Intervista allo sceneggiatore di Van Gogh. Tra il Grano e il Cielo, al cinema il 9, 10 e 11 aprile
Van Gogh al cinema: lo racconta l'autore Matteo Moneta
Backstage dalle riprese del film Van Gogh. Tra il grano e il cielo. I mulini di Kinderdijk. Courtesy of Nexo Digital
Samantha De Martin
26/03/2018
Un viaggio inedito, spirituale, scevro dai soliti cliché, tra i luoghi dell’anima di Van Gogh, raccontato attraverso gli occhi di una donna innamorata dell’opera e della figura di questo genio immenso, con uno sguardo speciale rivolto al disegno.
Matteo Moneta racconta il suo Vincent, protagonista del film evento "Van Gogh. Tra il Grano e il Cielo" diretto da Giovanni Piscaglia con la consulenza scientifica e la partecipazione di Marco Goldin, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, che il 9, 10 e 11 Aprile sarà nelle sale per ripercorrere l'unione spirituale di due persone, Helene Kröller-Müller - moglie di un magnate dei trasporti marittimi - e lo stesso Vincent. Anime che in vita non si incontrarono mai, pur condividendo la stessa tensione verso l'assoluto, la medesima ricerca di una dimensione religiosa e artistica pura, senza compromessi.
Tutto nasce da un sodalizio fruttuoso con Marco Goldin, curatore di una delle più importanti mostre organizzate sul pittore e in corso alla Basilica Palladiana di Vicenza fino al prossimo 8 aprile.
«Una mostra importante e imponente - spiega lo sceneggiatore del film, Matteo Moneta - soprattutto per la profondità dello sguardo con il quale è stata allestita e per la provenienza delle opere, 40 dipinti e 84 disegni, prestati dal Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda, dove oggi è custodita l'eredità di Helene».
Si tratta di capolavori provenienti dal lascito della più grande collezionista privata di opere del pittore olandese, che, ai primi del Novecento, ammaliata da un viaggio tra Milano, Roma e Firenze, e sull'esempio del mecenatismo dei Medici, giunse ad acquistare quasi 300 lavori del maestro di Zundert, tra dipinti e disegni.
«Facendo man bassa di queste opere, Helene contribuisce in parte a far crescere le quotazioni, a lanciare Van Gogh nel mondo del mercato, a farlo diventare uno degli artisti più quotati in assoluto. Questa storia ha costituito per noi un’opportunità cinematografica, spingendoci a interessarci a questa donna. E così siamo partiti per l’Olanda, sulle tracce di Helene».
Ma come viene raccontato nel film questo legame intenso tra due anime che non si incontrarono mai in vita, ma che, se avessero potuto, avrebbero condiviso passioni e tensioni comuni?
«Il film cerca di ricostruire questo rapporto tra i due in vari modi. Innanzitutto attraverso i luoghi, primo tra tutti il Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda, da dove provengono i pezzi in mostra a Vicenza. Si tratta di un museo insolito, che risiede nel mezzo di un’enorme riserva naturale abitata da cervi e cinghiali, antica riserva di caccia del marito di Helene. Abbiamo seguito le orme di questa donna cercando di esplorare un luogo affascinante che non comprende solo quadri di Van Gogh, ma anche opere di Picasso, Mondrian».
Ad accompagnare lo spettatore in questa passeggiata tra i capolavori di Otterlo, con tanto di commento alle opere d’arte, sarà Marco Goldin.
«Il documentario sarà un’occasione unica per ammirare le opere custodite all’interno di questo museo, molte delle quali sono inamovibili a causa della loro estrema fragilità. Si tratta di quadri celebri, tra i più famosi della storia dell’arte, come Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles».
