Gli artisti "sedotti" dal frutto proibito
La banana nell'arte, da Gauguin a Warhol fino a Cattelan e Urs Fischer
La copertina dell'album The Velvet Underground & Nico disegnata da Andy Warhol, 1966 | © Verve Records
Francesca Grego
26/06/2020
Mondo - Algida, dorata e sensuale, la donna della foto sembra uscita da un film anni Cinquanta. Mele, fragole e banane fluttuano intorno al suo volto pensoso. “La cosa divertente è che i frutti sono più universali delle star del cinema”, commenta l’autore Urs Fischer, non nuovo a incursioni creative tra i banchi del mercato.
Un estratto della newsletter di Gagosian con la messa in vendita dell'opera di Urs Fisher Arcimboldo (2019) per 775.000 $
L’opera in questione, Arcimboldo (2019), è in vendita ancora per 48 ore sul sito di Gagosian, che con l’iniziativa Artist Spotlight presenta online ogni settimana il lavoro di un artista penalizzato dal lockdown. Come l’Arcimboldo cinquecentesco, Fischer è irresistibilmente attratto dal regno ortofrutticolo: in questa serigrafia su alluminio, l’ovvietà del quotidiano incontra il glamour di Hollywood instaurando in un ironico cortocircuito. Se fosse solo un po’ meno compresa nel suo ruolo di star, la bionda signora si stupirebbe del turbinio di banane che la circonda. Ma non è sola, su questo possiamo rassicurarla: il frutto venuto dai tropici ha una lunga storia artistica. Scopriamola insieme.
Paul Gauguin, Il pasto (Bananas), 1891, Parigi, Musée d'Orsay
Il primo dipinto in cui la banana conquista un ruolo da protagonista è Il pasto (Bananas) di Paul Gauguin. Esploratore di mondi esotici, Gauguin restò stupito di quanto fosse diffuso a Tahiti un frutto per lui così poco familiare. Nel quadro lo posiziona in primo piano, composto in un casco variopinto. Oltre la tavola imbandita, tre ragazzi indigeni si guardano perplessi: la novità per loro è l’ospite, che invece di onorare il banchetto si dà da fare con colori e pennelli.
Mentre Josephine Baker si preparava a stupire il mondo vestita solo di un gonnellino di banane, Giorgio De Chirico inseriva un grappolone di frutti gialli in una delle sue piazze solitarie (L’incertezza del poeta, 1913). Abbandonato al suolo, il casco dialoga con il busto di una Venere classica: le banane hanno ormai conquistato la vecchia Europa. Anche Dalì ne andava matto, come testimonia il suo ricettario dedicato a Gala.
Andy Warhol, The Velvet Underground & Nico, 1967
Ma la svolta, si sa, arriva con Andy Warhol, che nel 1967 schiaffa una banana sulla cover del disco di esordio dei Velvet Underground & Nico, facendone un oggetto di culto. Nelle prime edizioni dell'album il frutto disegnato per Lou Reed e compagni si poteva anche “sbucciare dolcemente”, come suggerito da una postilla. Se in Occidente Roy Lichtenstein e David Hockney si convertono al frutto proibito, nell’Europa comunista la banana di Warhol diventa un simbolo di sovversione politica. Nel 1972 l’artista polacca Natalia LL assurge agli onori della censura con un video e una sequenza fotografica in cui una ragazza mangia una banana con sommo gusto (Consumer Art). Curiosamente la stessa opera è stata rimossa dal Center for Contemporary Art di Varsavia nel 2019 in seguito alle pressioni della nuova destra polacca.
Natalia LL, Consumer Art, 1972, Fotografie in bianco e nero, 100 x 100 cm | © Natalia LL
Insomma, il frutto venuto dai tropici riscuote consensi trasversali: dal collettivo femminista Guerrilla Girls a Sarah Lucas, da Angus Fairhurst a Takashi Murakami. Damien Hirst lo metterà in risalto su un vellutato sfondo blu (Turps Banana, 2011), mentre Banksy riporterà in auge la scena di Pulp Fiction in cui John Travolta e Samuel Lee Jackson si affrontano brandendo due banane come pistole. Per arrivare infine a Maurizio Cattelan, che con un frutto e una striscia di nastro adesivo ha messo in subbuglio Art Basel Miami 2019. Comedian è stata la prima opera realizzata con una vera banana. Affissa al muro dello stand, è stata venduta per 120 mila dollari e divorata a sorpresa, in una performance diventata virale, dall’artista newyorkese David Datuna.
