandini al Corso. Il pittore bolognese negli anni precedenti questa commissione aveva lavorato alla decorazione della Galleria Farnese, pagina tra le più alte della pittura italiana, fatta realizzare in occasione delle nozze tra una Aldobrandini e Ranuccio Farnese, duca di Parma. Gli affreschi della volta erano stati scoperti alla fine di maggio del 1601 proprio alla presenza del cardinale Pietro Aldobrandini. Certamente l’aver visto un’opera d’arte di tale splendore dovette creare in lui, amante dell’arte e fervido collezionista, il desiderio di possedere opere del pittore bolognese.
La realizzazione delle lunette si prolunga per tutto il decennio a causa del peggiorare dello stato di salute del pittore e forse anche per questioni politiche, data la rivalità tra gli Aldobrandini e i Farnese, al cui servizio Annibale ancora risulta nel 1604. La commissione passa quindi alla sua bottega di cui facevano parte pittori quali Domenichino, Lanfranco, Badalocchio, Albani, e fu quest’ultimo molto probabilmente, a ricoprire il ruolo di guida poichè a lui risultano versati i pagamenti delle tele datati 1605 e 1613. La difficoltà dell’attribuzione dei lavori ai rispettivi artisti dipende, oltre che dalla mancanza di documenti, anche dalla presenza di diverse mani all’interno di ogni singola lunetta; e ciò è emerso ancor più in seguito all’intervento di pulitura appena ultimato. Un elemento significativo è la presenza incontrastata nella storiografia d’arte dell’attribuzione della lunetta del Paesaggio con la fuga in Egitto ad Annibale: l’eccellenza del suo pennello è tale da non aver mai creato dubbi, nell’arco di tanti secoli, su chi ne fosse l’autore.
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