L’isola dei morti
Bocklin
20/03/2001
L’isola dei morti è un dipinto molto famoso. Il titolo, datogli da Böcklin a conclusione del lavoro, lo rende particolarmente pertinente alla “celebrazione” di un tema, quello della morte e della caducità delle cose terrene, che accompagna tutto l’arco della produzione del pittore.
Ne sono conservate cinque versioni originali. La prima, che fece conoscere Böcklin al pubblico internazionale, fu esposta a Berlino, presso la galleria d’arte di Fritz Gurlitt, nel 1884. Era stata commissionata al pittore, a quel tempo residente a Firenze, da Marie Berna, futura contessa Oriola, con l’esplicita richiesta che l’opera comunicasse una tale impressione di silenzio da provocare spavento nel sentire bussare alla porta.
L’immagine, dominata dalla presenza di un mare plumbeo e di un cielo tempestoso, non scaturisce dalla fantasia onirica del pittore, prendendo piuttosto le mosse dai moti e dalle suggestioni della memoria. Non è dunque carica di soggettivismo quanto piuttosto di reminiscenze letterarie e culturali. Secondo la critica del tempo Böcklin avrebbe cantato nel quadro l’elegia del mondo antico morente, l’omaggio di un privilegiato sacerdote del presente ai protagonisti (morti) del passato classico.
La scena è ambientata in un lembo di un’isola del Mediterraneo, forse Ischia o Ventotene, in cui sono inseriti grandi cipressi toscani. Questa geografia impossibile, che denota la conoscenza e il grande amore del pittore per lo sfaccettato paesaggio italiano, dona originalità e un effetto straniante all’immagine. L’associazione di elementi “fuori contesto” carica cioè il dipinto di oscuri e ambigui significati, rendendolo un esemplare testimonianza del moderno sentimento della natura.
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