Dal MADRE a Capodimonte, nel segno dell’immaginazione
A Napoli, l’estate di Jan Fabre
Courtesy museo MADRE, Napoli |
Jan Fabre, L’uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più) 1998-2016
Francesca Grego
04/07/2017
Napoli - Sul terrazzo del museo MADRE di Napoli si erge un gigante di metallo lucente. Nelle mani sollevate contro il cielo tiene delicatamente un metro. Strano genere di operaio quello ritratto da Jan Fabre: L’uomo che misura le nuvole.
Da una frase del criminale Robert Stroud, noto al mondo come l’Ornitologo di Alcatraz, nasce un inno all’immaginazione degli artisti, alla continua tensione verso il superamento dei limiti attraverso esperimenti audaci e delicati insieme. Per esprimere l’inesprimibile senza tradirne, come Fabre stesso dichiara, “l’intrinseca e fondativa bellezza”.
L’uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più) 1998-2016 torna fino a dicembre nella città partenopea a quasi un decennio dalla grande installazione in piazza del Plebiscito, dove insieme ad altri enigmatici personaggi componeva il progetto site specific Il ragazzo con la luna e le stelle sulla testa (2008).
Ma non arriva da solo: lo accompagnano numerose opere del visionario artista belga, per un’estate di mostre dedicate.
Naturalia e Mirabilia – Museo e Real Bosco di Capodimonte
Mentre a Venezia è ancora in corso Glass and Bone Sculptures 1977-2017, a Napoli Fabre è al centro di Naturalia e Mirabilia, al Museo di Capodimonte fino al 22 ottobre.
Nell’ambito del ciclo espositivo Incontri Sensibili, le sue creazioni si nutrono di un evocativo dialogo con oggetti provenienti dalle collezioni dei Farnese, dei Borbone, dei Borgia e dal Museo Archeologico Nazionale del capoluogo partenopeo.
In primo piano due opere realizzate con tecnica da esperto mosaicista a partire da migliaia di ali iridescenti di scarabeo. Metafora della continuità tra la vita e la morte, lo scarabeo riflette una delle ossessioni dell’artista e racchiude in sé l’ossimoro di una fragilità intrinseca, che necessita di una corazza protettiva, unita a una potente forza ctonia ben nota nel mondo antico.
L’erudita fantasia di Fabre lo trasforma in materia prima per Spanish Sword (Knight of Modesty), un'opera che rimanda all’investitura dei cavalieri medievali, alle armature cinquecentesche e alla battaglia del suo autore per l’arte e l’immaginazione come strumenti di conoscenza.
Railway Tracks to Death, dalla serie Tribute to Hieronymus Bosch in Congo, prova invece a rielaborare la controversa storia coloniale del Belgio, coniugandola con l’immaginario grottesco e infernale del pittore fiammingo.
Meraviglie dell’uomo e della natura degne di una Wunderkammern seicentesca, come quella ricostruita delle sale del museo a partire da singolari esemplari di coralli, rostri di pesci esotici, scarabei dell’antico Egitto, manufatti realizzati con materiali rari e preziosi provenienti da terre lontane. Per finire con una tela di Otto Marseus Von Shrieck, pittore olandese del XVII secolo e collezionista di creature rare che, come Fabre, praticò l’unione tra naturalia e artificialia inserendo nei propri dipinti autentiche ali di farfalla.
My Only Nation is Imagination – Studio Trisorio
Fino al 31 luglio negli spazi dello Studio Trisorio va in scena un altro affascinante capitolo della poliedrica ricerca dell’artista di Anversa. In My Only Nation is Imagination, sculture, video, disegni esplorano le relazioni tra arte e scienza, sulla base delle scoperte di Giacomo Rizzolatti sui neuroni specchio.
I meccanismi dell’empatia, della creatività, gli stati emotivi e cognitivi, l’idea del cervello come sede fisica del pensiero e dell’attività artistica sono al centro di un film-performance in cui artista e scienziato dialogano con tanto di elettrodi sul cranio (Do we feel with our brain and think with our heart? - 2014), per giungere a opere tanto fedeli alla verità anatomica quanto surreali.
Protagonista, “la parte più sexy del corpo umano” secondo Jan Fabre: il cervello, le cui pieghe, protuberanze, vene e arterie sono perfettamente riprodotte da sculture in silicone. A rompere l’effetto laboratorio sono gli oggetti posati quasi per caso sui reperti: piccoli insetti, una mela, una candela, un paio di forbici minacciose, una fetta di pane inserita proprio tra i due emisferi, fino a perturbanti Gambe-Cervello.
