Intervista al dissidente cinese in mostra a Brescia fino al 13 febbraio
La parola a Badiucao: "La mia arte oltre la censura"
Samantha De Martin
12/01/2022
L’ultimo tentativo di bavaglio alla sua arte è avvenuto in Italia e risale a una decina di giorni fa quando quasi tutti i manifesti dedicati alla mostra La Cina non è vicina, in corso a Brescia al Museo di Santa Giulia fino al prossimo 13 febbraio, sono stati imbrattati con la bomboletta o strappati.
Non è una novità per l’artista dissidente cinese Badiucao, la cui monografica, alla vigilia dell'inaugurazione, era stata già preceduta da una richiesta di annullamento da parte dell'ufficio cultura dell'Ambasciata cinese in Italia, preoccupato che l’evento avrebbe potuto "mettere in pericolo le relazioni amichevoli tra Cina e Italia".
Ma né Badiucao, né tantomeno il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei avevano ceduto all’ennesimo tentativo di silenziare la colorata ironia del vignettista e così la mostra a cura di Elettra Stamboulis è stata fatta, con buona pace del governo cinese, superando in due mesi le tredicimila presenze.
La CIna (non) è vicina. Badiucao - opere di un artista dissidente, Museo di Santa Giulia, Brescia | Courtesy Fondazione Brescia Musei
Apolide in terra quanto in ambito museale - la sua arte non è mai stata esposta in Occidente, rifiutata dalle gallerie di tutto il mondo - Badiucao conduce attualmente la sua lotta politica e per i diritti umani dall’Australia, dove si trova in esilio, e a Brescia ha potuto realizzare la sua prima personale di impianto curatoriale in Occidente. Così l’artista che dal suo blog, a colpi di social media e campagne di comunicazione organizzate, ha trasformato l’espressività pop dell'arte contemporanea in battaglia civile, richiamandosi alla tradizione figurativa della propaganda e trasformando in "boccacce" le più tronfie esibizioni del potere, è diventato l’unico canale non filtrato dal controllo governativo cinese, in grado di trasmettere i racconti dei cittadini di Wuhan durante il lockdown del 2020.
Oggi continua a denunciare le violazioni dei diritti umani, la repressione del dissenso in Myanmar durante il colpo di stato militare del 2021, le proteste degli ultimi anni che hanno visto la popolazione di Hong Kong battersi per contrastare la linea politica governativa. Accanto alle maschere utilizzate dall'artista per celare la propria identità, fino a scegliere poi di mostrare il proprio volto in reazione a minacce e intimidazioni, accanto al letto di matite affilate come aghi che alludono ai suoi sogni tormentati, o ancora alla "sedia della tigre", tradizionale oggetto di tortura trasformato dall’artista in un’innocente sedia a dondolo, c’è l’uomo Badiucao, convinto che l’arte possa davvero salvarci.
Lo abbiamo intervistato per ascoltare, dalla sua voce, il suo pensiero sull’arte e sulla censura.
Badiucao, How China controls coronavirus | Courtesy Badiucao e Fondazione Brescia Musei
Che tipo di linguaggio estetico e visivo utilizzi e quali iniziative ritieni più adatte a veicolare la sua arte nel mondo di oggi?
“Da artista posso dire di non credere molto nel linguaggio artistico. Ritengo che si possa parlare di stile quando l’arte scende a compromessi con il mercato perché gli artisti si rendono conto che possono usare la loro firma per vendere quante più opere possibili, quindi iniziano a ripetersi per andare incontro alle esigenze del mercato. Ma ovviamente intorno alla mia arte non ruotano venditori perché nessuno vuole realmente comprare i miei lavori a meno che non voglia davvero scavalcare il governo cinese rinunciando a spartire la propria fetta di torta. Pertanto non mi interessa inquadrare la mia arte in uno stile, in un obiettivo. Per me ogni opera è unica e diversa e richiede un linguaggio diverso per approcciarsi ad essa”.
Oggi vivi in Australia. Molti artisti cinesi continuano a vivere in Cina. Che tipo di censura viene esercitata in questo paese contro gli artisti che vogliono esprimersi liberamente? Quali esperienze hai vissuto in prima persona?
