Itinerari cortoniani a Roma: l'architettura

Pietro da Cortona
 

27/08/2001

Pari soltanto a quella di Bernini e Borromini, l’opera architettonica di Pietro da Cortona contribuì nel corso del XVII secolo a creare il nuovo volto della Roma barocca che noi tutti oggi possiamo ammirare. In questa sede vorremmo proporre una sorta di iter cortoniano attraverso le strade della città eterna, alla ricerca di tutti quegli interventi architettonici del celeberrimo artista toscano che nei secoli hanno contribuito a sollecitare l’immaginazione di artisti e semplici visitatori dell’urbe. Partendo dalla centralissima via del Corso già si possono incontrare due fra le maggiori opere architettoniche del Cortona: la splendida facciata di Santa Maria in via Lata (questo l’antico nome dell’attuale via del Corso) e la cupola di San Carlo al Corso. La prima, tornata a splendere dopo un recente restauro (1995), fu realizzata tra il 1658 e il 1662 e presenta i tratti di un’estetica più classicheggiante rispetto alle prove giovanili come la cupola dei Santi Luca e Martina. La facciata sviluppa su due piani il tema della loggia, con due ordini di colonne corinzie che le conferiscono un carattere monumentale e severo. Fondamentale nella sua realizzazione fu l’attenzione che il Cortona rivolse al contesto ambientale: lo stretto rettifilo del Corso impose all’artista una soluzione adatta più alla visione di scorcio che non frontale, con la riprova che quella di S. Maria in via Lata ha valore più di quinta prospettica che non di facciata. Non meno importante fu l’intervento dell’artista volto al recupero delle vestigia dell’antica Chiesa, sottostante al moderno edificio; qui lo stesso entusiasmo delle opere maggiori guidò l’artista nella conservazione delle volte antiche e negli affreschi del VII-IX secolo. Ma continuando e procedendo lungo il rettilineo di via del Corso, come già accennato innanzi, si arriva alla Chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo, dove il maestro toscano fu impegnato, dal 1668 sino alla ormai prossima fine dei suoi giorni, nella realizzazione della maestosa cupola, più severa e classicheggiante rispetto alla precedente dei Santi Luca e Martina. Quest’ultima non è molto distante dai due corpi architettonici che abbiamo appena citato: tornando indietro sul Corso e raggiungendo piazza Venezia, si percorre poi un tratto di Via dei Fori Imperiali, dove all’altezza dell’arco di Settimio Severo si apre uno slargo su cui affaccia la Chiesa dei Santi Luca e Martina. Un tempo sede dell’Accademia di San Luca, di cui lo stesso Cortona fu eletto principe, la chiesa fu oggetto di opera di ricostruzione promossa dallo stesso architetto toscano in seguito al ritrovamento del corpo della Santa Martina nel 1635. I lavori durarono fino al 1650 sempre sotto la direzione dell’artista il quale ideò per la ricostruzione della nuova chiesa una pianta a croce greca, evidente ritorno al rinascimento toscano. Più mosse e decisamente vicine alla matrice architettonica manieristica appaiono invece la facciata e la cupola: la prima, nel suo andamento curvilineo arginato ai lati da coppie di pilastri sporgenti, ricorda le contemporanee ricerche del Borromini nella realizzazione di facciate quali S. Carlino alle quattro Fontane o nell’Oratorio dei Filippini nell’attuale Corso Vittorio Emanuele. La cupola appare come uno degli esiti più arditi dell’architettura barocca, dove le accentuazioni decorative, interne ed esterne, e gli imprevisti accostamenti di linee curve e spezzate ricordano da vicino le realizzazioni manieriste del Buontalenti a Firenze. Ma è con l’opera architettonica più bella e rappresentativa del Cortona che vorremmo concludere questo breve ma intenso itinerario nella Roma del Seicento. Ritornando indietro verso piazza Venezia e raggiungendo Corso Vittorio Emanuele si giunge nei pressi di Piazza Navona alle cui spalle, nascosto fra suggestive stradine della Roma antica, si nasconde il gioiello di Santa Maria della Pace. La chiesa, assieme alla sua piazza antistante, appare come uno dei più alti raggiungimenti del barocco romano e dell’arte di ogni tempo; la costruzione tardo quattrocentesca, scrigno di opere di artisti del calibro di Raffaello, fu rinnovata e in parte costruita ex-novo sotto la guida del Cortona a partire dal 1655 fino al 1659, per volere dello stesso pontefice Alessandro VII Chigi. Gli interventi dell’architetto riguardarono tutta la chiesa, ma la facciata e la sistemazione della piazza antistante è d’importanza sicuramente maggiore rispetto ai lavori condotti all’interno dello stesso corpo architettonico; il progetto e la successiva realizzazione del Cortona inaugurarono un nuovo punto di partenza perchè egli applicò l’esperienza della scenografia teatrale al tessuto urbanistico circostante. La chiesa con la sua facciata appare allora come un palcoscenico e la piazza come un auditorio, mentre le case che la circondano sono i palchi su cui si affacciano spettatori di un teatro del quotidiano. Molti sono gli esempi di architettura che il Cortona ebbe in mente durante la realizzazione di questo progetto: l’architettura classica dell’antica Roma, Michelangelo ed altro ancora, ma l’esito finale porta la firma di un genio che fece di Roma, seppur con pochi interventi, (assieme sicuramente al Bernini e Borromini) lo scenario più magnificente e spettacolare di tutti i tempi. Ci auguriamo quindi che queste brevi informazioni possano sollecitare la vostra curiosità, per una visita che ha pochi eguali in tutto il mondo.

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