Fino al 10 dicembre
Boccioni alla Magnani Rocca. Ultimi giorni per visitare la grande mostra
Umberto Boccioni, Autoritratto, 1908. Olio su tela. Pinacoteca di Brera
Francesca Grego
01/12/2023
Parma - Restano ancora dieci giorni per visitare Boccioni. Prima del Futurismo, tra i più interessanti appuntamenti della stagione espositiva autunnale in Italia. Quasi duecento opere del grande artista novecentesco saranno esposte fino al 10 dicembre presso la Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo: celebri capolavori come Controluce, Il romanzo della cucitrice, Campagna romana o l’Autoritratto del 1908, ma anche dipinti e disegni poco noti al grande pubblico, capaci di svelare curiosità inattese intorno al loro autore, e poi le opere di maestri e compagni di strada del giovane Boccioni, da Gino Severini a Giacomo Balla, da Gaetano Previati a Giovanni Segantini, Mario Sironi, Carlo Carrà, Galileo Chini.
A cura di Francesco Parisi, Virginia Baradel e Niccolò D’Agati, la mostra è frutto di un importante lavoro di ricerca e illustra in modo chiaro e puntuale come è nata l’arte di uno dei più originali innovatori del XX secolo. Roma, Venezia, Milano sono i teatri della sua evoluzione: tappa dopo tappa, l’itinerario espositivo ripercorre i passi del pittore, ricostruendo per ciascuna città gli incontri, le frequentazioni e le influenze che ne arricchirono il linguaggio artistico tra il 1900 e il 1910.
Umberto Boccioni, Il romanzo di una cucitrice, 1908, Olio su tela, Collezione Barilla di Arte Moderna
L’allestimento è introdotto dal documentario FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ItsArt e Rai Cultura, da guardare in una video room all’ingresso del museo. Un’occasione per saperne di più sul protagonista della mostra, con i contributi di esperti come James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera; di Giordano Bruno Guerri, storico; Marella Caracciolo Chia, scrittrice; Ester Coen, storica dell’arte; Floriane Dauberville, esperta d’arte; Niccolò D’Agati, storico dell’arte, Danka Giacon, conservatrice del Museo del Novecento di Milano, Giacomo Rossi, artista; Karole Vail, direttrice della Peggy Guggenheim Collection di Venezia, e con la testimonianza straordinaria di Romana Severini, figlia del pittore Gino Severini.
Umberto Boccioni, Rissa in galleria, 1910, Milano, Pinacoteca di Brera, Dalla Collezione Emilio e Maria Jesi. Dimensioni: 76×64 cm. Nel docufilm FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals con ItsArt e Rai Cultura
Sono tante le storie da scoprire lungo il percorso di Boccioni. Prima del Futurismo, per guardare sotto una nuova luce pietre miliari dell’arte del Novecento e chicche da intenditori. L’Autoritratto dell’artista conservato alla Pinacoteca di Brera, per esempio, oggi rappresenta un capolavoro assoluto, ma pare che Boccioni non ne fosse per nulla soddisfatto. È il 1908 e il pittore si rappresenta sul balcone della sua casa milanese di via Castel Morrone angolo via Goldoni, una zona allora periferica, a due passi dalla campagna, con intorno la città in espansione. Utilizzando il quartiere come sfondo, Boccioni fa propria l’ispirazione del maestro Giacomo Balla, tra i primi in Italia a dipingere paesaggi urbani. Brevi pennellate di colori puri si giustappongono in puro stile divisionista, modulando gli spessori e l'andamento del gesto. La scena e il personaggio principale sono costruiti utilizzando solo il colore e la luce. Ma il ventiseienne Boccioni non è convinto del risultato: “Dal primo del mese mi trovo in casa di mamma, lontano da quell’antipaticissima padrona e mi trovo abbastanza bene”, annota nel suo diario il 13 maggio del 1908: “In quella casa ho finito l’autoritratto, che mi lascia completamente indifferente”. Appartenuto a Vico Baer, amico del pittore, il quadro fu donato nel 1951 alla Pinacoteca di Brera, dove oggi è una delle opere più ammirate e fotografate. Alla fine degli anni Settanta un restauro ha rivelato un altro autoritratto presente sul retro, coperto da una patina di colore, anche questo probabilmente “rifiutato” dall’artista.
