La xilografia da Dürer a Picasso
Durer
26/02/2004
La Fontana di Trevi a Roma sembra essere la cornice perfetta alle opere (circa 100) esposte all’interno del palazzo dove ha sede l’Istituto Nazionale della Grafica.
Sono tutte immagini xilografiche che nascono dal minuto intersecarsi di linee nere che alternandosi al foglio creano figure e volumi.
Quello xilografico è un codice d’interpretazione visiva adottato in Occidente nella seconda metà del Quattrocento, impiegato per diffondere immagini su vasta scala. Inizialmente il codice è stato impiegato come potente mezzo d’indottrinamento religioso, in un secondo tempo per riprodurre e far conoscere le opere dei grandi maestri.
Durante i primi anni del Cinquecento, la xilografia raggiunge la sua maturità di linguaggio il che permette agli incisori di essere celebrati alla stessa stregua dei grandi artisti contemporanei.
La parte del percorso espositivo dedicata a questo periodo è il cuore della mostra e documenta perfettamente l’altezza dei risultati raggiunti che non saranno più eguagliati nei secoli successivi.
La tradizione di incidere il legno si diffonde soprattutto nelle città del Nord Europa. Grandi e misteriosi artisti sono Lucas Cranach, Hans Baldung Grien, Luca di Leida, solo per citare quelli di cui sono presenti i fogli.
Per intuire il ruolo di Albrecht Dürer è sufficiente osservare le monumentali stampe dedicate a Massimiliano I. Si rimane atterriti infatti davanti alla grandiosità dell’"Arco di trionfo" ed ancor più avvicinandosi ai 92 fogli nei quali sono resi con dovizia e abilità i particolari anche i più minuti.
L’"Arco di Trionfo" doveva essere portato gloriosamente in processione sullo stesso carro allegorico raffigurato dall’artista in un altro collage di fogli che si può vedere proprio accanto all’Arco.
Nella "Grande Trinità" del 1511 si può vedere la portata rivoluzionaria dell’arte düreriana, che supera il linearismo delle origini della xilografia, per arrivare a forme che liberamente si espandono in tutte e tre le dimensioni dello spazio. Solo attraverso una perfetta padronanza della tecnica e grazie all’impiego delle graduali variazioni tonali era possibile ottenere effetti simili (si ricordi che nelle incisioni era impossibile correggere gli errori).
Importanti furono i rapporti di Dürer e del Nord Europa con Venezia, città che conservò sempre una sua indipendente identità artistica rispetto al resto d’Italia.
Dürer, che era molto stimato nella Repubblica veneziana, durante i suoi viaggi fu ospitato da artisti e uomini di cultura dell’epoca.
Reciproche furono le influenze: le stampe esposte sono state scelte tra il gruppo di fogli tratti dai disegni di Tiziano. Sono opere di grande valore, anche perché la scarsità di notizie e documenti ha permesso di riconoscerne solo una ventina, databili tra il 1508 e il 1530, il che lascia ancora aperto il discorso su questo momento importante della carriera di Tiziano, di sperimentazione nel nuovo medium xilografico.
Osservando le incisioni di Ugo da Carpi, Nicolò Boldrini e Domenico Campagnola, si possono rintracciare le caratteristiche tizianesche come la resa paesaggistica e la valenza espressiva del segno. Interessante è vedere come Tiziano cerchi di rendere la sua tipica fluidità pittorica nel nuovo codice grafico lineare, come si può notare nei particolari delle onde marine o delle nubi, nella grande scena della "Sommersione del Faraone" (1549), composta di 12 fogli.
Nel 1516 Ugo da Carpi presenta al Senato veneziano una supplica per ottenere il riconoscimento della sua invenzione del chiaroscuro, tecnica cui è dedicata una sezione della mostra, in cui spicca per bellezza il suo "Diogene", tratto da un disegno di Parmigianino. Il chiaroscuro era ottenuto attraverso l’impressione di più matrici (di solito tre o quattro, ciascuna con un colore diverso) sovrapposte e cercava chiaramente di restituire gli effetti coloristici del disegno e della pittura. Queste stesse finalità tuttavia determinarono la progressiva scomparsa della tecnica xilografica, essendole preferite tecniche come il bulino e l’acquaforte meglio adatte al gusto del Seicento e del Settecento.
Fu solo verso la fine dell’Ottocento che, con la scoperta delle stampe giapponesi (di cui si possono vedere alcuni esempi nella mostra), la xilografia venne riadattata, questa volta per sperimentare un nuovo grafismo essenziale ed espressivo che si contrapponesse alle morbide tradizioni accademiche.
L’opera di Heckel "Franzi sdraiata" è esemplare di come Munch e gli espressionisti trovassero nella xilografia quella carica espressiva che ben si concentrava nei tratti semplici come pure nel procedimento, anche simbolico, di incidere un materiale come il legno.
La mostra dedica l’ultima sezione appunto al tardo Ottocento e al Novecento, con opere fra gli altri di Otto Dix, Franz Marc, Kandinsky, Matisse, Picasso, Echer e con molti italiani tra cui Cambellotti, De Carolis, Severini, Martini, Veronesi e Maccari e focalizza l’attenzione su come molti artisti amassero, accanto alla loro consueta produzione, intraprendere il processo artigianale e quasi alchemico dell’incisione su legno, momento di libertà espressiva e di sperimentazione.
LA XILOGRAFIA DA DÜRER A PICASSO
Istituto Nazionale per la Grafica
Palazzo Fontana di Trevi
Roma
Orario: dal lunedì al venerdì dalle 10h.00 alle 17h.00, sabato dalle 10h.00 alle 14h.00, chiuso domenica
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