In mostra fino al 21 giugno
Nella Vita Reale: Olafur Eliasson debutta al Guggenheim di Bilbao
Olafur Eliasson, Museo Guggenheim Bilbao
Francesca Grego
17/02/2020
Mondo - Era il 1999 quando Olafur Eliasson iniziò a lavorare alle sue installazioni: stanze da vivere con i cinque i sensi che trasformano il museo in un luogo di esperienze e nuove consapevolezze, spesso legate ai temi dell’ambiente. Oggi le sue opere sembrano acquistare ulteriore attualità. “Vent’anni fa, all’inizio di questo percorso, non potevo nemmeno farmi un selfie con i miei lavori”, scherza l’artista danese presentando la sua ultima mostra al Museo Guggenheim di Bilbao: “Ma soprattutto, nessuno parlava ancora seriamente di cambiamento climatico”.
In the Real Life ci spinge invece a toccare con mano come l’arte possa connettersi alla vita e farlo con grande immediatezza, non di rado strappando un sorriso. Dopo una prima tappa alla Tate Modern, l’itinerario si arricchisce arrivando a circa 30 opere in grado di offrire uno spaccato sulla ricerca di Eliasson, esposte fino al prossimo 21 giugno. Colori, geometrie, profumi diventano il centro di un percorso di ri-scoperta che rende la loro presenza nuova e fragrante, mettendo in moto il pensiero.
“Oggi abbiamo a disposizione tante informazioni, ma le occasioni di fare esperienza scarseggiano. E la conoscenza diretta è insostituibile”, spiega l’artista davanti a un enorme muro di lichene artico. A dispetto dell’insolita collocazione, il Moss Wall continua a respirare portando con sé un aroma inconfondibile e cambiando i connotati della sala con la sua curiosa texture. E se un giorno l’ecosistema polare andasse perduto? Probabilmente questo ritaglio di natura non sopravviverebbe nemmeno come “pezzo da museo”. Perciò Eliasson si è deciso ad andare oltre. Davanti a una serie di foto che documenta l’evoluzione dei ghiacciai islandesi nel corso di vent’anni, si erge una massiccia scultura di bronzo con un foro nel mezzo (The presence of absence pavilion): riproduce un blocco di ghiaccio comprensivo del vuoto che lo scioglimento degli ultimi tempi ha lasciato al suo interno.
Quella ecologica è solo una delle chiavi con cui è possibile avvicinarsi all’opera di Eliasson. Girare tra gli ambienti della mostra è prima di tutto una stimolante passeggiata nel regno della percezione. Basta oltrepassare una porta per ritrovarsi in un mondo dove tutto è di un giallo surreale, anche i nostri volti, mentre poco più in là ci attendono banchi di nebbia rossa, verde e blu (Your atmospheric colour atlas): la visibilità è ridotta a meno di un metro dal proprio naso, l’aria è quasi irrespirabile e lascia in bocca il sapore di un medicinale, ma si va avanti senza esitazione e con il gusto della meraviglia, come Alice nel romanzo di Lewis Carroll. Nel buio potrà capitare di scorgere una fontana che cambia forma di continuo o una cascata di pioggerellina iridescente: impossibile resistere alla sensazione di passarci sotto.
Altrove le luci multicolori posizionate sul pavimento proiettano su una parete bianca le ombre dei visitatori. Il risultato è che anche i più posati si lanciano nelle danze più improbabili per guardarsi in azione: l’effetto grafico non delude. “Riconosci il tuo corpo in un’ombra e attraverso l’ombra inizi a riflettere sul tuo corpo”, commenta l’artista: “Tutto diventa teatro, un piccolo spazio per la follia che alberga in ognuno di noi e che raramente abbiamo occasione di esprimere. È anche un modo per riconoscere le costrizioni che ogni sistema produce e per vivere il museo in modo diverso da una stazione di polizia!”.
Altro grande interesse di Eliasson sono i fenomeni di riflessione e rifrazione della luce, spesso collegati alla geometria. Per esplorarli costruisce accattivanti macchine per la visione. A Bilbao troverete sculture in vetro convesso che funzionano come finestre deformanti sulla stanza accanto, stranianti tunnel degli specchi, dispositivi che trasformano in un caleidoscopio l’immagine della sala con i suoi abitanti. Meglio fermarci qui e lasciare ancora un po’ di spazio alla sorpresa.
All’esterno, tra le architetture contemporanee del lungofiume, ci attende una cascata artificiale di 11 metri, immagine di una natura costruita che l’artista ama inserire negli ambienti urbani lasciandone a vista i meccanismi. È un esempio degli interventi di arte pubblica che ha realizzato in giro per il mondo, cui si affiancano progetti architettonici e di design sostenibile, programmi educativi, esperienze partecipative sui temi dell’ambiente e delle migrazioni tutte realizzate con il suo studio di Berlino. Guardiamo l’acqua scendere lentamente, prestiamo attenzione ai suoni: non c’è confine tra arte e vita reale.
