I dettagli della scoperta

Ritrovato in Aspromonte il muro che fermò Spartaco?

© Parco Nazionale dell’Aspromonte
 

Francesca Grego

23/07/2024

Reggio Calabria - Mimetizzate sotto un verde manto di muschio hanno attraversato quasi duemila anni di storia senza suscitare sospetti. Ma ora per i resti delle imponenti mura che correvano nei boschi del Dossone della Melia, tra le montagne dell’Aspromonte, è arrivato il momento della verità. A svelarne la possibile origine sono le armi romane di epoca tardo repubblicana ritrovate nei pressi, durante recenti indagini condotte dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città Metropolitana di Reggio Calabria e la provincia di Vibo Valentia in collaborazione con il Parco Nazionale dell’Aspromonte. Secondo gli archeologi si tratterebbe delle rovine delle fortificazioni erette nel 72 a.C. dal console Licinio Crasso per intrappolare i ribelli guidati da Spartaco, impedendo loro l’accesso ai rifornimenti. Lo storico Plutarco narra che “in poco tempo” i Romani scavarono “sull’istmo da mare a mare” una trincea lunga 330 stadi, larga e profonda 15 piedi, affiancata da un muro “di mirabile altezza e solidità”.  Immersa nel folto del bosco, ancora oggi la struttura attraversa ripidi dislivelli, per poi allungarsi su un pianoro e superare un torrente, percorrendo circa tre chilometri. 


Aspromonte, antiche mura romane I Courtesy Ministero della Cultura

“Sono pochi i casi in cui l’indagine archeologica riesce a fornire elementi tali da consentire l’immediata identificazione di quanto rinvenuto con siti o addirittura specifici monumenti citati dalle fonti antiche”, osserva il Direttore Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio Luigi La Rocca: “Più spesso questa costituisce occasione di nuove conoscenze, consente aggiornamenti e nuove letture, spinge alla costruzione di nuove ipotesi e di diverse interpretazioni di contesti già noti. È il caso della possente struttura muraria situata in prossimità del Passo di Cancelo, all’interno del territorio del comune di Ciminà (Reggio Calabria), nota da tempo agli escursionisti che percorrono i sentieri dell’Aspromonte, di cui ora si può proporre l’identificazione con il muro di sbarramento ‘da mare a mare’, dallo Ionio al Tirreno, fatto costruire da Marco Licinio Crasso nel 72 a.C. per impedire a Spartaco di procurarsi i rifornimenti necessari per sopravvivere al rigido inverno negli altopiani calabresi sui quali i ribelli, non essendo riusciti a passare in Sicilia, dovettero acquartierarsi”. 
L’avventura di Spartaco si concluse nel Bruzio. Sconfitto per due volte da Crasso, dopo aver tentato senza successo di attraversare lo Stretto di Messina per portare la rivolta in Sicilia, lo schiavo ribelle fu costretto a rifugiarsi con il suo esercito tra le montagne calabresi, dove fu nuovamente sconfitto e dove trovò la morte in battaglia. 

Testimoni di un episodio diventato leggenda sono oggi armi e oggetti metallici ritrovati in prossimità delle fortificazioni: lame e punte di lancia risalenti al II-I secolo a.C., il pomolo di una spada e l’impugnatura di un’arma da taglio, ma soprattutto due esemplari di pilum, un giavellotto in dotazione alle legioni romane usato nei combattimenti a breve distanza. Le ricerche sul sito sono destinate a proseguire grazie a un accordo tra la Soprintendenza e il Ministero della Cultura: nuovi scavi avranno il compito di verificare l’ipotesi e portare alla luce ulteriori testimonianze.  


Aspromonte, antiche mura romane I Courtesy Ministero della Cultura