Dal 9 marzo al 10 giugno

Al MAN di Nuoro il riscatto delle futuriste

Barbara, Aeropittura, 1938, olio su cartone telato
 

Samantha De Martin

07/02/2018

Nuoro - “Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo - il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore e il disprezzo della donna”.
Spregiudicato, icastico, rivoluzionario, recitava così, nel 1909, il Manifesto del futurismo, movimento programmaticamente misogino, che, a partire dalla sua fondazione, proclamava il disprezzo della figura femminile, promuovendo una visione dell’arte fondata sui principi di forza, guerra, velocità, decisamente off limits per il gentil sesso.
Eppure le donne - la cui silenziosa presenza tra le fila della prima avanguardia europea resta ancora un caso aperto e controverso - ci sono state, lasciando nell’arte tracce più o meno evidenti. Si tratta di figure indipendenti, artiste e intellettuali di primo piano nella ricerca estetica d'inizio secolo, le cui vicende, talvolta spregiudicate - esemplare la biografia di Valentine de Saint-Point - sono spesso passate in sordina rispetto alle cronache, ora trascurate dalla critica coeva, ora assorbite dall’anonimato della vita famigliare o addirittura cancellate delle guerre.
Basti pensare alla biblioteca e all’archivio di Alma Fidora, i cui documenti sono andati distrutti sotto i bombardamenti.

Il MAN di Nuoro le ricorda in una mostra dal titolo L’elica e la luce. Le futuriste. 1912-1944, in programma dal 9 marzo al 10 giugno. Spiccano artiste totali, impegnate in campi di interesse vastissimi, dalla scrittura alla pittura, dall’illustrazione alla ceramica, agli studi di metapsichica e occultismo, verso le quali anche il Manifesto della Scienza futurista mostra attenzione. Dalla fiorentina Marisa Mori - lontana discendente del Bernini e allieva di Felice Casorati - ad Adele Gloria, unica pittrice futurista siciliana, distintasi nel campo dell’aeropittura e dell’avanguardia, la mostra prende le mosse da le Manifeste de la Femme futuriste, pubblicato da Valentine de Saint-Point il 25 marzo 1912, in risposta al Manifesto del Futurismo di Marinetti pubblicato tre anni prima a Parigi su Le Figaro.

A comporre il percorso espositivo caratterizzato da un centinaio di opere fra dipinti, sculture, carte, tessuti, maquette teatrali e oggetti d'arte applicata - e che accoglie prestiti da collezioni pubbliche e private italiane, con lavori anche poco noti - una ricerca scevra da stereotipi, cliché, luoghi comuni, che testimonia la profondità di una riflessione estetica condivisa dalle donne del gruppo.
Un nutrito apparato documentario - tra prime edizioni di testi, fotografie d’epoca, lettere autografe, studi, bozzetti, manifesti originali - scandisce i capitoli del percorso, suddiviso in macro-temi. Il corpo e la danza, il volo e la velocità, il paesaggio e l'astrazione, le forme e le parole testimoniano una vena particolare delle artiste futuriste, dedite ora al tessuto e alle arti applicate, ora all’uso del metallo e, in generale, a una sperimentazione polimaterica e multidisciplinare nel campo delle arti figurative, ma anche letterarie e coreutiche.

Le affascinanti biografie delle protagoniste scivolano nei salotti culturali del tempo, tra mostre, teatri, tra le pagine delle riviste dell’epoca per insinuarsi nello sfondo di un paese eccitato dal progresso, ferito dal conflitto.

Ad accompagnare la mostra sarà il catalogo con le opere esposte e i testi delle curatrici Chiara Gatti e Raffaella Resch, di Giancarlo Carpi, Enrico Crispolti, Lorenzo Giusti, oltre a un’intervista a Lea Vergine, autrice della mostra curata nel 1980 per il Palazzo Reale di Milano, L'altra meta` dell'avanguardia, dedicata alle artiste attive tra il 1910 e il 1940.


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