A parlare di Helene, la cui figura non sarà ricostruita nel film attraverso la fiction, sarà la sua biografa, Eva Rovers. «Si tratta della nostra fonte primaria di informazioni, di una guida che ci conduce nel vastissimo archivio di lettere di Helene. Molte erano indirizzate a un uomo più giovane, compagno di scuola della figlia maggiore, con il quale condivideva i suoi acquisti e la passione per l’arte, ma anche tormenti e passioni».
Ma c’era un aspetto, in particolare, relativo a Van Gogh, che a Helene piaceva moltissimo, che nel film è ampiamente sottolineato e che costituisce uno dei punti di forza della produzione. «Entrambi erano accomunati da una spiritualità intensa. Van Gogh, negli anni che precedono l’attività artistica, aveva svolto l’attività di predicatore, convinto a voler far conoscere il Vangelo ai poveri e ai minatori della regione belga del Borinage». Ed infatti la vicinanza dell’artista agli umili ed ai sofferenti colpì molto Helene che si ispirò al pittore a tal punto da recarsi al fronte a curare i feriti durante la Prima guerra mondiale».
A raccontare al pubblico le vicende di uno degli artisti più amati di sempre, saranno due piani di narrazione, «uno più incentrato sulla vicenda, sulla storia di Helene, sviscerato dalla voce e dalla presenza di Valeria Bruni Tedeschi che accompagna l’intero racconto, e un altro prettamente artistico, scientifico-accademico legato alla figura di Van Gogh, illustrato da un Marco Goldin che da decenni si dedica alla figura di questo artista, divenendo quasi una sorta di alter ego».
E poi ci sono i luoghi a fare da cornice e allo stesso tempo da soggetto in questo viaggio nell’anima dell’artista.
«Nel docufilm ci sono i luoghi di Helene e quelli di Vincent. Quando parliamo dei luoghi di Helene non dobbiamo tralasciare un elemento importante che ci ha molto colpiti e che non potevamo non inserire nel film. L’idea di farsi promotrice delle arti matura in lei dopo una serie di viaggi - e quindi dopo la visita ad alcuni luoghi - in Italia, e precisamente a Milano, Firenze, Roma. Nelle sue lettere parla dell’incanto nel visitare questi posti, dalla Pinacoteca di Brera agli Uffizi, da Palazzo Vecchio a Santa Croce. Abbiamo così deciso di riprendere queste “visioni” per mostrarle nel film attraverso le lettere che la donna scriveva, guardando alcuni pezzi celebri dell’arte italiana attraverso i suoi occhi».
A un certo punto le riprese escono dalla Basilica Palladiana, dove è allestita la mostra, per raggiungere altri luoghi - dall’Accademia di Belle Arti di Bruxelles a Montmartre - e conferire al racconto cinematografico una maggiore ampiezza.
Nella galleria di immagini relative al film ne scorgiamo tanti, alcuni non legati storicamente a Vincent, come ad esempio l’ex manicomio di Mombello. «Nel film abbiamo inserito anche due riferimenti meno puntuali dal punto di vista storico, ma molto significativi per il loro carattere evocativo. Abbiamo deciso di girare alcune scene al Nederlands Openluchtmuseum di Arnhem, museo all’aperto che, tra mulini a vento, carrozze e caseifici, ricrea la civiltà contadina dipinta da Van Gogh, illustrando la vita e gli aspetti culturali ed economici dei Paesi Bassi nel XIX secolo. Le scene della follia, relativa al periodo trascorso da Van Gogh nella casa di cura per malattie mentali di Saint-Paul-de-Mausole a Saint-Rémy, sono state girate invece nell’ex manicomio di Mombello, come commento alle lettere più forti e angosciose».
Tra i luoghi “importantissimi del film”, c'è Auvers-sur-Oise, dove il pittore è morto. «Siamo stati tra i luoghi dell’artista, nella locanda dove ha abitato, tra i campi, e ancora nella chiesa di Auvers-sur-Oise che Van Gogh dipinse qualche settimana prima di suicidarsi. È stata una grande fortuna riuscire a girare in questo edificio molto importante per l’artista, che rimanda alla forte spiritualità che lega Vincent ad Helene».