Un estratto della newsletter di Gagosian con la messa in vendita dell'opera di Urs Fisher Arcimboldo (2019) per 775.000 $
L’opera in questione, Arcimboldo (2019), è in vendita ancora per 48 ore sul sito di Gagosian, che con l’iniziativa Artist Spotlight presenta online ogni settimana il lavoro di un artista penalizzato dal lockdown. Come l’Arcimboldo cinquecentesco, Fischer è irresistibilmente attratto dal regno ortofrutticolo: in questa serigrafia su alluminio, l’ovvietà del quotidiano incontra il glamour di Hollywood instaurando in un ironico cortocircuito. Se fosse solo un po’ meno compresa nel suo ruolo di star, la bionda signora si stupirebbe del turbinio di banane che la circonda. Ma non è sola, su questo possiamo rassicurarla: il frutto venuto dai tropici ha una lunga storia artistica. Scopriamola insieme.
Paul Gauguin, Il pasto (Bananas), 1891, Parigi, Musée d'Orsay
Il primo dipinto in cui la banana conquista un ruolo da protagonista è Il pasto (Bananas) di Paul Gauguin. Esploratore di mondi esotici, Gauguin restò stupito di quanto fosse diffuso a Tahiti un frutto per lui così poco familiare. Nel quadro lo posiziona in primo piano, composto in un casco variopinto. Oltre la tavola imbandita, tre ragazzi indigeni si guardano perplessi: la novità per loro è l’ospite, che invece di onorare il banchetto si dà da fare con colori e pennelli.
Mentre Josephine Baker si preparava a stupire il mondo vestita solo di un gonnellino di banane, Giorgio De Chirico inseriva un grappolone di frutti gialli in una delle sue piazze solitarie (L’incertezza del poeta, 1913). Abbandonato al suolo, il casco dialoga con il busto di una Venere classica: le banane hanno ormai conquistato la vecchia Europa. Anche Dalì ne andava matto, come testimonia il suo ricettario dedicato a Gala.
Andy Warhol, The Velvet Underground & Nico, 1967
Ma la svolta, si sa, arriva con Andy Warhol, che nel 1967 schiaffa una banana sulla cover del disco di esordio dei Velvet Underground & Nico, facendone un oggetto di culto. Nelle prime edizioni dell'album il frutto disegnato per Lou Reed e compagni si poteva anche “sbucciare dolcemente”, come suggerito da una postilla. Se in Occidente Roy Lichtenstein e David Hockney si convertono al frutto proibito, nell’Europa comunista la banana di Warhol diventa un simbolo di sovversione politica. Nel 1972 l’artista polacca Natalia LL assurge agli onori della censura con un video e una sequenza fotografica in cui una ragazza mangia una banana con sommo gusto (Consumer Art). Curiosamente la stessa opera è stata rimossa dal Center for Contemporary Art di Varsavia nel 2019 in seguito alle pressioni della nuova destra polacca.
Natalia LL, Consumer Art, 1972, Fotografie in bianco e nero, 100 x 100 cm | © Natalia LL
Insomma, il frutto venuto dai tropici riscuote consensi trasversali: dal collettivo femminista Guerrilla Girls a Sarah Lucas, da Angus Fairhurst a Takashi Murakami. Damien Hirst lo metterà in risalto su un vellutato sfondo blu (Turps Banana, 2011), mentre Banksy riporterà in auge la scena di Pulp Fiction in cui John Travolta e Samuel Lee Jackson si affrontano brandendo due banane come pistole. Per arrivare infine a Maurizio Cattelan, che con un frutto e una striscia di nastro adesivo ha messo in subbuglio Art Basel Miami 2019. Comedian è stata la prima opera realizzata con una vera banana. Affissa al muro dello stand, è stata venduta per 120 mila dollari e divorata a sorpresa, in una performance diventata virale, dall’artista newyorkese David Datuna.
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