Dal 4 aprile a Palazzo Caffarelli, nuova sede dei Musei Capitolini
Ecco i Torlonia Marbles: vita, morte e miracoli di una collezione segreta da 200 anni
Collezione Torlonia, Invito alla danza. Credits Fondazione Torlonia, PH Lorenzo De Masi
Francesca Grego
21/10/2019
Roma - Il conto alla rovescia è ufficialmente iniziato: tra cinque mesi una delle più importanti collezioni di scultura antica del pianeta si svelerà finalmente al pubblico. Dal 4 aprile 2020 The Torlonia Marbles. Collecting Masterpieces porterà nella nuova sede espositiva dei Musei Capitolini a Palazzo Caffarelli 96 preziose opere fresche di restauro. È solo la prima tappa di un progetto decisamente ambizioso, frutto di un accordo siglato nel 2016 dal Mibac con la Fondazione Torlonia. Dopo la mostra romana i marmi partiranno alla volta di un tour internazionale per il quale, ha rivelato il ministro Dario Franceschini durante la presentazione di venerdì 18 a Palazzo Corsini, sono già arrivate richieste da alcuni tra i più prestigiosi musei del mondo. Infine l’intera raccolta troverà una collocazione permanente con l’apertura a Roma del Museo Torlonia: Ministero, Comune e Soprintendenza sono al lavoro con la Fondazione per individuare in tempi brevi la sede adatta per offrire alla fruizione pubblica i 620 pezzi catalogati della collezione.
Nel frattempo prosegue il restauro delle meraviglie messe insieme dai principi di Roma Vecchia a partire dagli inizi dell’Ottocento. A sostenere i costi degli interventi è il Gruppo Bulgari, che dopo aver restituito all’antico splendore le statue in viaggio verso il Campidoglio, sponsorizzerà anche la prima mostra (ce n’è già una seconda in cantiere, si lascia sfuggire il CEO di Bulgari Jean-Christophe Babin, ma per il momento i dettagli sono top secret) e il restauro delle opere da esporre al museo. Da tempo impegnata nella salvaguardia del patrimonio artistico e culturale italiano, la maison di origine greca - oggi parte del Gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy – nutre un interesse speciale per l’arte della Città Eterna: “un’inesauribile fonte di ispirazione, polo di un dialogo creativo costante fatto di citazioni e suggestioni, grazie al quale molti dettagli delle bellezze di Roma sono entrati nel design dei gioielli Bulgari”, ha spiegato Babin.
La mostra
Curata da Salvatore Settis e Carlo Gasparri, archeologi e accademici dei Lincei, The Torlonia Marbles non offrirà ai visitatori soltanto una galleria di pezzi straordinari, ma anche un punto di osservazione privilegiato sulla storia del collezionismo di antichità in Italia. Non a caso, grazie alla semplice apertura di una porta, il suo percorso terminerà nell’Esedra di Marco Aurelio ai Musei Capitolini, adiacenti a Palazzo Caffarelli, in un ideale ricongiungimento tra le strade del collezionismo privato e la nascita dell’istituzione museo.
A curare l’allestimento è lo studio David Chipperfield Architects di Milano, forte di un intenso dialogo con i curatori. Scelti tra i pezzi più rappresentativi della raccolta, i 96 marmi metteranno in scena un viaggio a ritroso nel passato della Collezione Torlonia. Tra le sezioni più originali spicca quella dedicata ai ritratti, impressionante campionario di busti maschili e femminili che ci trasporta per le strade di Roma Antica: dai lineamenti delicati della Fanciulla di Vulci a quelli pittoreschi di Eutidemo di Bactriana e del Vecchio di Otricoli, da Adriano e Antinoo alla nobile Giulia Titi, la cui acconciatura sembra una moderna parrucca. E poi le figure intere del Diadumenos di Policleto, l’Atleta Amelung, la bella Eirene con il bambino in braccio, la Venere Cesarini, l’Hestia e l’ Atena Giustiniani, fino a elaborati sarcofagi in marmo greco adorni da statue e rilievi.
“Collezione di collezioni”, l’insieme dei marmi Torlonia ha preso forma nel tempo grazie ad acquisizioni da antiche e importanti raccolte italiane: i visitatori della mostra potranno seguirne i passaggi principali sezione dopo sezione, fino alla nascita del Museo di Scultura Antica che il principe Alessandro creò nel 1875 riadattando un vecchio magazzino di granaglie su via della Lungara, per mostrare i propri tesori a piccoli gruppi di cultori.
Palazzo Caffarelli
The Torlonia Marbles sarà una doppia rivelazione. Per l’occasione saranno infatti inaugurati i nuovi spazi espositivi di Palazzo Caffarelli, chiuso da oltre 50 anni e dal 2020 nel percorso dei Musei Capitolini: un luogo dalla storia affascinante quanto travagliata, a causa della presenza sotto le sue fondamenta dei resti dell’antico Tempio di Giove al Campidoglio.