Umberto Boccioni, Campagna romana o Meriggio, 1903. Olio su tela. MASI, Collezione della Città di Lugano
Alla Magnani Rocca scopriamo anche un Boccioni affascinato dal Simbolismo. Nell’aprile del 1907 il giovane artista è a Venezia e visita la Biennale. La mostra non gli piace granché, ma è colpito dalla Sala del Sogno ideata da Plinio Nomellini e Galileo Chini, con le opere dei simbolisti italiani ed europei: Angelo Morbelli, Mario De Maria, Serafino Macchiati, Alberto Martini, Franz Von Stuck e Gaetano Previati, verso il quale Boccioni nutre grande ammirazione. Il Simbolismo lo conquista perché è l’opposto del Verismo, con cui l’artista è già in aperto contrasto. Alla Villa dei Capolavori un’intera sezione è dedicata alle suggestioni simboliste: qui troviamo l’Icaro di Galileo Chini, la Diavolessa di Alberto Martini e persino una seduta spiritica dipinta da Serafino Macchiati, illustratore che a Parigi aveva frequentato ambienti esoterici, interessandosi ai fantasmi e all’inconscio. Impressionante, infine, è il dipinto dei Monaci dalle occhiaie vuote di Marius Pictor (Mario De Maria), soprannominato da D’Annunzio “il pittore delle lune”, che riprende la leggenda secondo cui alcuni monaci si toglievano gli occhi per allontanarsi definitivamente dagli stimoli terreni.
Umberto Boccioni, Nudo di spalle (Controluce), 1909, Olio su tela, 61 x 55.5 cm, MART, Collezione L.F. | © MART, Archivio fotografico e Mediateca
Rarissimi e preziosi sono infine i disegni eseguiti alla Scuola Libera del Nudo di Roma, in prestito dalla galleria Bottegantica di Milano. Appena diciassettenne, Boccioni inizia a lavorare come tutto fare per la rivista Fanfulla, tra letterati e artisti vicini alle nuove idee anarco-idealiste. In redazione notano la sua predisposizione per le caricature: spinto a disegnare, il pittore in erba acquista matite, colori e quaderni e va a scuola “di pupazzetto” da Afredo Stolz, illustratore romano allora in voga. È il suo primo lavoro creativo, raccontato in mostra da una sala interamente dedicata alla sua attività di illustratore. Poco dopo si iscriverà alla Scuola Libera del Nudo, un corso parallelo all’interno dell’Istituto di Belle Arti, dove è possibile disegnare i modelli dal vivo. Gino Severini, che è già un artista formato, racconterà che il suo giovane amico aveva difficoltà perfino a centrare l’immagine all’interno del foglio. Ma il tempo per Boccioni corre veloce, e il talento non fatica a tenergli testa.
Umberto Boccioni, Ritratto di giovane donna, 1907-1908, Pastello su tela, Collezione privata
Vedi anche:
• FOTO - Boccioni 1900-1910. Roma Venezia Milano
• Boccioni prima del Futurismo. Intervista al curatore Francesco Parisi
A cura di Francesco Parisi, Virginia Baradel e Niccolò D’Agati, la mostra è frutto di un importante lavoro di ricerca e illustra in modo chiaro e puntuale come è nata l’arte di uno dei più originali innovatori del XX secolo. Roma, Venezia, Milano sono i teatri della sua evoluzione: tappa dopo tappa, l’itinerario espositivo ripercorre i passi del pittore, ricostruendo per ciascuna città gli incontri, le frequentazioni e le influenze che ne arricchirono il linguaggio artistico tra il 1900 e il 1910.
Umberto Boccioni, Il romanzo di una cucitrice, 1908, Olio su tela, Collezione Barilla di Arte Moderna
L’allestimento è introdotto dal documentario FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ItsArt e Rai Cultura, da guardare in una video room all’ingresso del museo. Un’occasione per saperne di più sul protagonista della mostra, con i contributi di esperti come James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera; di Giordano Bruno Guerri, storico; Marella Caracciolo Chia, scrittrice; Ester Coen, storica dell’arte; Floriane Dauberville, esperta d’arte; Niccolò D’Agati, storico dell’arte, Danka Giacon, conservatrice del Museo del Novecento di Milano, Giacomo Rossi, artista; Karole Vail, direttrice della Peggy Guggenheim Collection di Venezia, e con la testimonianza straordinaria di Romana Severini, figlia del pittore Gino Severini.