“Credo che l’artista sia quella creatura che davvero può essere in grado di spremere le nostre vite, attivandole nell’affrontare tutte le difficoltà. Ma la linea di fondo che l’arte esige è la completa libertà di trasmettere un messaggio nel modo che l’artista ritiene più opportuno. Quindi detto ciò credo che in Cina la figura dell’artista sia assente, perché in Cina non c’è libertà di parola. Quegli artisti ancora attivi in Cina credo siano meri orpelli per la propaganda o, addirittura, strumenti di propaganda. Molti artisti cinesi si illudono di essere veri artisti solo perché riescono a vendere le proprie opere per milioni di dollari, ma per me non sono veri artisti. Certo, ci sono anche coloro che cercano di lottare all’interno della Cina, ma che non sono mai riusciti ad ottenere la libertà di esprimersi, o che sono già finiti in carcere o che sono addirittura spariti nel nulla. Detto ciò, in Cina è davvero difficile essere artisti, a meno che tu non abbia deciso di sacrificarti anima e corpo”.
Badiucao, Myanmar Strikes Back, 2021, Stampa digitale, 80 x 100 cm | © Badiucao
La tua arte denuncia il governo cinese evidenziando abusi dei diritti civili, censure, genocidi perpetrati contro le minoranze. In che modo riesci a rompere il muro di silenzio che circonda l'Occidente e a far passare i contenuti della tua arte?
“Come molti sapranno, sono molto più conosciuto sul web come fumettista politico e pertanto un’opportunità come quella concessami, di avere una mostra interamente dedicata a me in una galleria, mi è completamente nuova. In futuro mi piacerebbe organizzare più mostre come questa. Ovviamente questo non sarà possibile senza il supporto, l’apprezzamento e la comprensione del pubblico. Per il futuro spero che questa mostra possa aprirmi le porte ad altre esposizioni in una vera e propria galleria d’arte dove potrò parlare a diversi tipi di pubblico, senza dubbio diverso da quello al quale mi rivolgo online attraverso la rete. Spero anche di allargare la mia attività con ricavi che spaziano dalla pubblicazione di libri ai graphic novel, e anche arte digitale online come la NFT Art".
C’è un intervento, tra i tanti che ha realizzato, al quale ti sente più legato?
“Per me ogni opera è come il dito di una mano. Non posso dire di amare di più il pollice o il dito medio. Sono profondamente legato a tutti i miei lavori”.
Allestimento della mostra La Cina non è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente | Courtesy Fondazione Brescia Musei
Leggi anche:
• La battaglia di Badiucao per i diritti umani (ri)parte da Brescia nel segno dell'arte
• Brescia capitale culturale. La città "dirompente" tra identità e partecipazione
Non è una novità per l’artista dissidente cinese Badiucao, la cui monografica, alla vigilia dell'inaugurazione, era stata già preceduta da una richiesta di annullamento da parte dell'ufficio cultura dell'Ambasciata cinese in Italia, preoccupato che l’evento avrebbe potuto "mettere in pericolo le relazioni amichevoli tra Cina e Italia".
Ma né Badiucao, né tantomeno il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei avevano ceduto all’ennesimo tentativo di silenziare la colorata ironia del vignettista e così la mostra a cura di Elettra Stamboulis è stata fatta, con buona pace del governo cinese, superando in due mesi le tredicimila presenze.
La CIna (non) è vicina. Badiucao - opere di un artista dissidente, Museo di Santa Giulia, Brescia | Courtesy Fondazione Brescia Musei
Apolide in terra quanto in ambito museale - la sua arte non è mai stata esposta in Occidente, rifiutata dalle gallerie di tutto il mondo - Badiucao conduce attualmente la sua lotta politica e per i diritti umani dall’Australia, dove si trova in esilio, e a Brescia ha potuto realizzare la sua prima personale di impianto curatoriale in Occidente. Così l’artista che dal suo blog, a colpi di social media e campagne di comunicazione organizzate, ha trasformato l’espressività pop dell'arte contemporanea in battaglia civile, richiamandosi alla tradizione figurativa della propaganda e trasformando in "boccacce" le più tronfie esibizioni del potere, è diventato l’unico canale non filtrato dal controllo governativo cinese, in grado di trasmettere i racconti dei cittadini di Wuhan durante il lockdown del 2020.