Storica residenza della nobile famiglia romana dei Caffarelli, nel XIX secolo l’edificio divenne sede dell’Ambasciata di Prussia presso lo Stato Pontificio e poi della prima chiesa evangelica protestante della capitale. Al termine della Grande Guerra il palazzo fu espropriato dallo Stato e ceduto al Comune di Roma. E qui iniziarono le traversie. La presenza delle rovine all’interno del giardino suggerì l’idea di un grande parco pubblico da realizzare previa demolizione dell’edificio. Ma gli scavi condotti tra il 1919 e il 1920 non diedero i risultati sperati: recuperando parte delle strutture, nel 1925 Palazzo Caffarelli diventò il Nuovo Museo di Scultura Antica, poi semplicemente Museo Nuovo.
La chiusura del ‘65 per lavori di manutenzione ha rischiato di diventare definitiva. La svolta è arrivata all’inizio del nuovo millennio con la ristrutturazione degli adiacenti Musei Capitolini, quando gli scavi condotti parallelamente al recupero del palazzo hanno portato alla luce nuovi elementi del Tempio di Giove.
L’ascesa dei Torlonia
Più di 600 sculture antiche, opere d’arte, immobili di immenso pregio e un potere che cresce a ritmi esponenziali nel corso del XIX secolo: dove nasce la fortuna dei Torlonia? Sfarzo e riservatezza convivono da sempre nel carattere di uno dei più giovani casati della nobiltà romana, ammantandone l’immagine di un alone leggendario. Non tutti sanno che il capostipite Marin Tourlonias, figlio di un agricoltore dell’Alvernia, giunse a Roma nel 1750 come cameriere particolare del cardinale Troiano Acquaviva d’Aragona. Ma a quanto pare il fiuto per gli affari era già nel DNA di famiglia: con la rendita ricevuta in eredità dal cardinale, Marin – che nel frattempo è diventato Marino Torlonia – mette su una fiorente azienda di tessuti e poi un piccolo banco di prestiti.
Tra l’occupazione napoleonica e il ritorno del potere pontificio, i Torlonia portano a termine fortunate speculazioni. La finanza internazionale è in un momento di grande cambiamento e a Roma sono in pochi a rendersene conto: molte gloriose famiglie della nobiltà capitolina cadono in disgrazia, offrendo opportunità insperate a chi è più fresco e rampante. Ma l’affare decisivo dei Torlonia si consuma nel 1831 e ha come controparte Pio VII in persona, che dopo la partenza dei francesi si è indebitato fino al collo per recuperare le proprietà espropriate. La situazione sembra senza via d’uscita quando Alessandro Torlonia accetta di intervenire: garantisce per il papa presso James e Charles Rotschild, rispettivamente capi di casa Rotschild a Parigi e a Napoli, che concedono al pontefice un prestito di tre milioni di scudi. I Torlonia ottengono in cambio terreni, incarichi e privilegi, ma soprattutto l’agognato titolo di Principi. Intanto in Europa impazza la passione per l’arte classica, con Roma come epicentro. E non c’è principe che si rispetti senza un’adeguata collezione di antichità.
Storia di una collezione
Grazie alle attività del banco sono già confluite nel patrimonio dei Torlonia la collezione dello scultore Bartolomeo Cavaceppi, celebre restauratore settecentesco di statuaria antica che possedeva testimonianze di alcune storiche raccolte romane (Pio da Carpi, Caetani, Cesarini), nonché 270 meraviglie appartenute al marchese Vincenzo Giustiniani, tra cui la preziosa statua di Hestia e la serie dei ritratti. Sull’Appia Antica, nel fondo Torlonia di Roma Vecchia, ora possono iniziare gli scavi: attorno alle rovine del ricco complesso di Villa dei Quintili, che il popolino identifica con l’Urbe imperiale e chiama “Statuario” perché pullula di sculture d’epoca, fervono le attività, come pure in altri terreni di famiglia. Un ulteriore carico di gioielli d’arte arriverà nel 1865 con l’acquisto di Villa Albani sulla Salaria, scrigno di un sogno cardinalizio diventato realtà con la consulenza di Winkelmann e Piranesi.
Circa 20 anni dopo Carlo Lodovico Visconti dedicherà alla Collezione Torlonia uno dei primi esempi di catalogo fotografico di arte antica, la cui versione originale è oggi conservata presso l’Ashmolean Library di Oxford: nell’apertura si parla di un “tesoro di erudizione e d’arte che non avrà mai forse nell’avvenire altra collezione che la pareggi”.
