Torna a Milano un fondo storico (e indivisibile) dedicato alle avanguardie italiane

I gioielli di Gianni Mattioli: una collezione milionaria in arrivo al Museo del Novecento

Giacomo Balla, Mercurio passa davanti al Sole, 1910. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons
 

Francesca Grego

21/09/2021

Milano - L’arte moderna non è facile da comprendere, rifletteva Ludovico Ragghianti nel 1953, quando i tesori di Gianni Mattioli venivano presentati per la prima volta in uno spazio pubblico, il fiorentino Palazzo Strozzi. E la carenza di opere del Novecento nei musei italiani non faceva che accrescere il disorientamento degli spettatori. C’era urgente bisogno di collezioni che mostrassero i legami tra la cultura, l’estetica e l’evolversi dei tempi, sosteneva lo storico e critico d’arte toscano, individuando nella raccolta Mattioli un insieme “composto con intenzione e animo di storico”, frutto di un “impegno civile” che apriva per tutti le porte a una “fondamentale esperienza dell’uomo”, quella dell’arte come “forma di espressione spirituale” e “liberazione da ogni contingenza”. Amico fraterno di Fortunato Depero - dal quale, appena diciottenne, ricevette in dono il primo pezzo della sua collezione - vicino di casa di Filippo Tommaso Marinetti e appassionato “fiancheggiatore” del movimento futurista, Mattioli aveva fatto del proprio appartamento milanese uno straordinario specchio dell’avanguardia italiana: chi aveva la fortuna di frequentarlo poteva ammirarvi, tra le altre, opere di primo piano di Umberto Boccioni, Giacomo Balla, Carlo Carrà, Giorgio Morandi, Amedeo Modigliani


Umberto Boccioni, Dinamismo di un ciclista, 1913. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Mattioli credeva profondamente nella fruizione pubblica dell’arte: fu consulente dell’amica Fernanda Wittgens a Brera - oltre che suo sodale nel difficile compito di far fuggire in Svizzera gli ebrei perseguitati durante la guerra - e fece da intermediario tra collezionisti e musei per lasciti importanti. Aprì la propria casa a studiosi e visitatori, spedì i suoi capolavori in giro per l’Italia e per il mondo, dal MoMa di New York alla Tate Gallery di Londra, dal Musée National d’Art Moderne di Parigi alla Kunsthaus di Zurigo. Ma il desiderio più grande era che la raccolta trovasse una sede definitiva a Milano, la città dove il Futurismo era nato e si era nutrito di ispirazioni. L’obiettivo si è rivelato più sfuggente del previsto. Ospitata dalla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia tra il 1997 e il 2015, la collezione è poi partita per un tour mondiale tra Madrid, New York e la Russia, aspettando l’apertura più volte rinviata di Brera Modern a Palazzo Citterio che, tenendo conto della storia di Mattioli, sarebbe stata probabilmente la sede più naturale.


Carlo Carrà, Manifestazione interventista, 1914. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Ora il sogno del collezionista ha trovato un’altra strada per realizzarsi.  A partire dalla prossima primavera il Museo del Novecento di Milano accoglierà le 26 opere della raccolta, che ha un valore assicurativo di quasi 143 milioni di euro e nel 1973 è stata dichiarata dallo Stato indivisibile in quanto “insostituibile testimonianza di momenti capitali della pittura italiana di questo secolo tra il 1910 e il 1920, essenzialmente per il futurismo e la metafisica”. Attualmente in mostra al Museo Russo di San Pietroburgo e pronti a passare al Puškin di Mosca, i dipinti saranno esposti a Milano a partire da ottobre 2022, come annunciato dalla direttrice del museo Anna Maria Montaldo, e si inseriranno armonicamente nel nuovo allestimento dell’Arengario, che sarà presentato al pubblico il prossimo 30 settembre.


Carlo Carrà, L'amante dell'ingegnere, 1921. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Vedremo finalmente dal vivo gemme come Mercurio passa davanti al Sole di Balla, L’amante dell’ingegnere di Carrà, Materia di Boccioni, Composizione con elica di Sironi, Bottiglie e fruttiera di Morandi, in assoluto l’artista prediletto da Mattioli. E la strepitosa Ballerina Blu di Gino Severini incontrerà la Ballerina Bianca dello stesso autore, già nelle collezioni del museo di Piazza Duomo. 


Gino Severini, Ballerina blu, 1912. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons

Nel Palazzo dell’Arengario, infatti, i pezzi della Collezione Mattioli saranno in buona compagnia: sommando le 35 opere già presenti a quelle in arrivo, il nucleo futurista del Museo del Novecento raggiunge quota 61 tra dipinti e sculture, configurandosi come il fondo di opere futuriste più ampio al mondo. Solo pochi mesi fa il museo si era aggiudicato una strepitosa donazione: sei capolavori di Boccioni, Severini, Balla, Sironi, De Chirico e Savinio ceduti dalla vedova Giuseppina Antognini in memoria dell’industriale, musicista e collezionista Francesco Pasquinelli. L’accordo siglato da Giacomo Rossi, nipote di Mattioli, con il Comune di Milano e con il museo prevede la cessione delle 26 opere in comodato gratuito per cinque anni, rinnovabile a piacere.


Giacomo Balla, Linee andamentali + successioni dinamiche, 1914. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons