Dall’11 settembre al 12 dicembre a Mamiano di Traversetolo (Parma)
Pier Paolo Pasolini tra cinema e arte presto alla Magnani Rocca

Pier Paolo Pasolini, Roma, 1971 | Foto: © Sandro Becchetti
Samantha De Martin
27/07/2021
Parma - L’inquadratura immaginata come un quadro dove, a figure ferme, lo sguardo spazia per cogliere i dettagli, mentre la pittura si fa strumento di un linguaggio filmico di impronta “astorica”.
Corrispondenze profetiche che oscillano tra letteratura, cinema, arti figurative popolano l’universo di Pier Paolo Pasolini, il rivoluzionario dalla visione apocalittica che, per tutta la vita trovò nei modelli pittorici i riferimenti per il proprio linguaggio cinematografico, costruendo le sue inquadrature alla maniera di scene dipinte.
Queste “corrispondenze” lo accomunano a Luigi Magnani che visse a Roma nello stesso periodo di Pasolini e che del poeta-regista possedeva le pubblicazioni.

La facciata dell’edificio che ospita la Fondazione Magnani Rocca a Mamiano (Parma)
Nella sontuosa Villa di Mamiano di Traversetolo (Parma), dimora dell’intellettuale illuminato, la Fondazione Magnani-Rocca, dall’11 settembre al 12 dicembre dedica un focus al regista bolognese, con una mostra che pone sotto i riflettori i riferimenti artistici ed estetici nei film di Pasolini. Il poeta fu egli stesso pittore per tutta la vita. Parte da qui, in occasione del centenario della nascita, avvenuta il 5 marzo 1922, il progetto a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera, dal titolo Pier Paolo Pasolini. Fotogrammi di pittura, un viaggio tra lunghi primi piani e influssi artistici, a carpire l'enfasi sulla ieraticità dei volti (di attori presi il più delle volte dalla strada) e la ricostruzione di autentici tableaux vivants.
Nella villa di Luigi Magnani i costumi sontuosi realizzati per i film, in prestito dallo CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, che abbracciarono i corpi di attrici celebri, come Silvana Mangano, affiancano le locandine originali dei film che destarono scandalo e ancora rare fotografie d’epoca, oltre alla galleria fotografica delle opere d’arte che Pasolini ebbe come riferimento, in accostamento alle scene tratte dai suoi lavori.
Se in Accattone (1961) si fa evidente l’influenza dello studioso e critico d’arte Roberto Longhi, del quale Pasolini fu allievo all’Università di Bologna, e delle sue lezioni sul Romanico, Masaccio e Caravaggio, in Mamma Roma (1962), la drammatica immagine finale del ragazzo, sconvolto dalla rivelazione del “mestiere” della madre, morente e legato nell’infermeria della prigione, riprende il Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna, in una evidente sovrapposizione del sacrificio di Cristo con le sofferenze dei miseri.
Andrea Mantegna, Cristo Morto, 1475 - 1478 circa, Pinacoteca di Brera, Milano
Ne La ricotta, episodio da RoGoPaG (1963), Pasolini ricostruisce a tableau vivant, attraverso i dettami di Orson Welles, due opere di manieristi toscani: la monumentale Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino (1521) e l’altrettanto imponente pala, di analogo soggetto, del Pontormo (1526-1528). Gli echi della pittura - in particolare di Piero della Francesca e di Francis Bacon - esplodono ne Il Vangelo secondo Matteo (1964), in Teorema (1968) e ancora nel Decameron (1971) con il regista che dichiara il suo debito verso Giotto e Velázquez. Fino allo scandaloso quanto lucidissimo e profetico Salò o le 120 giornate di Sodoma la grande arte è una presenza costante nella concezione estetica pasoliniana. Ultimo, estremo tableau vivant, la morte, brutale, misteriosa, caravaggesca del regista, quel 2 novembre 1975, in un campetto sterrato di Ostia Scalo.
Durante la mostra - che si avvale del patrocinio e della collaborazione del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia (PN) e del Centro Studi- Archivio Pier Paolo Pasolini presso la Fondazione Cineteca di Bologna - sarà proiettato il documentario Pasolini cultura e società (1967) di Carlo Di Carlo, frutto della collaborazione con la Fondazione AAMOD. L’esposizione sarà aperta dal martedì al venerdì dalle 10 alle 18, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19 (la biglietteria chiude un'ora prima).
Leggi anche:
• Corrispondenze sul filo del contemporaneo: Caravaggio, Burri, Pasolini
• Alla Magnani Rocca un viaggio tra i sogni a colori di Mirò
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Queste “corrispondenze” lo accomunano a Luigi Magnani che visse a Roma nello stesso periodo di Pasolini e che del poeta-regista possedeva le pubblicazioni.

