Fino al 10 settembre al Museo della Permanente
Tra Pollock e i maestri calligrafi: la Cina di Fang Zhaolin

Fang Zhaolin, Salendo in alto al festival del drago, 1987, inchiostro e colore su carta di riso, cm 86x93
Francesca Grego
19/06/2017
Milano - La Cina di Fang Zhaolin approda a Milano per la prima grande retrospettiva italiana dedicata a una delle massime interpreti della pittura contemporanea in Estremo Oriente.
A 11 anni dalla scomparsa dell’artista, quasi 70 dipinti realizzati su carta di riso raccontano al Museo della Permanente l’incontro della tradizione cinese e del Modernismo occidentale nella singolare figura di Fang: esempio di talento fulgido e appassionato ma anche di una personalità indipendente, che la portò, dopo il secondo conflitto mondiale, a trasferirsi a Hong Kong, per poi viaggiare, per motivi d’arte e di studio, dall’Asia agli Stati Uniti, da Londra alle Highland scozzesi, fino alle Alpi e ai Pirenei.
Non servì a fermarla la perdita del marito, che la lasciò a soli 36 anni con otto figli e un’attività economica da gestire: Fang Zhaolin continuò imperterrita la propria avventura nell’arte, conciliando e intrecciando uno nell’altro mondi apparentemente irriducibili.
Paradossalmente sarà proprio l’arte occidentale, come ha affermato il curatore Daniel Sluse, a regalare una reale consapevolezza della propria cultura a questa “instancabile viaggiatrice alla perpetua ricerca delle proprie radici”.
Ed è sul paesaggio, tra i generi più cari alla pittura cinese come a ogni viaggiatore, che verte l’intera opera di Zhaolin: scorci dalla Cina continentale screziati di nostalgia, ma anche scene da monti e laghi europei, con una speciale predilezione per il sito preistorico di Stonhenge, visitato più volte durante gli studi a Oxford.
Si fa presto tuttavia a dire “paesaggio”: allieva in patria dei migliori maestri della prima metà del secolo, in seguito l’artista innesta gli influssi di Matisse e dei Fauve, di Kandinskij, dell’Espressionismo astratto americano, sull’antichissima tradizione della calligrafia cinese, interessata a sua volta da una complessa alternanza di stili e correnti.
Ne risultano composizioni raffinate ed estremamente personali, che restituiscono ritmo e musicalità attraverso colori contrastanti, linee e pennellate imprevedibili, non ultimi inaspettati dripping alla Jackson Pollock derivati direttamente dallo studio del pittore statunitense.
A cura di Daniel Sluse, direttore della Académie Royale des Beaux Arts di Liegi, l’esposizione ripercorre le tappe principali della sorprendente carriera di Zhaolin, mostrando come “i suoi paesaggi di grande formato -spiega Sluse - ricordano e pongono domande sulla Cina del XX secolo e sulla Cina di domani”.
“Più grande è il quadro e più cose ci stanno dentro – aggiunge la co-curatrice Jean Toschi Marazzani Visconti – ma quello che è curioso è che molti di questi quadri siano quasi un diario, in cui la pittrice racconta dei momenti della sua vita”. Una vita in cui, dal 1914 al 2006, non mancano guerre, rivoluzioni e colpi di scena, che l’artista ha attraversato con “la stessa grazia delle sue barche sul lago”.
Frutto della collaborazione del Museo della Permanente con il Museo Xuyuan di Pechino, Fang Zhaolin. Signora del Celeste Impero sarà in programma a Milano fino al 10 settembre 2017, quando in segno di saluto sarà offerta ai visitatori una Cerimonia Cinese del Tè con degustazione.
A 11 anni dalla scomparsa dell’artista, quasi 70 dipinti realizzati su carta di riso raccontano al Museo della Permanente l’incontro della tradizione cinese e del Modernismo occidentale nella singolare figura di Fang: esempio di talento fulgido e appassionato ma anche di una personalità indipendente, che la portò, dopo il secondo conflitto mondiale, a trasferirsi a Hong Kong, per poi viaggiare, per motivi d’arte e di studio, dall’Asia agli Stati Uniti, da Londra alle Highland scozzesi, fino alle Alpi e ai Pirenei.
Non servì a fermarla la perdita del marito, che la lasciò a soli 36 anni con otto figli e un’attività economica da gestire: Fang Zhaolin continuò imperterrita la propria avventura nell’arte, conciliando e intrecciando uno nell’altro mondi apparentemente irriducibili.
Paradossalmente sarà proprio l’arte occidentale, come ha affermato il curatore Daniel Sluse, a regalare una reale consapevolezza della propria cultura a questa “instancabile viaggiatrice alla perpetua ricerca delle proprie radici”.
Ed è sul paesaggio, tra i generi più cari alla pittura cinese come a ogni viaggiatore, che verte l’intera opera di Zhaolin: scorci dalla Cina continentale screziati di nostalgia, ma anche scene da monti e laghi europei, con una speciale predilezione per il sito preistorico di Stonhenge, visitato più volte durante gli studi a Oxford.
Si fa presto tuttavia a dire “paesaggio”: allieva in patria dei migliori maestri della prima metà del secolo, in seguito l’artista innesta gli influssi di Matisse e dei Fauve, di Kandinskij, dell’Espressionismo astratto americano, sull’antichissima tradizione della calligrafia cinese, interessata a sua volta da una complessa alternanza di stili e correnti.
Ne risultano composizioni raffinate ed estremamente personali, che restituiscono ritmo e musicalità attraverso colori contrastanti, linee e pennellate imprevedibili, non ultimi inaspettati dripping alla Jackson Pollock derivati direttamente dallo studio del pittore statunitense.
A cura di Daniel Sluse, direttore della Académie Royale des Beaux Arts di Liegi, l’esposizione ripercorre le tappe principali della sorprendente carriera di Zhaolin, mostrando come “i suoi paesaggi di grande formato -spiega Sluse - ricordano e pongono domande sulla Cina del XX secolo e sulla Cina di domani”.
“Più grande è il quadro e più cose ci stanno dentro – aggiunge la co-curatrice Jean Toschi Marazzani Visconti – ma quello che è curioso è che molti di questi quadri siano quasi un diario, in cui la pittrice racconta dei momenti della sua vita”. Una vita in cui, dal 1914 al 2006, non mancano guerre, rivoluzioni e colpi di scena, che l’artista ha attraversato con “la stessa grazia delle sue barche sul lago”.
Frutto della collaborazione del Museo della Permanente con il Museo Xuyuan di Pechino, Fang Zhaolin. Signora del Celeste Impero sarà in programma a Milano fino al 10 settembre 2017, quando in segno di saluto sarà offerta ai visitatori una Cerimonia Cinese del Tè con degustazione.
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