A cura di Lucìa Aguirre, Olafur Eliasson. In the Real Life è realizzata dal Museo Guggenheim in collaborazione con Tate Modern e con il sostegno di Iberdrola.
In the Real Life ci spinge invece a toccare con mano come l’arte possa connettersi alla vita e farlo con grande immediatezza, non di rado strappando un sorriso. Dopo una prima tappa alla Tate Modern, l’itinerario si arricchisce arrivando a circa 30 opere in grado di offrire uno spaccato sulla ricerca di Eliasson, esposte fino al prossimo 21 giugno. Colori, geometrie, profumi diventano il centro di un percorso di ri-scoperta che rende la loro presenza nuova e fragrante, mettendo in moto il pensiero.
“Oggi abbiamo a disposizione tante informazioni, ma le occasioni di fare esperienza scarseggiano. E la conoscenza diretta è insostituibile”, spiega l’artista davanti a un enorme muro di lichene artico. A dispetto dell’insolita collocazione, il Moss Wall continua a respirare portando con sé un aroma inconfondibile e cambiando i connotati della sala con la sua curiosa texture. E se un giorno l’ecosistema polare andasse perduto? Probabilmente questo ritaglio di natura non sopravviverebbe nemmeno come “pezzo da museo”. Perciò Eliasson si è deciso ad andare oltre. Davanti a una serie di foto che documenta l’evoluzione dei ghiacciai islandesi nel corso di vent’anni, si erge una massiccia scultura di bronzo con un foro nel mezzo (The presence of absence pavilion): riproduce un blocco di ghiaccio comprensivo del vuoto che lo scioglimento degli ultimi tempi ha lasciato al suo interno.
Quella ecologica è solo una delle chiavi con cui è possibile avvicinarsi all’opera di Eliasson. Girare tra gli ambienti della mostra è prima di tutto una stimolante passeggiata nel regno della percezione. Basta oltrepassare una porta per ritrovarsi in un mondo dove tutto è di un giallo surreale, anche i nostri volti, mentre poco più in là ci attendono banchi di nebbia rossa, verde e blu (Your atmospheric colour atlas): la visibilità è ridotta a meno di un metro dal proprio naso, l’aria è quasi irrespirabile e lascia in bocca il sapore di un medicinale, ma si va avanti senza esitazione e con il gusto della meraviglia, come Alice nel romanzo di Lewis Carroll. Nel buio potrà capitare di scorgere una fontana che cambia forma di continuo o una cascata di pioggerellina iridescente: impossibile resistere alla sensazione di passarci sotto.
Altrove le luci multicolori posizionate sul pavimento proiettano su una parete bianca le ombre dei visitatori. Il risultato è che anche i più posati si lanciano nelle danze più improbabili per guardarsi in azione: l’effetto grafico non delude. “Riconosci il tuo corpo in un’ombra e attraverso l’ombra inizi a riflettere sul tuo corpo”, commenta l’artista: “Tutto diventa teatro, un piccolo spazio per la follia che alberga in ognuno di noi e che raramente abbiamo occasione di esprimere. È anche un modo per riconoscere le costrizioni che ogni sistema produce e per vivere il museo in modo diverso da una stazione di polizia!”.
Altro grande interesse di Eliasson sono i fenomeni di riflessione e rifrazione della luce, spesso collegati alla geometria. Per esplorarli costruisce accattivanti macchine per la visione. A Bilbao troverete sculture in vetro convesso che funzionano come finestre deformanti sulla stanza accanto, stranianti tunnel degli specchi, dispositivi che trasformano in un caleidoscopio l’immagine della sala con i suoi abitanti. Meglio fermarci qui e lasciare ancora un po’ di spazio alla sorpresa.
All’esterno, tra le architetture contemporanee del lungofiume, ci attende una cascata artificiale di 11 metri, immagine di una natura costruita che l’artista ama inserire negli ambienti urbani lasciandone a vista i meccanismi. È un esempio degli interventi di arte pubblica che ha realizzato in giro per il mondo, cui si affiancano progetti architettonici e di design sostenibile, programmi educativi, esperienze partecipative sui temi dell’ambiente e delle migrazioni tutte realizzate con il suo studio di Berlino. Guardiamo l’acqua scendere lentamente, prestiamo attenzione ai suoni: non c’è confine tra arte e vita reale.
A cura di Lucìa Aguirre, Olafur Eliasson. In the Real Life è realizzata dal Museo Guggenheim in collaborazione con Tate Modern e con il sostegno di Iberdrola.
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