12 Ottobre: giornata di studi La conservazione preventiva nei grandi musei
Come proteggere i musei dai turisti? Se ne discute ai Musei Vaticani
Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà
05/10/2018
Roma - Il difficile equilibrio tra valorizzazione e conservazione è al centro di una giornata di studi organizzata a Roma dai Musei Vaticani il prossimo 12 Ottobre e che vede riuniti sotto lo stesso tetto i pesi massimi del panorama museale mondiale.
Il tema è spinoso ed urgente e riguarda l’altra faccia della medaglia che si contrappone al grande successo che l’arte sta avendo in tutto il mondo grazie all’esplosione, inarrestabile, del turismo di massa.
Così assieme alla padrona di casa, la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta - sostenuta da un comité d’honneur di assoluto prestigio con il professor Salvatore Settis e il professor Antonio Paolucci, amatissimo ex direttore dei Vaticani in prima fila - si trovano a conversare per un giorno intorno alla tavola rotonda romana i direttori del Louvre, della National Gallery di Londra, dell’Hermitage di San Pietroburgo e del Getty Museum di Los Angeles.
Cinque istituzioni museali che da sole attraggono ogni anno oltre 25 milioni di visitatori, come ci ricordano le classifiche stilate da The Art Newspaper che mettono in fila il box office delle grandi sedi espositive del pianeta: il Louvre da solo conta per 8 milioni ed è saldamente in testa alla Top10 dei musei mondiali da oltre undici anni, come del resto sono consolidati i numeri dei Vaticani e della National Gallery che registrano da anni 6 milioni di ingressi ciascuno, o dell’Hermitage con i suoi 4 milioni. Numeri colossali, al cui confronto i circa 1.8 milioni di accessi segnati dal Getty Museum di Los Angeles potrebbero apparire, per un mero effetto ottico, quasi “poca cosa”.
A questi favolosi cinque, e non in ruolo comprimario, nella giornata del convegno romano si affiancheranno molti altri nomi prestigiosi. Come Miguel Falomir Faus, direttore del Prado di Madrid, Laurent Salomé, direttore del Museo di Versailles e Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, una eccellenza non solo italiana nel suo settore.
Esperienze a confronto
Ma al di là delle classifiche e delle Top10, che soddisfano solo in parte la comprensione del fenomeno, il tema appare chiaro. Fino a che punto il successo organizzativo registrato ogni giorno con migliaia di visitatori dai grandi musei mainstream del pianeta può e deve confrontarsi con le esigenze primarie di istituzioni la cui missione dovrebbe al tempo stesso essere quella indispensabile del conservare, mantenere, preservare tesori unici, insostituibili per il bene dell’intera umanità nei secoli dei secoli ?
La conservazione preventiva dei grandi patrimoni d’arte presenti nei maggiori musei del pianeta è problema complesso e che necessita un costante monitoraggio e la condivisione di esperienze che mettano a fattor comune le metodologie, organizzative e tecnologiche, che possano far fronte al grande stress della pressione antropica negli spazi espositivi museali.
Queste sono alcune delle domande che animeranno l’incontro del 12 Ottobre – reso possibile dal lavoro di Vittoria Cimino, responsabile dell’Ufficio del Conservatore dei Musei Vaticani e coordinatrice dell’iniziativa - rivolto sì al parterre degli “addetti ai lavori”, ma i cui contorni paiono di grande interesse per tutti quelli che hanno a cuore l’arte in Italia e nel mondo.
L’obiettivo è quello di mettere a fattor comune le best practice elaborate fin qui al fine di trovare nuove vie per la custodia, la gestione e la conservazione materiale di patrimoni così importanti e al tempo stesso fortemente esposti, in un’ottica che guardi al futuro e alle nuove generazioni. A tal proposito risulta quanto mai calzante il titolo dell’intervento di Mikhail Piotrovskiy, direttore del museo di San Pietroburgo: “Come proteggere l’Hermitage dai turisti?”.
Il Perseo di Canova, un esempio di conservazione preventiva di successo
Turisti sì. Ma anche altri atti naturali che possano mettere in pericolo la grande bellezza. Come ad esempio i terremoti. Tema ben compreso e non da oggi dagli organizzatori dei Musei Vaticani. Basti in tal senso ricordare intervento conservativo, realizzato ormai 15 anni or sono, su uno dei più bei capolavori ospitati nel Cortile Ottagono del Belvedere: quello sul basamento della scultura del Perseo realizzato dal genio sublime di Antonio Canova.
