Fino al 22 febbraio a Roma
Alla Centrale Montemartini la Roma di Maria Barosso
Maria Barosso, Demolizione delle case in Via Cremona per gli scavi al Foro di Cesare, 1932, matita e acquerello su carta, Roma, Museo di Roma |
Foto: Alfredo Valeriani
Foto: Alfredo Valeriani
Samantha De Martin
17/10/2025
Roma - Era il 1905 quando l’artista e archeologa Maria Barosso arrivava presso la Direzione Generale Antichità e Belle Arti di Roma, in qualità di funzionaria, prima donna a ricoprire questa carica. Iniziando a lavorare con Giacomo Boni, allora direttore degli scavi del Foro Romano, aveva intrapreso un percorso professionale che l’aveva portata a essere testimone delle grandi trasformazioni urbanistiche della capitale. E come artista - archeologa si faceva ricordare per la sua accuratezza filologica, per il rigore scientifico nel documentare il patrimonio storico-archeologico.
Una mostra intitolata Maria Barosso, artista e archeologa nella Roma in trasformazione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta in collaborazione con Sapienza Università di Roma, presenta 137 opere, di cui circa un centinaio tra stampe, disegni, acquarelli e dipinti realizzati dall’artista.
Il progetto, a cura di Angela Maria D’Amelio, Maurizio Ficari, Manuela Gianandrea, Ilaria Miarelli Mariani, Domenico Palombi, con la collaborazione di Andrea Grazian ed Eleonora Tosti, racchiude lavori provenienti dai depositi della Sovrintendenza Capitolina, e in particolare dal Museo di Roma a Palazzo Braschi. Non mancano dipinti da collezioni private e altre prestigiose istituzioni, tra cui l’Archivio Storico del Museo Nazionale Romano presso Palazzo Altemps, il Parco Archeologico del Colosseo, il Vicariato di Roma e la Fondazione Camillo Caetani.

Maria Barosso, Sistemazioni stradali in fondo a via Cavour e facciata di Santa Maria in Macello Martyrum, 1932, matita e acquerello su carta Roma, Museo di Roma | Foto: Alfredo Valeriani
Le opere esposte sono un invito a ripercorre le tappe personali e professionali della pittrice e archeologa torinese. Le sezioni corrispondono ai luoghi della Roma in trasformazione ritratti nelle opere di Barosso,in dialogo con fotografie, documenti e manufatti storici.
Oltre a essere una raffinata testimonianza artistica, le sue opere rappresentano un archivio prezioso che restituisce la complessità di un’epoca in cui, per aprire nuove strade e piazze monumentali, si sacrificavano interi quartieri, chiese e palazzi.
Attraverso le tavole della Barosso il visitatore partecipa a episodi cruciali della vita di Roma, dallo sbancamento della Velia, collinetta che collegava Palatino ed Esquilino, alla sorprendente emersione, tra le macerie di largo Argentina, dei quattro templi repubblicani e della Curia di Pompeo, fino alla demolizione di case e chiese medievali lungo la nuova via del Mare. Grazie al percorso espositivo incontriamo il Compitum Acilium, esposto per la prima volta. Si tratta di un piccolo santuario dedicato ai Lari, rinvenuto nel maggio del 1932 durante lo sterro della Velia. Distrutto dalla fretta dei lavori, il monumento sopravvive proprio oggi proprio grazie ai disegni e agli acquerelli di Barosso, che trasformano un reperto perduto in memoria viva.

Maria Barosso, Chiesa di San Biagio a Ninfa, riproduzione di un affresco con figura di Santo, 1923, acquerello su cartoncino Roma, Museo di Roma
Chiude il percorso un gruppo di dipinti di Mario Mafai, Eva Quagliotto, Tina Tommasini, che, alla maniera di Maria Barosso, seppero restituire le tensioni di una città in bilico tra passato e modernità.
Ritroviamo i cambiamenti urbanistici che in pochi anni trasformarono in modo irreversibile la secolare immagine di Roma, occasione di riflessione sulla trasformazione storica e culturale della capitale e delle sue conseguenze.
Una mostra intitolata Maria Barosso, artista e archeologa nella Roma in trasformazione, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e prodotta in collaborazione con Sapienza Università di Roma, presenta 137 opere, di cui circa un centinaio tra stampe, disegni, acquarelli e dipinti realizzati dall’artista.
Il progetto, a cura di Angela Maria D’Amelio, Maurizio Ficari, Manuela Gianandrea, Ilaria Miarelli Mariani, Domenico Palombi, con la collaborazione di Andrea Grazian ed Eleonora Tosti, racchiude lavori provenienti dai depositi della Sovrintendenza Capitolina, e in particolare dal Museo di Roma a Palazzo Braschi. Non mancano dipinti da collezioni private e altre prestigiose istituzioni, tra cui l’Archivio Storico del Museo Nazionale Romano presso Palazzo Altemps, il Parco Archeologico del Colosseo, il Vicariato di Roma e la Fondazione Camillo Caetani.

Maria Barosso, Sistemazioni stradali in fondo a via Cavour e facciata di Santa Maria in Macello Martyrum, 1932, matita e acquerello su carta Roma, Museo di Roma | Foto: Alfredo Valeriani
Le opere esposte sono un invito a ripercorre le tappe personali e professionali della pittrice e archeologa torinese. Le sezioni corrispondono ai luoghi della Roma in trasformazione ritratti nelle opere di Barosso,in dialogo con fotografie, documenti e manufatti storici.
Oltre a essere una raffinata testimonianza artistica, le sue opere rappresentano un archivio prezioso che restituisce la complessità di un’epoca in cui, per aprire nuove strade e piazze monumentali, si sacrificavano interi quartieri, chiese e palazzi.
Attraverso le tavole della Barosso il visitatore partecipa a episodi cruciali della vita di Roma, dallo sbancamento della Velia, collinetta che collegava Palatino ed Esquilino, alla sorprendente emersione, tra le macerie di largo Argentina, dei quattro templi repubblicani e della Curia di Pompeo, fino alla demolizione di case e chiese medievali lungo la nuova via del Mare. Grazie al percorso espositivo incontriamo il Compitum Acilium, esposto per la prima volta. Si tratta di un piccolo santuario dedicato ai Lari, rinvenuto nel maggio del 1932 durante lo sterro della Velia. Distrutto dalla fretta dei lavori, il monumento sopravvive proprio oggi proprio grazie ai disegni e agli acquerelli di Barosso, che trasformano un reperto perduto in memoria viva.

Maria Barosso, Chiesa di San Biagio a Ninfa, riproduzione di un affresco con figura di Santo, 1923, acquerello su cartoncino Roma, Museo di Roma
Chiude il percorso un gruppo di dipinti di Mario Mafai, Eva Quagliotto, Tina Tommasini, che, alla maniera di Maria Barosso, seppero restituire le tensioni di una città in bilico tra passato e modernità.
Ritroviamo i cambiamenti urbanistici che in pochi anni trasformarono in modo irreversibile la secolare immagine di Roma, occasione di riflessione sulla trasformazione storica e culturale della capitale e delle sue conseguenze.
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