Oggi continua a denunciare le violazioni dei diritti umani, la repressione del dissenso in Myanmar durante il colpo di stato militare del 2021, le proteste degli ultimi anni che hanno visto la popolazione di Hong Kong battersi per contrastare la linea politica governativa. Accanto alle maschere utilizzate dall'artista per celare la propria identità, fino a scegliere poi di mostrare il proprio volto in reazione a minacce e intimidazioni, accanto al letto di matite affilate come aghi che alludono ai suoi sogni tormentati, o ancora alla "sedia della tigre", tradizionale oggetto di tortura trasformato dall’artista in un’innocente sedia a dondolo, c’è l’uomo Badiucao, convinto che l’arte possa davvero salvarci.
Lo abbiamo intervistato per ascoltare, dalla sua voce, il suo pensiero sull’arte e sulla censura.
Badiucao, How China controls coronavirus | Courtesy Badiucao e Fondazione Brescia Musei
Che tipo di linguaggio estetico e visivo utilizzi e quali iniziative ritieni più adatte a veicolare la sua arte nel mondo di oggi?
“Da artista posso dire di non credere molto nel linguaggio artistico. Ritengo che si possa parlare di stile quando l’arte scende a compromessi con il mercato perché gli artisti si rendono conto che possono usare la loro firma per vendere quante più opere possibili, quindi iniziano a ripetersi per andare incontro alle esigenze del mercato. Ma ovviamente intorno alla mia arte non ruotano venditori perché nessuno vuole realmente comprare i miei lavori a meno che non voglia davvero scavalcare il governo cinese rinunciando a spartire la propria fetta di torta. Pertanto non mi interessa inquadrare la mia arte in uno stile, in un obiettivo. Per me ogni opera è unica e diversa e richiede un linguaggio diverso per approcciarsi ad essa”.
Oggi vivi in Australia. Molti artisti cinesi continuano a vivere in Cina. Che tipo di censura viene esercitata in questo paese contro gli artisti che vogliono esprimersi liberamente? Quali esperienze hai vissuto in prima persona?
“Credo che l’artista sia quella creatura che davvero può essere in grado di spremere le nostre vite, attivandole nell’affrontare tutte le difficoltà. Ma la linea di fondo che l’arte esige è la completa libertà di trasmettere un messaggio nel modo che l’artista ritiene più opportuno. Quindi detto ciò credo che in Cina la figura dell’artista sia assente, perché in Cina non c’è libertà di parola. Quegli artisti ancora attivi in Cina credo siano meri orpelli per la propaganda o, addirittura, strumenti di propaganda. Molti artisti cinesi si illudono di essere veri artisti solo perché riescono a vendere le proprie opere per milioni di dollari, ma per me non sono veri artisti. Certo, ci sono anche coloro che cercano di lottare all’interno della Cina, ma che non sono mai riusciti ad ottenere la libertà di esprimersi, o che sono già finiti in carcere o che sono addirittura spariti nel nulla. Detto ciò, in Cina è davvero difficile essere artisti, a meno che tu non abbia deciso di sacrificarti anima e corpo”.
Badiucao, Myanmar Strikes Back, 2021, Stampa digitale, 80 x 100 cm | © Badiucao
La tua arte denuncia il governo cinese evidenziando abusi dei diritti civili, censure, genocidi perpetrati contro le minoranze. In che modo riesci a rompere il muro di silenzio che circonda l'Occidente e a far passare i contenuti della tua arte?
“Come molti sapranno, sono molto più conosciuto sul web come fumettista politico e pertanto un’opportunità come quella concessami, di avere una mostra interamente dedicata a me in una galleria, mi è completamente nuova. In futuro mi piacerebbe organizzare più mostre come questa. Ovviamente questo non sarà possibile senza il supporto, l’apprezzamento e la comprensione del pubblico. Per il futuro spero che questa mostra possa aprirmi le porte ad altre esposizioni in una vera e propria galleria d’arte dove potrò parlare a diversi tipi di pubblico, senza dubbio diverso da quello al quale mi rivolgo online attraverso la rete. Spero anche di allargare la mia attività con ricavi che spaziano dalla pubblicazione di libri ai graphic novel, e anche arte digitale online come la NFT Art".
C’è un intervento, tra i tanti che ha realizzato, al quale ti sente più legato?
“Per me ogni opera è come il dito di una mano. Non posso dire di amare di più il pollice o il dito medio. Sono profondamente legato a tutti i miei lavori”.
Allestimento della mostra La Cina non è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente | Courtesy Fondazione Brescia Musei
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