Ma tanta bellezza resta nell’ombra: l’accesso al palazzo della Lungara è un privilegio per pochi. Nel 1947 il celebre archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli, Direttore Generale delle Antichità e delle Arti capitoline, per visitarlo è costretto a travestirsi da spazzino. E a nulla valgono i tentativi dello Stato italiano di acquisire la collezione.
Dopo tre progetti museali caduti nel vuoto (nel 1963, nel 1991 e nel 1997), la morte del loro artefice - il principe Alessandro Torlonia - e una clamorosa controversia giudiziaria tra gli eredi, la vicenda sembra finalmente avviarsi verso l’epilogo. Non resta che attendere il primo atto, in una delle mostre più interessanti della prossima primavera.
Nel frattempo prosegue il restauro delle meraviglie messe insieme dai principi di Roma Vecchia a partire dagli inizi dell’Ottocento. A sostenere i costi degli interventi è il Gruppo Bulgari, che dopo aver restituito all’antico splendore le statue in viaggio verso il Campidoglio, sponsorizzerà anche la prima mostra (ce n’è già una seconda in cantiere, si lascia sfuggire il CEO di Bulgari Jean-Christophe Babin, ma per il momento i dettagli sono top secret) e il restauro delle opere da esporre al museo. Da tempo impegnata nella salvaguardia del patrimonio artistico e culturale italiano, la maison di origine greca - oggi parte del Gruppo Louis Vuitton Moët Hennessy – nutre un interesse speciale per l’arte della Città Eterna: “un’inesauribile fonte di ispirazione, polo di un dialogo creativo costante fatto di citazioni e suggestioni, grazie al quale molti dettagli delle bellezze di Roma sono entrati nel design dei gioielli Bulgari”, ha spiegato Babin.
La mostra
Curata da Salvatore Settis e Carlo Gasparri, archeologi e accademici dei Lincei, The Torlonia Marbles non offrirà ai visitatori soltanto una galleria di pezzi straordinari, ma anche un punto di osservazione privilegiato sulla storia del collezionismo di antichità in Italia. Non a caso, grazie alla semplice apertura di una porta, il suo percorso terminerà nell’Esedra di Marco Aurelio ai Musei Capitolini, adiacenti a Palazzo Caffarelli, in un ideale ricongiungimento tra le strade del collezionismo privato e la nascita dell’istituzione museo.
A curare l’allestimento è lo studio David Chipperfield Architects di Milano, forte di un intenso dialogo con i curatori. Scelti tra i pezzi più rappresentativi della raccolta, i 96 marmi metteranno in scena un viaggio a ritroso nel passato della Collezione Torlonia. Tra le sezioni più originali spicca quella dedicata ai ritratti, impressionante campionario di busti maschili e femminili che ci trasporta per le strade di Roma Antica: dai lineamenti delicati della Fanciulla di Vulci a quelli pittoreschi di Eutidemo di Bactriana e del Vecchio di Otricoli, da Adriano e Antinoo alla nobile Giulia Titi, la cui acconciatura sembra una moderna parrucca. E poi le figure intere del Diadumenos di Policleto, l’Atleta Amelung, la bella Eirene con il bambino in braccio, la Venere Cesarini, l’Hestia e l’ Atena Giustiniani, fino a elaborati sarcofagi in marmo greco adorni da statue e rilievi.
“Collezione di collezioni”, l’insieme dei marmi Torlonia ha preso forma nel tempo grazie ad acquisizioni da antiche e importanti raccolte italiane: i visitatori della mostra potranno seguirne i passaggi principali sezione dopo sezione, fino alla nascita del Museo di Scultura Antica che il principe Alessandro creò nel 1875 riadattando un vecchio magazzino di granaglie su via della Lungara, per mostrare i propri tesori a piccoli gruppi di cultori.
Palazzo Caffarelli
The Torlonia Marbles sarà una doppia rivelazione. Per l’occasione saranno infatti inaugurati i nuovi spazi espositivi di Palazzo Caffarelli, chiuso da oltre 50 anni e dal 2020 nel percorso dei Musei Capitolini: un luogo dalla storia affascinante quanto travagliata, a causa della presenza sotto le sue fondamenta dei resti dell’antico Tempio di Giove al Campidoglio.
Storica residenza della nobile famiglia romana dei Caffarelli, nel XIX secolo l’edificio divenne sede dell’Ambasciata di Prussia presso lo Stato Pontificio e poi della prima chiesa evangelica protestante della capitale. Al termine della Grande Guerra il palazzo fu espropriato dallo Stato e ceduto al Comune di Roma. E qui iniziarono le traversie. La presenza delle rovine all’interno del giardino suggerì l’idea di un grande parco pubblico da realizzare previa demolizione dell’edificio. Ma gli scavi condotti tra il 1919 e il 1920 non diedero i risultati sperati: recuperando parte delle strutture, nel 1925 Palazzo Caffarelli diventò il Nuovo Museo di Scultura Antica, poi semplicemente Museo Nuovo.
