Il capolavoro di Bruges al microscopio

La Madonna del Canonico, un gioiello di van Eyck al Groeningemuseum di Bruges

Jan van Eyck, Madonna del Canonico van der Paele, 1436, Olio su tavola, 157.8 x 122.1 cm, Bruges, Groeninge Museum
 

Francesca Grego

29/04/2020

Mondo - Un microcosmo scolpito dalla luce, dove lo sguardo si perde in una trama di oggetti, volti, gesti, e il sacro ha i colori del quotidiano. E' la Madonna con il Canonico van der Paele, capolavoro di Jan van Eyck tra i vertici della pittura fiamminga conservato al Museo Groeninge di Bruges: una pala d’altare che imprimerà un segno profondo nell’arte a venire e lascerà a bocca aperta i fedeli del Quattrocento come gli spettatori del XXI secolo.

Credo che questo fascino”, ha detto ad ARTE.it il direttore dei Musei di Bruges Till-Holger Borchert, “derivi dal fatto che per la prima volta nella storia dell’arte occidentale si rappresentino cose e persone reali, familiari, riconoscibili. I primitivi fiamminghi hanno gettato le basi di una nuova concezione dell’arte, il cui realismo è comprensibile anche per l’osservatore moderno. Hanno scoperto l’individuo, esplorando lo spazio con abilità e creatività incredibili”.



Che cosa raffigura il dipinto di van Eyck?
Si tratta di uno dei più antichi esempi di Sacra Conversazione, un colloquio immaginario tra la Madonna in trono, alcuni santi e i donatori dell’opera. Una sorta di visione che nel dipinto di van Eyck è descritta così bene da sembrare reale, quasi tangibile. La Vergine con il Bambino è affiancata da San Donaziano, titolare della chiesa di Bruges a cui era destinata la pala, e da San Giorgio, protettore del committente Joris van der Paele, che vediamo inginocchiato a destra di Maria. Il Bambino è intento a giocare con un pappagallo e  scambia con la madre un mazzolino di fiori, mentre San Giorgio si toglie l’elmo con deferenza cavalleresca e presenta alla Madonna il suo protetto, che il pennello di van Eyck descrive con un realismo senza precedenti.

Un arabesco di dettagli
Quello che colpisce osservando la Madonna con il Canonico van der Paele è la straordinaria ricchezza di particolari. Li scopriamo a poco a poco mentre l’occhio vaga nello spazio della tavola. Guardando la Vergine, per esempio, notiamo lo scintillio del gioiello che ne adorna le chiome lucenti e le sculture romaniche alle sue spalle: rappresentano gli episodi biblici di Caino e Abele e del profeta Daniele con il Leone, due riferimenti alla dannazione dell’umanità che sarà riscattata dal sacrificio di Cristo. Realtà e simbolo convivono tra i colori di una pittura rivoluzionaria. Ma c’è un elemento che accomuna l’ambiente e i personaggi: con la perizia di un tessitore, il pittore fiammingo sembra quasi mettere in vetrina le stoffe di lusso che fecero la fortuna di Bruges. Dal damasco del piviale di San Donaziano al manto ricamato di Maria, fino al tappeto dai decori geometrici che donano profondità allo spazio, la luce plasma texture e superfici dandoci quasi l’illusione di poterle toccare.


Jan van Eyck, Madonna del Canonico van der Paele, 1436, Olio su tavola, 157.8 x 122.1 cm, Bruges, Groeninge Museum

Van Eyck e l’arte del ritratto 
Van Eyck sembra dedicare la stessa attenzione certosina al volto del Bambino Gesù e alle mattonelle del pavimento. Ma se cerchiamo un protagonista, lo troveremo nell’anziano Joris van der Paele, inginocchiato di fronte alla Vergine in assorta meditazione. Il pittore ne fotografa il volto senza riguardo per rughe, occhiaie e doppio mento, restituendo ogni poro della pelle: merito della tecnica della pittura a olio che l’artista perfezionò a tal punto da esserne considerato l’inventore. Le delicatissime velature del Maestro, tuttavia, non servono solo a tratteggiare la fisionomia del prevosto. La sua veste di lana bianca e la soffice pelliccia che tiene sul braccio subiscono lo stesso fine trattamento, mentre postura e mimica facciale rivelano un inusitato interesse psicologico. Il libro elegantemente rilegato in pelle e gli occhiali che il canonico tiene in mano ne evidenziano lo status di erudito, tanto più importante perché conquistato di recente: ex mercante di pesce, van der Paele è ben lieto di comunicare al mondo di aver raggiunto gli alti gradi della gerarchia ecclesiastica. Tutti questi aspetti concorrono a delineare un ritratto estremamente accurato e personale che non trova eguali nella pittura del Quattrocento.