Umberto Boccioni, Rissa in galleria, 1910, Milano, Pinacoteca di Brera, Dalla Collezione Emilio e Maria Jesi. Dimensioni: 76×64 cm. Nel docufilm FORMIDABILE BOCCIONI di Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals con ItsArt e Rai Cultura
Sono tante le storie da scoprire lungo il percorso di Boccioni. Prima del Futurismo, per guardare sotto una nuova luce pietre miliari dell’arte del Novecento e chicche da intenditori. L’Autoritratto dell’artista conservato alla Pinacoteca di Brera, per esempio, oggi rappresenta un capolavoro assoluto, ma pare che Boccioni non ne fosse per nulla soddisfatto. È il 1908 e il pittore si rappresenta sul balcone della sua casa milanese di via Castel Morrone angolo via Goldoni, una zona allora periferica, a due passi dalla campagna, con intorno la città in espansione. Utilizzando il quartiere come sfondo, Boccioni fa propria l’ispirazione del maestro Giacomo Balla, tra i primi in Italia a dipingere paesaggi urbani. Brevi pennellate di colori puri si giustappongono in puro stile divisionista, modulando gli spessori e l'andamento del gesto. La scena e il personaggio principale sono costruiti utilizzando solo il colore e la luce. Ma il ventiseienne Boccioni non è convinto del risultato: “Dal primo del mese mi trovo in casa di mamma, lontano da quell’antipaticissima padrona e mi trovo abbastanza bene”, annota nel suo diario il 13 maggio del 1908: “In quella casa ho finito l’autoritratto, che mi lascia completamente indifferente”. Appartenuto a Vico Baer, amico del pittore, il quadro fu donato nel 1951 alla Pinacoteca di Brera, dove oggi è una delle opere più ammirate e fotografate. Alla fine degli anni Settanta un restauro ha rivelato un altro autoritratto presente sul retro, coperto da una patina di colore, anche questo probabilmente “rifiutato” dall’artista.
Umberto Boccioni, Campagna romana o Meriggio, 1903. Olio su tela. MASI, Collezione della Città di Lugano
Alla Magnani Rocca scopriamo anche un Boccioni affascinato dal Simbolismo. Nell’aprile del 1907 il giovane artista è a Venezia e visita la Biennale. La mostra non gli piace granché, ma è colpito dalla Sala del Sogno ideata da Plinio Nomellini e Galileo Chini, con le opere dei simbolisti italiani ed europei: Angelo Morbelli, Mario De Maria, Serafino Macchiati, Alberto Martini, Franz Von Stuck e Gaetano Previati, verso il quale Boccioni nutre grande ammirazione. Il Simbolismo lo conquista perché è l’opposto del Verismo, con cui l’artista è già in aperto contrasto. Alla Villa dei Capolavori un’intera sezione è dedicata alle suggestioni simboliste: qui troviamo l’Icaro di Galileo Chini, la Diavolessa di Alberto Martini e persino una seduta spiritica dipinta da Serafino Macchiati, illustratore che a Parigi aveva frequentato ambienti esoterici, interessandosi ai fantasmi e all’inconscio. Impressionante, infine, è il dipinto dei Monaci dalle occhiaie vuote di Marius Pictor (Mario De Maria), soprannominato da D’Annunzio “il pittore delle lune”, che riprende la leggenda secondo cui alcuni monaci si toglievano gli occhi per allontanarsi definitivamente dagli stimoli terreni.
Umberto Boccioni, Nudo di spalle (Controluce), 1909, Olio su tela, 61 x 55.5 cm, MART, Collezione L.F. | © MART, Archivio fotografico e Mediateca
Rarissimi e preziosi sono infine i disegni eseguiti alla Scuola Libera del Nudo di Roma, in prestito dalla galleria Bottegantica di Milano. Appena diciassettenne, Boccioni inizia a lavorare come tutto fare per la rivista Fanfulla, tra letterati e artisti vicini alle nuove idee anarco-idealiste. In redazione notano la sua predisposizione per le caricature: spinto a disegnare, il pittore in erba acquista matite, colori e quaderni e va a scuola “di pupazzetto” da Afredo Stolz, illustratore romano allora in voga. È il suo primo lavoro creativo, raccontato in mostra da una sala interamente dedicata alla sua attività di illustratore. Poco dopo si iscriverà alla Scuola Libera del Nudo, un corso parallelo all’interno dell’Istituto di Belle Arti, dove è possibile disegnare i modelli dal vivo. Gino Severini, che è già un artista formato, racconterà che il suo giovane amico aveva difficoltà perfino a centrare l’immagine all’interno del foglio. Ma il tempo per Boccioni corre veloce, e il talento non fatica a tenergli testa.
Umberto Boccioni, Ritratto di giovane donna, 1907-1908, Pastello su tela, Collezione privata
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