Spunti per ripensare ai processi della mente e proseguire la ricerca in prima persona, tra nuove inattese connessioni.
Leggi anche:
• Il binomio impossibile di Jan Fabre a Venezia
• Amori Divini: al MANN la magia dei miti greci
• Nel cuore del Mediterraneo: Pompei e i Greci
Da una frase del criminale Robert Stroud, noto al mondo come l’Ornitologo di Alcatraz, nasce un inno all’immaginazione degli artisti, alla continua tensione verso il superamento dei limiti attraverso esperimenti audaci e delicati insieme. Per esprimere l’inesprimibile senza tradirne, come Fabre stesso dichiara, “l’intrinseca e fondativa bellezza”.
L’uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più) 1998-2016 torna fino a dicembre nella città partenopea a quasi un decennio dalla grande installazione in piazza del Plebiscito, dove insieme ad altri enigmatici personaggi componeva il progetto site specific Il ragazzo con la luna e le stelle sulla testa (2008).
Ma non arriva da solo: lo accompagnano numerose opere del visionario artista belga, per un’estate di mostre dedicate.
Naturalia e Mirabilia – Museo e Real Bosco di Capodimonte
Mentre a Venezia è ancora in corso Glass and Bone Sculptures 1977-2017, a Napoli Fabre è al centro di Naturalia e Mirabilia, al Museo di Capodimonte fino al 22 ottobre.
Nell’ambito del ciclo espositivo Incontri Sensibili, le sue creazioni si nutrono di un evocativo dialogo con oggetti provenienti dalle collezioni dei Farnese, dei Borbone, dei Borgia e dal Museo Archeologico Nazionale del capoluogo partenopeo.
In primo piano due opere realizzate con tecnica da esperto mosaicista a partire da migliaia di ali iridescenti di scarabeo. Metafora della continuità tra la vita e la morte, lo scarabeo riflette una delle ossessioni dell’artista e racchiude in sé l’ossimoro di una fragilità intrinseca, che necessita di una corazza protettiva, unita a una potente forza ctonia ben nota nel mondo antico.
L’erudita fantasia di Fabre lo trasforma in materia prima per Spanish Sword (Knight of Modesty), un'opera che rimanda all’investitura dei cavalieri medievali, alle armature cinquecentesche e alla battaglia del suo autore per l’arte e l’immaginazione come strumenti di conoscenza.
Railway Tracks to Death, dalla serie Tribute to Hieronymus Bosch in Congo, prova invece a rielaborare la controversa storia coloniale del Belgio, coniugandola con l’immaginario grottesco e infernale del pittore fiammingo.
Meraviglie dell’uomo e della natura degne di una Wunderkammern seicentesca, come quella ricostruita delle sale del museo a partire da singolari esemplari di coralli, rostri di pesci esotici, scarabei dell’antico Egitto, manufatti realizzati con materiali rari e preziosi provenienti da terre lontane. Per finire con una tela di Otto Marseus Von Shrieck, pittore olandese del XVII secolo e collezionista di creature rare che, come Fabre, praticò l’unione tra naturalia e artificialia inserendo nei propri dipinti autentiche ali di farfalla.
My Only Nation is Imagination – Studio Trisorio
Fino al 31 luglio negli spazi dello Studio Trisorio va in scena un altro affascinante capitolo della poliedrica ricerca dell’artista di Anversa. In My Only Nation is Imagination, sculture, video, disegni esplorano le relazioni tra arte e scienza, sulla base delle scoperte di Giacomo Rizzolatti sui neuroni specchio.
I meccanismi dell’empatia, della creatività, gli stati emotivi e cognitivi, l’idea del cervello come sede fisica del pensiero e dell’attività artistica sono al centro di un film-performance in cui artista e scienziato dialogano con tanto di elettrodi sul cranio (Do we feel with our brain and think with our heart? - 2014), per giungere a opere tanto fedeli alla verità anatomica quanto surreali.
Protagonista, “la parte più sexy del corpo umano” secondo Jan Fabre: il cervello, le cui pieghe, protuberanze, vene e arterie sono perfettamente riprodotte da sculture in silicone. A rompere l’effetto laboratorio sono gli oggetti posati quasi per caso sui reperti: piccoli insetti, una mela, una candela, un paio di forbici minacciose, una fetta di pane inserita proprio tra i due emisferi, fino a perturbanti Gambe-Cervello.
Spunti per ripensare ai processi della mente e proseguire la ricerca in prima persona, tra nuove inattese connessioni.
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