Quando nel 2004 si mise mano al restauro della splendida statua del maestro di Possagno – intervento reso indispensabile dall’imminente segno di cedimento del perno che reggeva la testa della Medusa – in quella occasione si dovette provvedere a smontare il basamento della statua per permettere l’inserimento al suo interno di un apposito macchinario antivibrazioni, capace di assorbire e neutralizzare eventuali scosse sismiche.
Un racconto raccolto di prima mano quest’estate da Alessandra Rodolfo, la curatrice del Reparto per l’Arte dei secoli XVII e XVIII e del Reparto Arazzi e Tessuti , che ha accompagnato ARTE.it e la troupe del nostro film documentario dedicato ad Antonio Canova (un film ora in pre-produzione e di cui vi terremo informati qui) in una visita dei Musei Vaticani incentrata sulla scoperta dei tesori canoviani nel grande museo d’oltretevere. Una visita di cui serbiamo ancora vivida memoria a qualche mese di distanza.
“La scultura del Perseo, capolavoro del genere eroico del maestro del Neoclassicismo, e il luogo nel quale è collocata hanno una lunga storia alle spalle, legata alla fondazione di uno dei primi musei al mondo – ci spiegò la Rodolfo - Il Cortile Ottagono del Belvedere in particolare è una delle prime architetture museali, così come lo è il Museo Pio Clementino che alla fine del Settecento era il secondo museo pubblico a Roma dopo i Musei Capitolini”
“Fino a quel momento – continuava - la collezione di statue antiche era ad esclusivo uso privato dei papi. A ospiti, a delegazioni diplomatiche dei vari stati europei e a pochi selezionati studiosi venivano occasionalmente presentati i capolavori custoditi all’interno degli edifici vaticani. I pontefici che si erano succeduti sapevano bene che la cultura poteva essere una solida base da cui far fiorire una utile conversazione politica. Era stato Papa Pio VI a fare dei Vaticani un vero e proprio museo, aperto al pubblico. Il primo nucleo dell’istituzione che conosciamo oggi fu costituito proprio a partire dalle collezioni di arte e di scultura antica che i pontefici avevano custodito gelosamente per secoli”.
Anche il Perseo del Canova, realizzato tra il 1800 e il 1801, ha una lunga storia alle proprie spalle. Inizialmente concepita per esser destinata al tribuno francese Onorato Duveyriez e in un secondo momento proposta al Governo Cisalpino per decorare il grandioso progetto del Foro Bonaparte di Milano, la statua - nel mutare degli scenari politici dell’epoca - finì per essere acquistata dal Pontefice Pio VII, al prezzo di 3.000 zecchini d’oro, una cifra considerevole per l’epoca, con l’obiettivo di esser collocata sul piedistallo lasciato spoglio dell’Apollo del Belvedere, che al tempo del Trattato di Tolentino era stato requisito e portato a Parigi delle truppe degli usurpatori napoleonici assieme a molti altri capolavori del Bel Paese.
Una statua che guardata con gli occhi di oggi sembra aver preconizzato la fine del Bonaparte conquistatore e il ritorno di quel tesoro trafugato di qua dalle Alpi nel 1816 per merito della sapiente opera anche diplomatica fortemente voluta dallo stesso Canova che si recò a Parigi per negoziarne la restituzione con i grandi del mondo.
Da allora a oggi, molta acqua è passata sotto i ponti. Il sistema dei Musei Vaticani è andato ampliandosi grandemente. Oggi oltre alle collezioni - più di 180.000 opere mobili - sono gli ambienti stessi, le cappelle, gli appartamenti rinascimentali dei papi, le gallerie decorate da affreschi celeberrimi a costituire lo scopo e l’obiettivo della visita di un pubblico che cresce per numero, se non per curiosità.
Questa è la ragione per cui da decenni si lavora al tema della conservazione preventiva. La strategia attuata dai Musei Vaticani affonda le proprie radici in una antica tradizione di tutela esercitata dai pontefici e nella pratica di cura del patrimonio che anticipa il concetto stesso di museo.
A sigillo del convegno del 12 Ottobre, rivolto ai direttori dei musei, ai ricercatori e agli studiosi (e che, va detto come nota, sarebbe stato bello poter quanto meno seguire su Internet in streaming) , sarà presentato il volume “The conservation of the Vatican Museums. A ten-year project completed”, recente versione inglese dell’omonimo volume in lingua italiana pubblicato da Musei Vaticani-Allemandi lo scorso anno. Un manuale che fotografa i programmi, i metodi e le attività di conservazione programmata in uso presso i Musei Vaticani e che a detta dei più esperti è considerato già una pietra miliare in questo ricercato ambito.
