Dal 12 dicembre al 2 maggio nella Palestra Grande
Pompei e gli Etruschi: 800 reperti svelano la storia della città in una Campania multietnica
Un reperto della mostra Pompei e gli Etruschi. Courtesy Parco Archeologico di Pompei
Samantha De Martin
11/12/2018
Napoli - Cosa c’era prima di Pompei? Un crogiolo di presenze. Un complesso mosaico di lingue ed etnìe, disegnato da popolazioni locali e da comunità culturalmente diverse, talvolta in conflitto perenne.
Era questa la Campania al tempo in cui alcuni Etruschi, giunti dalla regione a nord di Roma, fondarono, intorno al 600 a.C, una città, nel luogo in cui sarebbe poi sorta la nuova Pompei.
Circa 800 reperti provenienti da musei italiani ed europei, esposti nel portico nord della Palestra grande, ripercorrono un viaggio che va dalle prime influenze etrusche prima di Pompei, alla città nuova posta al centro di una Campania multietnica fino al suo inesorabile tramonto.
Promossa dal Parco Archeologico, in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Polo Museale della Campania e l’organizzazione di Electa, l’appuntamento a cura di Massimo Osanna e di Stéphane Verger è un racconto lungo tredici sale tra materiali unici. Oggetti in bronzo, argento, terracotte, ceramiche provenienti da tombe, santuari e centri abitati, permettono di analizzare e affrontare le controverse dinamiche relative alla presenza etrusca in Campania.
Al centro della mostra si fanno ammirare i ritrovamenti emersi durante i recenti scavi nel santuario extraurbano del Fondo Iozzino, che hanno restituito una grande quantità di materiale di epoca arcaica, dalle armi ai servizi per le libagioni rituali con iscrizioni in lingua etrusca.
A questi oggetti si affiancano i tesori provenienti dalle altre città etrusche della Campania - Pontecagnano e Capua - sedi di importanti luoghi di culto. Allo sfarzo delle tombe principesche rimandano invece i corredi funerari dalla tomba Artiaco 104 di un principe cosmopolita, quello di una principessa di Montevetrano (tomba 74), e la lussuosa tomba di un principe orientalizzante.
I primissimi secoli della storia di Pompei - descritti nella sala introduttiva - sono poco noti perché gli strati più antichi della città vennero ricoperti e in gran parte distrutti dalla città sannita dei secoli III e II a.C. e da quella romana sepolta nel 79 d.C. Dall’Età del Ferro, dalla quale emerge il contatto con le comunità etrusche e greche stabilitesi nella pianura campana, ma anche i riti religiosi in ambito domestico - come attestano i numerosi vasi in miniatura e le figurine in terracotta e bronzo - si passa all’apertura della Campania verso il Mediterraneo. La Fondazione della città nuova con i suoi santuari etruschi, il caratteristico stile architettonico e ancora la coesistenza sul medesimo lembo di terra di Etruschi, Greci, Italici, la battaglia navale di Cuma del 474 a.C. che pose fine al controllo etrusco sui commerci nel Tirreno, sono solo alcune delle tappe di un percorso avvincente.
Con l’arrivo dei Campani e dei Sanniti, ma anche dei Lucani provenienti dalla Puglia e dalla Basilicata, l’eredità etrusca si avvia verso il suo declino inesorabile. Quello che resta di questo affascinante passato è custodito da alcune famiglie aristocratiche, come testimonia il vaso di bronzo proveniente dalle prime collezioni del museo di Napoli. Una situla realizzata a Orvieto nel VI o V secolo a.C. alla quale nel I secolo sono stati applicati dei piedi che riproducono leoni alati e attacchi di anse ornate di teste di fauno. Doveva essere ancora visibile in qualche grande dimora di Pompei o Ercolano prima che l’eruzione del 79 d.C. depositasse le sue infauste ceneri sulla città.
L’accesso alla mostra - che resterà aperta fino al 2 maggio - è incluso nella tariffa di ingresso agli scavi.
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• Pompei e gli Etruschi
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Circa 800 reperti provenienti da musei italiani ed europei, esposti nel portico nord della Palestra grande, ripercorrono un viaggio che va dalle prime influenze etrusche prima di Pompei, alla città nuova posta al centro di una Campania multietnica fino al suo inesorabile tramonto.
Promossa dal Parco Archeologico, in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Polo Museale della Campania e l’organizzazione di Electa, l’appuntamento a cura di Massimo Osanna e di Stéphane Verger è un racconto lungo tredici sale tra materiali unici. Oggetti in bronzo, argento, terracotte, ceramiche provenienti da tombe, santuari e centri abitati, permettono di analizzare e affrontare le controverse dinamiche relative alla presenza etrusca in Campania.
Al centro della mostra si fanno ammirare i ritrovamenti emersi durante i recenti scavi nel santuario extraurbano del Fondo Iozzino, che hanno restituito una grande quantità di materiale di epoca arcaica, dalle armi ai servizi per le libagioni rituali con iscrizioni in lingua etrusca.
A questi oggetti si affiancano i tesori provenienti dalle altre città etrusche della Campania - Pontecagnano e Capua - sedi di importanti luoghi di culto. Allo sfarzo delle tombe principesche rimandano invece i corredi funerari dalla tomba Artiaco 104 di un principe cosmopolita, quello di una principessa di Montevetrano (tomba 74), e la lussuosa tomba di un principe orientalizzante.
I primissimi secoli della storia di Pompei - descritti nella sala introduttiva - sono poco noti perché gli strati più antichi della città vennero ricoperti e in gran parte distrutti dalla città sannita dei secoli III e II a.C. e da quella romana sepolta nel 79 d.C. Dall’Età del Ferro, dalla quale emerge il contatto con le comunità etrusche e greche stabilitesi nella pianura campana, ma anche i riti religiosi in ambito domestico - come attestano i numerosi vasi in miniatura e le figurine in terracotta e bronzo - si passa all’apertura della Campania verso il Mediterraneo. La Fondazione della città nuova con i suoi santuari etruschi, il caratteristico stile architettonico e ancora la coesistenza sul medesimo lembo di terra di Etruschi, Greci, Italici, la battaglia navale di Cuma del 474 a.C. che pose fine al controllo etrusco sui commerci nel Tirreno, sono solo alcune delle tappe di un percorso avvincente.
Con l’arrivo dei Campani e dei Sanniti, ma anche dei Lucani provenienti dalla Puglia e dalla Basilicata, l’eredità etrusca si avvia verso il suo declino inesorabile. Quello che resta di questo affascinante passato è custodito da alcune famiglie aristocratiche, come testimonia il vaso di bronzo proveniente dalle prime collezioni del museo di Napoli. Una situla realizzata a Orvieto nel VI o V secolo a.C. alla quale nel I secolo sono stati applicati dei piedi che riproducono leoni alati e attacchi di anse ornate di teste di fauno. Doveva essere ancora visibile in qualche grande dimora di Pompei o Ercolano prima che l’eruzione del 79 d.C. depositasse le sue infauste ceneri sulla città.
L’accesso alla mostra - che resterà aperta fino al 2 maggio - è incluso nella tariffa di ingresso agli scavi.
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