La facciata dell’edificio che ospita la Fondazione Magnani Rocca a Mamiano (Parma)
Nella sontuosa Villa di Mamiano di Traversetolo (Parma), dimora dell’intellettuale illuminato, la Fondazione Magnani-Rocca, dall’11 settembre al 12 dicembre dedica un focus al regista bolognese, con una mostra che pone sotto i riflettori i riferimenti artistici ed estetici nei film di Pasolini. Il poeta fu egli stesso pittore per tutta la vita. Parte da qui, in occasione del centenario della nascita, avvenuta il 5 marzo 1922, il progetto a cura di Stefano Roffi e Mauro Carrera, dal titolo Pier Paolo Pasolini. Fotogrammi di pittura, un viaggio tra lunghi primi piani e influssi artistici, a carpire l'enfasi sulla ieraticità dei volti (di attori presi il più delle volte dalla strada) e la ricostruzione di autentici tableaux vivants.
Nella villa di Luigi Magnani i costumi sontuosi realizzati per i film, in prestito dallo CSAC - Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma, che abbracciarono i corpi di attrici celebri, come Silvana Mangano, affiancano le locandine originali dei film che destarono scandalo e ancora rare fotografie d’epoca, oltre alla galleria fotografica delle opere d’arte che Pasolini ebbe come riferimento, in accostamento alle scene tratte dai suoi lavori.
Se in Accattone (1961) si fa evidente l’influenza dello studioso e critico d’arte Roberto Longhi, del quale Pasolini fu allievo all’Università di Bologna, e delle sue lezioni sul Romanico, Masaccio e Caravaggio, in Mamma Roma (1962), la drammatica immagine finale del ragazzo, sconvolto dalla rivelazione del “mestiere” della madre, morente e legato nell’infermeria della prigione, riprende il Cristo morto (1485) di Andrea Mantegna, in una evidente sovrapposizione del sacrificio di Cristo con le sofferenze dei miseri.

Andrea Mantegna, Cristo Morto, 1475 - 1478 circa, Pinacoteca di Brera, Milano
Ne La ricotta, episodio da RoGoPaG (1963), Pasolini ricostruisce a tableau vivant, attraverso i dettami di Orson Welles, due opere di manieristi toscani: la monumentale Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino (1521) e l’altrettanto imponente pala, di analogo soggetto, del Pontormo (1526-1528). Gli echi della pittura - in particolare di Piero della Francesca e di Francis Bacon - esplodono ne Il Vangelo secondo Matteo (1964), in Teorema (1968) e ancora nel Decameron (1971) con il regista che dichiara il suo debito verso Giotto e Velázquez. Fino allo scandaloso quanto lucidissimo e profetico Salò o le 120 giornate di Sodoma la grande arte è una presenza costante nella concezione estetica pasoliniana. Ultimo, estremo tableau vivant, la morte, brutale, misteriosa, caravaggesca del regista, quel 2 novembre 1975, in un campetto sterrato di Ostia Scalo.
Durante la mostra - che si avvale del patrocinio e della collaborazione del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia (PN) e del Centro Studi- Archivio Pier Paolo Pasolini presso la Fondazione Cineteca di Bologna - sarà proiettato il documentario Pasolini cultura e società (1967) di Carlo Di Carlo, frutto della collaborazione con la Fondazione AAMOD. L’esposizione sarà aperta dal martedì al venerdì dalle 10 alle 18, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19 (la biglietteria chiude un'ora prima).

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