A Milano dal 18 ottobre al 17 febbraio

Picasso e il mito dell'antico in mostra a Palazzo Reale

Pablo Picasso, Nudo disteso, 1932, olio su tela, 161,7 x 130 cm. Parigi, Musée National Picasso. Foto: © RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) /Adrien Didierjean/ dist. Alinari. Courtesy Succession Picasso, by SIAE 2018
 

Samantha De Martin

17/10/2018

Milano - Baci e atelier, nudi e modelle, busti di donna. Ma anche statue di artisti anonimi, uno skyphos a figure nere con Teseo e il Minotauro del 550 a.C. e un’anfora con il toro di Creta, datata 520 a.C.
C’è tutta la poliedrica mente di Pablo Picasso, esposta accanto all’universo che ha ispirato il suo estro, dietro i 200 capolavori che dal 18 ottobre al 17 febbraio sveleranno a Palazzo Reale quel rapporto multiforme e fecondo che il genio spagnolo ha sviluppato, per tutta la sua straordinaria carriera, con il mito e l’antichità.

“Se tutte le tappe della mia vita potessero essere rappresentate come punti su una mappa e unite con una linea, il risultato sarebbe la figura del Minotauro” scriveva Picasso nel 1953. Ed eccolo il Minotauro prendere forma nelle mitologie reinventate dall’artista, che scorrono nelle sei sezioni della mostra Metamorfosi, tappa milanese della grande rassegna europea triennale Picasso-Méditerranée, promossa dal Musée Picasso di Parigi con altre istituzioni internazionali e a cura di Pascale Picard.

Ad aprire il percorso è la mitologia del bacio. Il bacio di Rodin accostato a Paolo e Francesca di Ingres rivela come l’approccio di Picasso conduca ad un’interpretazione libera e profondamente innovativa dell’antichità.
Aggirandosi tra opere popolate da fauni e centauri, dove la figura di Arianna - emblema della bellezza che incarna il rinnovamento tra tradimento e idillio amoroso - suggerisce l’idea di una ciclica rinascita, il visitatore scende nell’arena, partecipa alla guerra, resta imbrigliato nella perpetua ebbrezza della vita incarnata dal corteo bacchico.

La terza tappa è dedicata alle fonti dell’antico, al contatto di Picasso con la scultura greca, agli anni in cui l’ispirazione classica mitiga l’intensa esperienza cubista. E poi c’è il Louvre che il maestro visita spesso, ispirandosi alle figure dei bassorilievi greci per il suo dipinto Donna seduta (1920), per Nudo seduto su una sedia (1963), e il bronzo Uomo stante (1942), figure reinterpretate in una chiave originale e distante dalla ieraticità delle statue ellenistiche.

La ceramica è al centro della quinta sezione. Picasso la scopre nel dopoguerra, sperimentando il potenziale artistico della terracotta dipinta. Incitato dalla ceramista Suzanne Ramier, si immerge in un universo ancestrale, utilizzando diversi materiali di scarto dello studio, frammenti di contenitori da cucina, piastrelle, per arrivare a esiti importanti, come nelle terrecotte Donna con mantiglia (1949), Frammento di pignatta decorato con un viso (1950), Suonatore di flauto doppio seduto (1958). Continuando ad esplorare l’intimo laboratorio del maestro, alla luce delle fonti antiche che ne hanno ispirato l’opera, si svelano i meccanismi di una singolare alchimia che colloca l’antichità al cuore di un modernità determinante per l’arte del XX secolo.
Tra i capolavori in arrivo da prestigiose collezioni internazionali - dal Musée National Picasso di Parigi al Louvre di Parigi, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli al Museu Picasso di Barcellona - c’è anche La donna in giardino (1932) scultura in ferro saldato utilizzato come materiale di riciclo, che apre l’ultima sezione della mostra introducendo le Metamorfosi di Ovidio.
Nel 1931, infatti Picasso ne illustra una celebre edizione pubblicata da Albert Skira e di cui Skira, in occasione dell'esposizione, riediterà la copia anastatica.


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