Ma è soprattutto l’inedito approfondimento del tema dei disegni - la mostra di Vicenza ne accoglie 85 - in genere quasi mai oggetto di prestito perché estremamente fragili, uno dei punti vincenti del film.
«Un itinerario che guarda all’artista con gli occhi di una donna innamorata della sua arte, con una forte enfasi sulla dimensione spirituale, in sintonia con la lettura di Marco Goldin e della sua mostra».
Un modo brillante di consegnare, dalla mostra allo schermo, i capolavori di un genio, ma anche di far rivivere quel dialogo tra due anime sensibili che si incontreranno finalmente, e per la prima volta, grazie ai poteri della settima arte.
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Tutto nasce da un sodalizio fruttuoso con Marco Goldin, curatore di una delle più importanti mostre organizzate sul pittore e in corso alla Basilica Palladiana di Vicenza fino al prossimo 8 aprile.
«Una mostra importante e imponente - spiega lo sceneggiatore del film, Matteo Moneta - soprattutto per la profondità dello sguardo con il quale è stata allestita e per la provenienza delle opere, 40 dipinti e 84 disegni, prestati dal Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda, dove oggi è custodita l'eredità di Helene».
Si tratta di capolavori provenienti dal lascito della più grande collezionista privata di opere del pittore olandese, che, ai primi del Novecento, ammaliata da un viaggio tra Milano, Roma e Firenze, e sull'esempio del mecenatismo dei Medici, giunse ad acquistare quasi 300 lavori del maestro di Zundert, tra dipinti e disegni.
«Facendo man bassa di queste opere, Helene contribuisce in parte a far crescere le quotazioni, a lanciare Van Gogh nel mondo del mercato, a farlo diventare uno degli artisti più quotati in assoluto. Questa storia ha costituito per noi un’opportunità cinematografica, spingendoci a interessarci a questa donna. E così siamo partiti per l’Olanda, sulle tracce di Helene».
Ma come viene raccontato nel film questo legame intenso tra due anime che non si incontrarono mai in vita, ma che, se avessero potuto, avrebbero condiviso passioni e tensioni comuni?
«Il film cerca di ricostruire questo rapporto tra i due in vari modi. Innanzitutto attraverso i luoghi, primo tra tutti il Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda, da dove provengono i pezzi in mostra a Vicenza. Si tratta di un museo insolito, che risiede nel mezzo di un’enorme riserva naturale abitata da cervi e cinghiali, antica riserva di caccia del marito di Helene. Abbiamo seguito le orme di questa donna cercando di esplorare un luogo affascinante che non comprende solo quadri di Van Gogh, ma anche opere di Picasso, Mondrian».
Ad accompagnare lo spettatore in questa passeggiata tra i capolavori di Otterlo, con tanto di commento alle opere d’arte, sarà Marco Goldin.
«Il documentario sarà un’occasione unica per ammirare le opere custodite all’interno di questo museo, molte delle quali sono inamovibili a causa della loro estrema fragilità. Si tratta di quadri celebri, tra i più famosi della storia dell’arte, come Terrazza del caffè la sera, Place du Forum, Arles».
A parlare di Helene, la cui figura non sarà ricostruita nel film attraverso la fiction, sarà la sua biografa, Eva Rovers. «Si tratta della nostra fonte primaria di informazioni, di una guida che ci conduce nel vastissimo archivio di lettere di Helene. Molte erano indirizzate a un uomo più giovane, compagno di scuola della figlia maggiore, con il quale condivideva i suoi acquisti e la passione per l’arte, ma anche tormenti e passioni».
Ma c’era un aspetto, in particolare, relativo a Van Gogh, che a Helene piaceva moltissimo, che nel film è ampiamente sottolineato e che costituisce uno dei punti di forza della produzione. «Entrambi erano accomunati da una spiritualità intensa. Van Gogh, negli anni che precedono l’attività artistica, aveva svolto l’attività di predicatore, convinto a voler far conoscere il Vangelo ai poveri e ai minatori della regione belga del Borinage». Ed infatti la vicinanza dell’artista agli umili ed ai sofferenti colpì molto Helene che si ispirò al pittore a tal punto da recarsi al fronte a curare i feriti durante la Prima guerra mondiale».
A raccontare al pubblico le vicende di uno degli artisti più amati di sempre, saranno due piani di narrazione, «uno più incentrato sulla vicenda, sulla storia di Helene, sviscerato dalla voce e dalla presenza di Valeria Bruni Tedeschi che accompagna l’intero racconto, e un altro prettamente artistico, scientifico-accademico legato alla figura di Van Gogh, illustrato da un Marco Goldin che da decenni si dedica alla figura di questo artista, divenendo quasi una sorta di alter ego».
E poi ci sono i luoghi a fare da cornice e allo stesso tempo da soggetto in questo viaggio nell’anima dell’artista.
«Nel docufilm ci sono i luoghi di Helene e quelli di Vincent. Quando parliamo dei luoghi di Helene non dobbiamo tralasciare un elemento importante che ci ha molto colpiti e che non potevamo non inserire nel film. L’idea di farsi promotrice delle arti matura in lei dopo una serie di viaggi - e quindi dopo la visita ad alcuni luoghi - in Italia, e precisamente a Milano, Firenze, Roma. Nelle sue lettere parla dell’incanto nel visitare questi posti, dalla Pinacoteca di Brera agli Uffizi, da Palazzo Vecchio a Santa Croce. Abbiamo così deciso di riprendere queste “visioni” per mostrarle nel film attraverso le lettere che la donna scriveva, guardando alcuni pezzi celebri dell’arte italiana attraverso i suoi occhi».
A un certo punto le riprese escono dalla Basilica Palladiana, dove è allestita la mostra, per raggiungere altri luoghi - dall’Accademia di Belle Arti di Bruxelles a Montmartre - e conferire al racconto cinematografico una maggiore ampiezza.
Nella galleria di immagini relative al film ne scorgiamo tanti, alcuni non legati storicamente a Vincent, come ad esempio l’ex manicomio di Mombello. «Nel film abbiamo inserito anche due riferimenti meno puntuali dal punto di vista storico, ma molto significativi per il loro carattere evocativo. Abbiamo deciso di girare alcune scene al Nederlands Openluchtmuseum di Arnhem, museo all’aperto che, tra mulini a vento, carrozze e caseifici, ricrea la civiltà contadina dipinta da Van Gogh, illustrando la vita e gli aspetti culturali ed economici dei Paesi Bassi nel XIX secolo. Le scene della follia, relativa al periodo trascorso da Van Gogh nella casa di cura per malattie mentali di Saint-Paul-de-Mausole a Saint-Rémy, sono state girate invece nell’ex manicomio di Mombello, come commento alle lettere più forti e angosciose».
Tra i luoghi “importantissimi del film”, c'è Auvers-sur-Oise, dove il pittore è morto. «Siamo stati tra i luoghi dell’artista, nella locanda dove ha abitato, tra i campi, e ancora nella chiesa di Auvers-sur-Oise che Van Gogh dipinse qualche settimana prima di suicidarsi. È stata una grande fortuna riuscire a girare in questo edificio molto importante per l’artista, che rimanda alla forte spiritualità che lega Vincent ad Helene».
Ma è soprattutto l’inedito approfondimento del tema dei disegni - la mostra di Vicenza ne accoglie 85 - in genere quasi mai oggetto di prestito perché estremamente fragili, uno dei punti vincenti del film.
«Un itinerario che guarda all’artista con gli occhi di una donna innamorata della sua arte, con una forte enfasi sulla dimensione spirituale, in sintonia con la lettura di Marco Goldin e della sua mostra».
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