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In occasione del completamento di una campagna di restauro durata sette anni, cominciata nell'autunno del 2012, e costata 2.4 milioni di euro, la monumentale la pala d'altare Adorazione dell'Agnello mistico di Hubert e Jan van Eyck, l'opera più desiderata nella storia dell'arte, torna a risplendere a Gent.


Jan e Hubert Van Eyck, L’Adorazione dell’Agnello Mistico, 1432, Dettaglio del pannello centrale della Pala d'altare di Gand aperta con l'Adorazione dell'Agnello, Dopo il restauro, Olio su tavola, Gand, Cattedrale di San Bavone | Courtesy of Saint-Bavo’s Cathedral Ghent © Lukasweb.be-Art in Flanders vzw | Photo: KIK-IRPA

Lo spazio secondo Van Eyck 
L’ambientazione dell’opera ricorda il coro di una chiesa romanica, evocato dalle finestre in vetro lavorato e dalle colonne con raffinati capitelli. Manipolando luci e composizione, Van Eyck dà vita a uno spazio avvolgente e trascina lo spettatore all’interno della scena. A differenza di quanto avviene nella pittura italiana dello stesso periodo, la resa spaziale non punta sulla prospettiva: non è l’artista ad appropriarsi della realtà controllandola attraverso il proprio sguardo, ma il mondo esterno che entra nel quadro in tutta la sua multiforme varietà. 

Che cosa ci fa un pappagallo tra le mani del Bambino Gesù?
Ritratto in un atteggiamento di delicata naturalezza, il Bambino di van Eyck gioca con un pappagallo verde che a prima vista sembrerebbe un intruso. Forse tra i primi esemplari a giungere nelle Fiandre dal Senegal, il volatile ha stimolato la curiosità degli studiosi che hanno visto nella sua presenza un simbolo. C’è chi vi ha rintracciato l’anima del Canonico affidata alla Vergine e a suo figlio, chi un simbolo di innocenza, chi il richiamo al saluto “Ave” dell’Annunciazione. Secondo il direttore dei Musei di Bruges Till-Holger Borchert, il pappagallo è uno dei simboli più chiari del dipinto, un rimando alla potenza della parola.

I fiori bianchi e rossi evocano invece la purezza della Vergine e il sangue della Passione, che trova conferma nella croce gioiello retta da San Donaziano. Lo stesso santo è portatore di un candelabro acceso, simbolo dell’offerta cristiana. Come ha spiegato Borchert, la Madonna con il Canonico van der Paele è un’opera “estremamente concettuale”, che dietro la bellezza splendente cela una fitta rete di significati e riferimenti.



Quale immagine si nasconde nello scudo di San Giorgio?
Nell’elmo, nell’armatura e nello scudo di San Giorgio l’ottone si accende di riflessi. Maestro assoluto nel rendere gli effetti della luce sulle superfici metalliche, qui van Eyck sembra aver inserito qualcosa in più dei riverberi riconducibili alla scena della Sacra Conversazione. Ingrandendo i particolari, alcuni studiosi hanno individuato l’autoritratto del pittore al lavoro ripreso da diverse visuali, come in uno specchio deformante. Difficile dire se le ombre proiettate sugli ottoni siano davvero quelle dell’artista con in testa il turbante rosso che lo contraddistingue in un’altra celebre tavola.    

Dove si trova la Madonna con il Canonico van der Paele?
La pala di van Eyck fu concepita per decorare l’altare con la sepoltura del prevosto nella Cattedrale di San Donaziano a Bruges. Una lunga iscrizione ancora leggibile alla base della tavola documenta la commissione di van der Paele a van Eyck, l’anno di esecuzione (1436) e la fondazione ad opera dello stesso canonico di due cappelle nel coro della chiesa dove prestava servizio. In seguito alla Rivoluzione francese, nel 1799 la Diocesi di Bruges fu sciolta e la cattedrale demolita, non prima di aver trasferito le opere che conteneva. Oggi la Madonna con il Canonico van der Paele è uno dei fiori all’occhiello del Museo Groeninge di Bruges, meta imperdibile per chiunque desideri accostarsi all’arte dei Primitivi fiamminghi.