Il tema è spinoso ed urgente e riguarda l’altra faccia della medaglia che si contrappone al grande successo che l’arte sta avendo in tutto il mondo grazie all’esplosione, inarrestabile, del turismo di massa.
Così assieme alla padrona di casa, la direttrice dei Musei Vaticani Barbara Jatta - sostenuta da un comité d’honneur di assoluto prestigio con il professor Salvatore Settis e il professor Antonio Paolucci, amatissimo ex direttore dei Vaticani in prima fila - si trovano a conversare per un giorno intorno alla tavola rotonda romana i direttori del Louvre, della National Gallery di Londra, dell’Hermitage di San Pietroburgo e del Getty Museum di Los Angeles.
Cinque istituzioni museali che da sole attraggono ogni anno oltre 25 milioni di visitatori, come ci ricordano le classifiche stilate da The Art Newspaper che mettono in fila il box office delle grandi sedi espositive del pianeta: il Louvre da solo conta per 8 milioni ed è saldamente in testa alla Top10 dei musei mondiali da oltre undici anni, come del resto sono consolidati i numeri dei Vaticani e della National Gallery che registrano da anni 6 milioni di ingressi ciascuno, o dell’Hermitage con i suoi 4 milioni. Numeri colossali, al cui confronto i circa 1.8 milioni di accessi segnati dal Getty Museum di Los Angeles potrebbero apparire, per un mero effetto ottico, quasi “poca cosa”.
A questi favolosi cinque, e non in ruolo comprimario, nella giornata del convegno romano si affiancheranno molti altri nomi prestigiosi. Come Miguel Falomir Faus, direttore del Prado di Madrid, Laurent Salomé, direttore del Museo di Versailles e Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, una eccellenza non solo italiana nel suo settore.
Esperienze a confronto
Ma al di là delle classifiche e delle Top10, che soddisfano solo in parte la comprensione del fenomeno, il tema appare chiaro. Fino a che punto il successo organizzativo registrato ogni giorno con migliaia di visitatori dai grandi musei mainstream del pianeta può e deve confrontarsi con le esigenze primarie di istituzioni la cui missione dovrebbe al tempo stesso essere quella indispensabile del conservare, mantenere, preservare tesori unici, insostituibili per il bene dell’intera umanità nei secoli dei secoli ?
La conservazione preventiva dei grandi patrimoni d’arte presenti nei maggiori musei del pianeta è problema complesso e che necessita un costante monitoraggio e la condivisione di esperienze che mettano a fattor comune le metodologie, organizzative e tecnologiche, che possano far fronte al grande stress della pressione antropica negli spazi espositivi museali.
Queste sono alcune delle domande che animeranno l’incontro del 12 Ottobre – reso possibile dal lavoro di Vittoria Cimino, responsabile dell’Ufficio del Conservatore dei Musei Vaticani e coordinatrice dell’iniziativa - rivolto sì al parterre degli “addetti ai lavori”, ma i cui contorni paiono di grande interesse per tutti quelli che hanno a cuore l’arte in Italia e nel mondo.
L’obiettivo è quello di mettere a fattor comune le best practice elaborate fin qui al fine di trovare nuove vie per la custodia, la gestione e la conservazione materiale di patrimoni così importanti e al tempo stesso fortemente esposti, in un’ottica che guardi al futuro e alle nuove generazioni. A tal proposito risulta quanto mai calzante il titolo dell’intervento di Mikhail Piotrovskiy, direttore del museo di San Pietroburgo: “Come proteggere l’Hermitage dai turisti?”.
Il Perseo di Canova, un esempio di conservazione preventiva di successo
Turisti sì. Ma anche altri atti naturali che possano mettere in pericolo la grande bellezza. Come ad esempio i terremoti. Tema ben compreso e non da oggi dagli organizzatori dei Musei Vaticani. Basti in tal senso ricordare intervento conservativo, realizzato ormai 15 anni or sono, su uno dei più bei capolavori ospitati nel Cortile Ottagono del Belvedere: quello sul basamento della scultura del Perseo realizzato dal genio sublime di Antonio Canova.
