A Roma dal 27 settembre al 26 novembre
Bird Song: il Sudafrica di Kemang Wa Lehulere al MAXXI
Kemang Wa Lehulere, Broken Wing, 2016. Photo: Mathias Schormann © Kemang Wa Lehulere, courtesy STEVENSON Cape Town and Johannesburg
Samantha De Martin
27/09/2017
Roma - Accanto ai vecchi banchi di scuola convertiti in cassette per uccelli, alle eleborazioni tracciate con il gesso su lavagne nere, al pentagramma di capelli che richiamano le acconciature afro, omaggio all'identità nera e alla lotta per l'uguaglianza, c'è un Sudafrica moderno, in cerca di un'identità, assorto in un coraggioso dialogo con il passato, tra le opere di Kemang Wa Lehulere.
Il giovane artista di Cape Town, classe 1984, vincitore del premio Artista dell'anno 2017 - assegnato dalla Deutsche Bank a coloro che si sono distinti per la creatività del lavoro - presenta al MAXXI Bird Song, la sua prima mostra personale in Italia, «un canto di libertà cancellata e riconquistata, una sollecitazione a non dimenticare», come l'ha definita Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI.
Fino al 26 novembre le venti opere dell'artista sudafricano snocciolano tra le sale del Museo nazionale delle Arti del XXI secolo alcuni importanti temi, dalla storia, al tempo, al ruolo dell'artista nella società. Il progetto racconta il dialogo tra le opere di Wa Lehulere e quelle di Gladys Mgudlandlu, artista autodidatta e dimenticata, tra i primi neri ad esporre le proprie creazioni in una galleria del Sud Africa negli anni Sessanta. I suoi soggetti preferiti erano i paesaggi e gli uccelli, che le valsero il soprannome di Bird Lady.
Kemang Wa Lehulere - cresciuto a Gugulethu, nello stesso quartiere dell'artista - la ricorda anche attraverso l'aiuto di sua zia Sophia, che aveva visitato la casa della pittrice e conservava ancora il ricordo dei suoi murales.
Il progetto inaugurato alla Galleria di via Guido Reni, che si avvale di lavori su carta, sculture, video, fotografie e installazioni, è il frutto di questa ricerca “a due”, sulle tracce dei dipinti di Bird Lady. La serie Does this mirror have memory racchiude ad esempio alcune opere della Mgudlandlu ed eleborazioni disegnate con il gesso dall'artista insieme alla zia Sophia.
Ma è soprattutto la creazione di un dialogo tra il presente e il passato del Sud Africa, una riflessione sui meccanismi di oppressione, la denuncia delle deportazioni cui la popolazione nera venne costretta durante l'apartheid a costituire il filo conduttore della mostra al MAXXI.
Broken Wing è un'altra grande installazione che spicca nel percorso espositivo, realizzata con pezzi di vecchi banchi di scuola, stampelle mediche - simbolo ricorrente nel lavoro dell’artista, che allude alla perdita di qualcosa di autentico - e calchi di denti inseriti come morsetti a vite all’interno di Bibbie scritte nella lingua della tribù Xhosa. Un espediente utilizzato da Wa Lehulere per ribadire la sua reazione di fronte alle passate condizioni coloniali, elaborando la storia dell’attività missionaria e dell’espropriazione della terra nello stesso modo in cui la Bibbia affronta la Caduta dell’Uomo.
Non manca l'allusione alla musica in questo itinerario la cui forza risiede nelle questioni che solleva, relative alla storia, al tempo, alla fallibilità della memoria. Il titolo Bird song è infatti ripreso da una canzone jazz scritta per Miriam Makeba, la cantante sudafricana nota anche come Mama Afrika, famosa per il suo impegno politico contro il regime dell'apartheid.
In occasione della mostra, in edizione esclusiva, Kemang Wa Lehulere ha composto e registrato un album insieme al musicista Mandla Mlangeni. Lo spartito fa parte di un'opera composta da un pentagramma di capelli neri, allusione alle acconciature afro, omaggio alla musica, all’identità nera e alla lotta per la libertà e l’uguaglianza.
Il giovane artista di Cape Town, classe 1984, vincitore del premio Artista dell'anno 2017 - assegnato dalla Deutsche Bank a coloro che si sono distinti per la creatività del lavoro - presenta al MAXXI Bird Song, la sua prima mostra personale in Italia, «un canto di libertà cancellata e riconquistata, una sollecitazione a non dimenticare», come l'ha definita Giovanna Melandri, presidente della Fondazione MAXXI.
Fino al 26 novembre le venti opere dell'artista sudafricano snocciolano tra le sale del Museo nazionale delle Arti del XXI secolo alcuni importanti temi, dalla storia, al tempo, al ruolo dell'artista nella società. Il progetto racconta il dialogo tra le opere di Wa Lehulere e quelle di Gladys Mgudlandlu, artista autodidatta e dimenticata, tra i primi neri ad esporre le proprie creazioni in una galleria del Sud Africa negli anni Sessanta. I suoi soggetti preferiti erano i paesaggi e gli uccelli, che le valsero il soprannome di Bird Lady.
Kemang Wa Lehulere - cresciuto a Gugulethu, nello stesso quartiere dell'artista - la ricorda anche attraverso l'aiuto di sua zia Sophia, che aveva visitato la casa della pittrice e conservava ancora il ricordo dei suoi murales.
Il progetto inaugurato alla Galleria di via Guido Reni, che si avvale di lavori su carta, sculture, video, fotografie e installazioni, è il frutto di questa ricerca “a due”, sulle tracce dei dipinti di Bird Lady. La serie Does this mirror have memory racchiude ad esempio alcune opere della Mgudlandlu ed eleborazioni disegnate con il gesso dall'artista insieme alla zia Sophia.
Ma è soprattutto la creazione di un dialogo tra il presente e il passato del Sud Africa, una riflessione sui meccanismi di oppressione, la denuncia delle deportazioni cui la popolazione nera venne costretta durante l'apartheid a costituire il filo conduttore della mostra al MAXXI.
Broken Wing è un'altra grande installazione che spicca nel percorso espositivo, realizzata con pezzi di vecchi banchi di scuola, stampelle mediche - simbolo ricorrente nel lavoro dell’artista, che allude alla perdita di qualcosa di autentico - e calchi di denti inseriti come morsetti a vite all’interno di Bibbie scritte nella lingua della tribù Xhosa. Un espediente utilizzato da Wa Lehulere per ribadire la sua reazione di fronte alle passate condizioni coloniali, elaborando la storia dell’attività missionaria e dell’espropriazione della terra nello stesso modo in cui la Bibbia affronta la Caduta dell’Uomo.
Non manca l'allusione alla musica in questo itinerario la cui forza risiede nelle questioni che solleva, relative alla storia, al tempo, alla fallibilità della memoria. Il titolo Bird song è infatti ripreso da una canzone jazz scritta per Miriam Makeba, la cantante sudafricana nota anche come Mama Afrika, famosa per il suo impegno politico contro il regime dell'apartheid.
In occasione della mostra, in edizione esclusiva, Kemang Wa Lehulere ha composto e registrato un album insieme al musicista Mandla Mlangeni. Lo spartito fa parte di un'opera composta da un pentagramma di capelli neri, allusione alle acconciature afro, omaggio alla musica, all’identità nera e alla lotta per la libertà e l’uguaglianza.
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