Fino al 18 luglio alla Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo

In arrivo a Parma i ritratti di Modì, l'artista che scolpiva l'anima con matita e pennello

Amedeo Modigliani, Femme au col blanc, 1917. Olio su tela I Musée de Grenoble
 

Samantha De Martin

14/04/2021

Parma - Poco più di un secolo fa, con la mente in preda al delirio, dopo una vita breve ma bruciante, e artisticamente compiuta, Modigliani si spegneva a Parigi all’età di 35 anni.
Il pittore dei colli lunghi, l’artista bohémien avvolto da un’aura mitica nelle inquiete notti di Montmartre e Montparnasse, capace di spogliare i suoi modelli “fino all’anima”, attende la riapertura dei musei per sfoderare a Parma il suo genio da ritrattista.
Nelle sale della Fondazione Magnani Rocca di Mamiano di Traversetolo, dove aspetta di accogliere il pubblico non appena le riaperture le permetteranno, Femme au col blanc, l’olio su tela del 1917 raffigurante la modella Lunia Czechowska, moglie di Léopold Zborowski, mercante d'arte di Modigliani, è pronta a sfoggiare i suoi tratti eleganti divenuti rappresentativi dell’arte stessa del pittore.
Sarà lei la regina del percorso “Amedeo Modigliani. Opere dal Musée de Grenoble che, fino al 18 luglio, accanto ad altri cinque ritratti eseguiti a matita dall'artista, indagherà il rapporto fra disegno e pittura, svelando al pubblico i principali riferimenti culturali nel suo lavoro di ritrattista.


Amedeo Modigliani, Ritratto di uomo, 1915 circa. Matita su carta I Musée de Grenoble

Attraverso questi ritratti Modigliani racconta i protagonisti di un’epoca culturalmente viva, come quella parigina di inizio Novecento. Pittori, scrittori, mecenati e mercanti d’arte, modelle conosciute nei caffè o incontrate per strada si celano dietro volti scolpiti da un’essenzialità formale mai vista prima.

Nel collo di Lunia è racchiuso d’altronde quell'ideale femminile vagheggiato e dipinto da altri grandi artisti del passato, primo tra tutti il Parmigianino, con la sua Madonna dal collo lungo realizzata proprio a Parma fra il 1534 e il 1540.

Il pubblico viene così iniziato alla poetica pittorica di Modì, per il quale il ritratto diventa l’unico veicolo d’espressione del furore creativo dell’artista.
“Per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti. L’astrazione mi affatica, mi uccide ed è come un vicolo cieco” diceva l’artista.

I suoi lavori, profondamente imbevuti dell’essenzialità stilistica della tradizione trecentesca e quattrocentesca senese, mostrano una concezione originale, che mescola gli insegnamenti di Paul Cézanne ai tratti delle maschere africane.
E proprio le maschere tribali della Costa d’Avorio, accanto ad autorevoli esempi della pittura senese e cézanniana, il visitatore ritroverà in questa mostra assieme ai lavori del maestro livornese.


Maschera africana Gouro, Costa d'Avorio. Collezione privata Marcello Lattari

Nei ritratti di Modì, con i loro occhi a mandorla, vitrei e vuoti, privi di pupille - misteriosi ed enigmatici, quanto seducenti e malinconici, con le arcate sopracciliari marcate e i nasi lunghissimi - linea, superficie e colore producono un genere di composizione figurativa e astratta al tempo stesso.

Ai sei ritratti di Dedo si affiancano i capolavori dell’arte francese del periodo in cui l’artista visse e operò, appartenenti alle raccolte della Fondazione Magnani-Rocca, opere di Cézanne e Renoir, Matisse e Monet, Braque e anche dell’italiano Severini, che in quegli anni viveva a Parigi.

La mostra sarà un’opportunità di seguire il dandy inquieto, sempre in bilico tra genio e sregolatezza, perfetto stereotipo dell’artista maledetto, che, oltre che grande pittore, fu un disegnatore eccellente, riuscendo, con tratto volumetrico e bidimensionale al tempo stesso, a scolpire a matita la sensibilità e la psicologia dei suoi soggetti. Trasformando, con straordinario talento introspettivo, ogni singolo ritratto in una sorta di specchio interiore.


 Pietro di Giovanni Ambrosi, Madonna col Bambino, 1446-1447, tempera su tavola centinata

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