A Roma dal 17 ottobre al 19 novembre

I volti degli schiavi senza nome nel ventre di Caracalla

Antonio Biasiucci, Molti, sotterranei delle Terme di Caracalla. Ph. By Caricchia-Giovinazzo © SSABAP
 

Samantha De Martin

17/10/2017

Roma - Volti di uomini e donne di etnie diverse, con gli occhi serrati e un’espressione distesa, sbucano dal ventre dell’antico complesso termale della Roma imperiale, invisibili ai passi di chi, tra bagni e passeggio assaporava già, in quel lontano 216 d.C., la vanitosa voluttà dell’ozio.
Dalle viscere oscure delle Terme di Caracalla, i Molti di Antonio Biasiucci, imprigionati in una cornice metallica ricoperta da un cristallo e adagiata direttamente sul pavimento, emergono come il simbolico omaggio a un’umanità presente e necessaria.

«Il cristallo su ogni cornice - spiega l’artista - allontana il volto dalla superficie, lo rende distante. Per scrutare al meglio la fisionomia, nella luce bassa che connota il luogo, bisogna inchinarsi come fosse una confessione, per scoprire il proprio volto che si affianca a quello dei personaggi. Nonostante io racconti una grande tragedia, le immagini mi restituiscono un senso di profonda dolcezza».

Con un’ espressione come scolpita da un sonno rassegnato ed infinito, questa silenziosa umanità dimenticata, avvolta da una serenità senza tempo, dona voce alle centinaia di schiavi e operai che lavoravano in questi spazi scuri sorvegliando i fuochi accesi per riscaldare l’acqua delle vasche per le terme, consentendone il funzionamento.

Biasiucci, casertano, classe 1961, omaggia queste anime mute, trasmettendo loro la dignità del ritratto - un privilegio concesso nell’antichità esclusivamente alle classi più abbienti - conferendo l'opportunità di diventare testimoni anonimi dell’illustre passato di Roma. E per farlo sceglie un luogo speciale.
«A differenza di una mostra in uno spazio museale - spiega l’artista - un’installazione è giocata sulla relazione tra opera e luogo che la ospita. È un rapporto forte e complesso, che ha a che vedere con lo spirito dei luoghi, che i romani chiamavano genius loci. L’opera trova un’empatia con lo spazio, una maniera di abitarlo».

Le immagini di Molti - in mostra fino al 19 novembre - sono state realizzate nel 2009, fotografando in bianco e nero i calchi realizzati dall’antropologo Lidio Cipriani negli anni Trenta in alcuni paesi del Nord Africa. In quell’occasione, la prima fonte di ispirazione per l’opera era stata la storia dei migranti dispersi nel nostro mare.
Nei sotterranei delle Terme di Caracalla, con i loro soffitti a volta, Molti – a cura di Ludovico Pratesi, promossa dalla Soprintendenza Speciale di Roma Archeologia Belle Arti Paesaggio con Electa - acquista un nuovo senso, rievocando un’umanità quieta e nascosta che, con il suo carico di suggestioni, “bisbiglia” alla mente del visitatore.
È qui, in questo spazio incantato che, prima della costruzione delle grandi Terme della dinastia dei Severi, si credeva abitato da ninfe acquatiche, che prosegue, insieme al Terzo paradiso e alla Mela reintegrata di Michelangelo Pistoletto, il dialogo fruttuoso tra antico e contemporaneità.

La mostra di Biasiucci - molte delle cui opere fanno parte della collezione permanente di musei e istituzioni italiane e straniere, dal MAXXI di Roma al Musée de l’Elysée di Losanna - sarà aperta dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 18.30 - fino al 28 ottobre - e dalle 9 alle 16.30 dal 29 ottobre al 19 novembre.

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