Quando nel 2004 si mise mano al restauro della splendida statua del maestro di Possagno – intervento reso indispensabile dall’imminente segno di cedimento del perno che reggeva la testa della Medusa – in quella occasione si dovette provvedere a smontare il basamento della statua per permettere l’inserimento al suo interno di un apposito macchinario antivibrazioni, capace di assorbire e neutralizzare eventuali scosse sismiche.
Un racconto raccolto di prima mano quest’estate da Alessandra Rodolfo, la curatrice del Reparto per l’Arte dei secoli XVII e XVIII e del Reparto Arazzi e Tessuti , che ha accompagnato ARTE.it e la troupe del nostro film documentario dedicato ad Antonio Canova (un film ora in pre-produzione e di cui vi terremo informati qui) in una visita dei Musei Vaticani incentrata sulla scoperta dei tesori canoviani nel grande museo d’oltretevere. Una visita di cui serbiamo ancora vivida memoria a qualche mese di distanza.
“La scultura del Perseo, capolavoro del genere eroico del maestro del Neoclassicismo, e il luogo nel quale è collocata hanno una lunga storia alle spalle, legata alla fondazione di uno dei primi musei al mondo – ci spiegò la Rodolfo - Il Cortile Ottagono del Belvedere in particolare è una delle prime architetture museali, così come lo è il Museo Pio Clementino che alla fine del Settecento era il secondo museo pubblico a Roma dopo i Musei Capitolini”
“Fino a quel momento – continuava - la collezione di statue antiche era ad esclusivo uso privato dei papi. A ospiti, a delegazioni diplomatiche dei vari stati europei e a pochi selezionati studiosi venivano occasionalmente presentati i capolavori custoditi all’interno degli edifici vaticani. I pontefici che si erano succeduti sapevano bene che la cultura poteva essere una solida base da cui far fiorire una utile conversazione politica. Era stato Papa Pio VI a fare dei Vaticani un vero e proprio museo, aperto al pubblico. Il primo nucleo dell’istituzione che conosciamo oggi fu costituito proprio a partire dalle collezioni di arte e di scultura antica che i pontefici avevano custodito gelosamente per secoli”.
Anche il Perseo del Canova, realizzato tra il 1800 e il 1801, ha una lunga storia alle proprie spalle. Inizialmente concepita per esser destinata al tribuno francese Onorato Duveyriez e in un secondo momento proposta al Governo Cisalpino per decorare il grandioso progetto del Foro Bonaparte di Milano, la statua - nel mutare degli scenari politici dell’epoca - finì per essere acquistata dal Pontefice Pio VII, al prezzo di 3.000 zecchini d’oro, una cifra considerevole per l’epoca, con l’obiettivo di esser collocata sul piedistallo lasciato spoglio dell’Apollo del Belvedere, che al tempo del Trattato di Tolentino era stato requisito e portato a Parigi delle truppe degli usurpatori napoleonici assieme a molti altri capolavori del Bel Paese.
Una statua che guardata con gli occhi di oggi sembra aver preconizzato la fine del Bonaparte conquistatore e il ritorno di quel tesoro trafugato di qua dalle Alpi nel 1816 per merito della sapiente opera anche diplomatica fortemente voluta dallo stesso Canova che si recò a Parigi per negoziarne la restituzione con i grandi del mondo.
Da allora a oggi, molta acqua è passata sotto i ponti. Il sistema dei Musei Vaticani è andato ampliandosi grandemente. Oggi oltre alle collezioni - più di 180.000 opere mobili - sono gli ambienti stessi, le cappelle, gli appartamenti rinascimentali dei papi, le gallerie decorate da affreschi celeberrimi a costituire lo scopo e l’obiettivo della visita di un pubblico che cresce per numero, se non per curiosità.
Questa è la ragione per cui da decenni si lavora al tema della conservazione preventiva. La strategia attuata dai Musei Vaticani affonda le proprie radici in una antica tradizione di tutela esercitata dai pontefici e nella pratica di cura del patrimonio che anticipa il concetto stesso di museo.
A sigillo del convegno del 12 Ottobre, rivolto ai direttori dei musei, ai ricercatori e agli studiosi (e che, va detto come nota, sarebbe stato bello poter quanto meno seguire su Internet in streaming) , sarà presentato il volume “The conservation of the Vatican Museums. A ten-year project completed”, recente versione inglese dell’omonimo volume in lingua italiana pubblicato da Musei Vaticani-Allemandi lo scorso anno. Un manuale che fotografa i programmi, i metodi e le attività di conservazione programmata in uso presso i Musei Vaticani e che a detta dei più esperti è considerato già una pietra miliare in questo ricercato ambito.
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