La chiusura del ‘65 per lavori di manutenzione ha rischiato di diventare definitiva. La svolta è arrivata all’inizio del nuovo millennio con la ristrutturazione degli adiacenti Musei Capitolini, quando gli scavi condotti parallelamente al recupero del palazzo hanno portato alla luce nuovi elementi del Tempio di Giove.
L’ascesa dei Torlonia
Più di 600 sculture antiche, opere d’arte, immobili di immenso pregio e un potere che cresce a ritmi esponenziali nel corso del XIX secolo: dove nasce la fortuna dei Torlonia? Sfarzo e riservatezza convivono da sempre nel carattere di uno dei più giovani casati della nobiltà romana, ammantandone l’immagine di un alone leggendario. Non tutti sanno che il capostipite Marin Tourlonias, figlio di un agricoltore dell’Alvernia, giunse a Roma nel 1750 come cameriere particolare del cardinale Troiano Acquaviva d’Aragona. Ma a quanto pare il fiuto per gli affari era già nel DNA di famiglia: con la rendita ricevuta in eredità dal cardinale, Marin – che nel frattempo è diventato Marino Torlonia – mette su una fiorente azienda di tessuti e poi un piccolo banco di prestiti.
Tra l’occupazione napoleonica e il ritorno del potere pontificio, i Torlonia portano a termine fortunate speculazioni. La finanza internazionale è in un momento di grande cambiamento e a Roma sono in pochi a rendersene conto: molte gloriose famiglie della nobiltà capitolina cadono in disgrazia, offrendo opportunità insperate a chi è più fresco e rampante. Ma l’affare decisivo dei Torlonia si consuma nel 1831 e ha come controparte Pio VII in persona, che dopo la partenza dei francesi si è indebitato fino al collo per recuperare le proprietà espropriate. La situazione sembra senza via d’uscita quando Alessandro Torlonia accetta di intervenire: garantisce per il papa presso James e Charles Rotschild, rispettivamente capi di casa Rotschild a Parigi e a Napoli, che concedono al pontefice un prestito di tre milioni di scudi. I Torlonia ottengono in cambio terreni, incarichi e privilegi, ma soprattutto l’agognato titolo di Principi. Intanto in Europa impazza la passione per l’arte classica, con Roma come epicentro. E non c’è principe che si rispetti senza un’adeguata collezione di antichità.
Storia di una collezione
Grazie alle attività del banco sono già confluite nel patrimonio dei Torlonia la collezione dello scultore Bartolomeo Cavaceppi, celebre restauratore settecentesco di statuaria antica che possedeva testimonianze di alcune storiche raccolte romane (Pio da Carpi, Caetani, Cesarini), nonché 270 meraviglie appartenute al marchese Vincenzo Giustiniani, tra cui la preziosa statua di Hestia e la serie dei ritratti. Sull’Appia Antica, nel fondo Torlonia di Roma Vecchia, ora possono iniziare gli scavi: attorno alle rovine del ricco complesso di Villa dei Quintili, che il popolino identifica con l’Urbe imperiale e chiama “Statuario” perché pullula di sculture d’epoca, fervono le attività, come pure in altri terreni di famiglia. Un ulteriore carico di gioielli d’arte arriverà nel 1865 con l’acquisto di Villa Albani sulla Salaria, scrigno di un sogno cardinalizio diventato realtà con la consulenza di Winkelmann e Piranesi.
Circa 20 anni dopo Carlo Lodovico Visconti dedicherà alla Collezione Torlonia uno dei primi esempi di catalogo fotografico di arte antica, la cui versione originale è oggi conservata presso l’Ashmolean Library di Oxford: nell’apertura si parla di un “tesoro di erudizione e d’arte che non avrà mai forse nell’avvenire altra collezione che la pareggi”.
Ma tanta bellezza resta nell’ombra: l’accesso al palazzo della Lungara è un privilegio per pochi. Nel 1947 il celebre archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli, Direttore Generale delle Antichità e delle Arti capitoline, per visitarlo è costretto a travestirsi da spazzino. E a nulla valgono i tentativi dello Stato italiano di acquisire la collezione.
Dopo tre progetti museali caduti nel vuoto (nel 1963, nel 1991 e nel 1997), la morte del loro artefice - il principe Alessandro Torlonia - e una clamorosa controversia giudiziaria tra gli eredi, la vicenda sembra finalmente avviarsi verso l’epilogo. Non resta che attendere il primo atto, in una delle mostre più interessanti della prossima primavera.
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