Disputa nel mondo della performing art
Ulay porta in tribunale Marina Abramovic
Ulay e Marina Abramovic
Ludovica Sanfelice
12/11/2015
Marina Abramović, sacerdotessa della performing art conosciuta in tutto il mondo, è stata convocata in tribunale dall’artista tedesco Ulay che con lei ha condiviso in passato una lunga storia artistica e sentimentale.
E al centro della disputa c’è appunto il passato e le opere create insieme prima della plateale separazione avvenuta nel 1988 quando la coppia decise di trasformare l’addio in una struggente performance (The Lovers) ambientata sulla Muraglia Cinese. In quella circostanza, partendo dagli estremi opposti della monumentale fortificazione gli artisti camminarono per qualche chilometro fino ad incontrarsi, per abbracciarsi forte e non vedersi più. Almeno per vent’anni, fino al 2010, quando sempre pubblicamente ebbe luogo una speciale reunion.
Questa volta Marina era al MoMA per la retrospettiva “The Artist is present”, e si era impegnata in una performance che prevedeva che passasse molte ore seduta ad un tavolo ad accogliere chiunque volesse partecipare occupando il posto di fronte a lei e instaurando con lei un contatto visivo e silenzioso. Ulay, in maniera del tutto inattesa, occupò la sedia e cominciò a fissarla senza dire una parola e lei si abbandonò alle lacrime e gli strinse le mani. Un episodio che ancora una volta commosse il pubblico di tutto il mondo.
A far calare il sipario su queste potenti azioni artistiche è oggi un processo avviato da Ulay che accusa Abramović di aver violato le condizioni di un contratto siglato nel 1999 e relativo alle opere create insieme. Ulay assicura che la performer serba sia colpevole di aver imposto a diverse gallerie di presentarla come unica autrice di lavori frutto della loro partnership, di aver mentito sul prezzo di vendita e di aver pagato solo in quattro occasioni nell’arco di 16 anni.
Un’accusa che, come fanno sapere gli avvocati, Abramović rifiuta seccamente ritenendola lesiva per la sua reputazione e che si prepara a smentire di fronte alla corte alla fine del mese.
E al centro della disputa c’è appunto il passato e le opere create insieme prima della plateale separazione avvenuta nel 1988 quando la coppia decise di trasformare l’addio in una struggente performance (The Lovers) ambientata sulla Muraglia Cinese. In quella circostanza, partendo dagli estremi opposti della monumentale fortificazione gli artisti camminarono per qualche chilometro fino ad incontrarsi, per abbracciarsi forte e non vedersi più. Almeno per vent’anni, fino al 2010, quando sempre pubblicamente ebbe luogo una speciale reunion.
Questa volta Marina era al MoMA per la retrospettiva “The Artist is present”, e si era impegnata in una performance che prevedeva che passasse molte ore seduta ad un tavolo ad accogliere chiunque volesse partecipare occupando il posto di fronte a lei e instaurando con lei un contatto visivo e silenzioso. Ulay, in maniera del tutto inattesa, occupò la sedia e cominciò a fissarla senza dire una parola e lei si abbandonò alle lacrime e gli strinse le mani. Un episodio che ancora una volta commosse il pubblico di tutto il mondo.
A far calare il sipario su queste potenti azioni artistiche è oggi un processo avviato da Ulay che accusa Abramović di aver violato le condizioni di un contratto siglato nel 1999 e relativo alle opere create insieme. Ulay assicura che la performer serba sia colpevole di aver imposto a diverse gallerie di presentarla come unica autrice di lavori frutto della loro partnership, di aver mentito sul prezzo di vendita e di aver pagato solo in quattro occasioni nell’arco di 16 anni.
Un’accusa che, come fanno sapere gli avvocati, Abramović rifiuta seccamente ritenendola lesiva per la sua reputazione e che si prepara a smentire di fronte alla corte alla fine del mese.
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