Le opere di Perugino, Botticelli e Ghirlandaio

La Sistina prima di Michelangelo: i capolavori del Quattrocento

Giudizio Universale. Michelangelo e i segreti della Cappella Sistina
 

Samantha De Martin

28/05/2018

Roma - Quando nella sala dell’Auditorium della Conciliazione inizia a comporsi la teoria di affreschi quattrocenteschi che precedono l’intervento di Michelangelo all’interno della Cappella Sistina, si intuisce perchéGiudizio Universale. Michelangelo and the Secrets of the Sistine Chapel sia molto più di un sorprendente show.

Lo spettacolo ideato da Marco Balich - prodotto da Artainment Worldwide Shows con la consulenza scientifica dei Musei Vaticani, la co-regia di Lulu Helbek, le musiche di Sting e la voce del maestro affidata a Pierfrancesco Favino, in scena allAuditorium Conciliazione dallo scorso 15 marzo e in ben nove lingue - ci restituisce infatti una Cappella Sistina come non l’avremmo mai vista senza il contributo spettacolare della tecnologia.

E dove il tempo e gli illustri maestri, prima di Michelangelo hanno adagiato le loro mani sapienti, lo show cancella, ricostruisce, ricompone restituendoci gli interventi del Quattrocento così com’erano stati realizzati da Perugino, Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli, in un momento di grande magia ma anche di straordinario impatto didascalico.

Nel 1480 la Cappella Palatina del Palazzo Apostolico - la cui ricostruzione e decorazione fu voluta da papa Sisto IV nell’ambito degli interventi di recupero e monumentalizzazione del tessuto urbano di Roma - doveva essere già completata visto che, l’anno seguente, Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Cosimo Rosselli e Domenico Ghirlandaio, coadiuvati dalle rispettive botteghe e da alcuni più stretti collaboratori tra i quali Biagio di Antonio, Bartolomeo della Gatta e Luca Signorelli, decidevano di firmare un contratto con cui si impegnavano a dipingere le pareti con dipinti murali ad affresco. Ciascuno di loro, con l’aiuto, tra gli altri, di Pinturicchio, Piero di Cosimo e Bartolomeo della Gatta, affrescò uno dei quattro riquadri nella parete a destra dell'altare, per poi metter mano ad altri dieci riquadri, da ultimare entro il marzo dell'anno successivo.
Quando la Cappella dedicata all'Assunzione della Vergine Maria venne consacrata, il 15 agosto 1483, naturalmente non c’era ancora traccia dei capolavori di Michelangelo.

L’ambizioso progetto architettonico voluto dal papa, aveva infatti già preso corpo nel 1473, su disegno dell'architetto Baccio Pontelli. Nel 1477 - anno in cui fu avviata la costruzione con la supervisione ai lavori dell'architetto Giovannino de' Dolci - erano stati demoliti i resti di un sacello del XIII secolo, sfruttandone le fondazioni per il nuovo ambiente.
La decorazione pittorica venne avviata, nella parete dietro l'altare - oggi abbellita dal Giudizio - dal Perugino, il quale aveva già lavorato per il papa nella distrutta Cappella della Concezione nell'antica basilica di San Pietro in Vaticano.

Il programma generale della decorazione si articolava su tre registri.
Le Storie di Mosè, databili intorno al 1481-1482, correvano lungo la parete sud. Oggi il ciclo dell'Antico Testamento prende avvio dal Viaggio di Mosè in Egitto di Perugino e collaboratori, cui seguono alcuni fatti della vita di Mosè, il Passaggio del Mar Rosso di Cosimo Rosselli o del Ghirlandaio, la Consegna delle Tavole della Legge, l'Adorazione del vitello d'oro, la Punizione degli ebrei idolatri e il ritorno del Profeta con le nuove Tavole della Legge. E ancora scorrono la Punizione di Core, Datan e Abiram, Testamento e morte di Mosè, la Discesa dal Monte Sinai, attribuito a Cosimo Rosselli e a Piero di Cosimo e il Testamento e morte di Mosè di Luca Signorelli e Bartolomeo della Gatta.
A ciascun riquadro delle storie corrisponde, nella fascia inferiore, un finto tendaggio con le imprese di Sisto IV.

La serie dei Pontefici si snodava lungo tutte le pareti della Cappella a partire da quella dell'altare, in cui al centro figuravano Cristo e il primo papa Pietro, oltre a Lino e Cleto. Le quattro figure andarono perdute allorché Michelangelo nel 1536 dipinse su questa parete il suo Giudizio Universale.

Nella parete ovest, in corrispondenza dell’altare, dove attualmente campeggia l’armonioso caleidoscopio di figure e colori del Giudizio, si potevano invece ammirare la Nascita e il Ritrovamento di Mosè del Perugino, di cui oggi non resta traccia. L’affresco fu infatti coperto in seguito alla realizzazione del Giudizio Universale di Michelangelo e non ci sono copie o disegni - ed in tal senso lo show di Balich, nel ricostruirne la composizione colpisce nel segno - che ne descrivano ad oggi l’antico aspetto.
Sappiamo solo che Perugino, qualche anno dopo, si sarebbe ispirato proprio alla Natività di Cristo della Sistina per la scena centrale del Polittico Albani, oggi a Villa Torlonia. Tra le due scene figurava anche un altro affresco del Vannucci, che simulava una pala d’altare. Possiamo farci un’idea dell’opera perduta grazie a un disegno realizzato da un artista della bottega di Perugino, conservato a Vienna e che ritrae una Vergine Assunta in una mandorla circondata da schiere di cherubini e angeli musicanti.

Le Storie di Cristo, databili al 1481-1482 correvano invece lungo la parete nord. Gli episodi che l’osservatore può ancora oggi ammirare partono dal secondo riquadro che rappresenta il Battesimo realizzato dal Perugino, seguito dalle Tentazioni di Cristo, opera di Botticelli, e ancora la Purificazione del lebbroso, la Vocazione dei primi apostoli del Ghirlandaio, il Discorso della montagna attribuito a Cosimo Rosselli, fino alla Consegna delle chavi e all’ Ultima Cena di Rosselli. A chiudere il ciclo vi erano, sulla parete est d’ingresso, ma oggi non più visibili, la Resurrezione di Cristo e la Disputa sul corpo di Mosè. I due affreschi, in origine opera rispettivamente del Ghirlandaio e del Signorelli, furono distrutti in seguito al crollo dell'architrave della porta avvenuto nel 1522, per essere sostituiti durante il pontificato di Gregorio XIII da opere di identico soggetto eseguite da Hendrik van den Broeck e Matteo da Lecce.

Sulla volta - oggi abbellita con le Storie della Genesi e dell’Antico Testamento - campeggiava un cielo stellato dipinto da Pier Matteo d'Amelia. Lo show ideato da Marco Balich lo restituisce come doveva essere, facendolo brillare sopra le teste del pubblico.

All’epoca dell’esecuzione degli affreschi - iniziata nel 1481 e conclusasi nel 1482 - risalgono anche la transenna in marmo, la cantoria - fu infatti proprio papa Sisto IV a creare, poco dopo la sua elezione un Collegio dei Cappellani Cantori che accompagnava lo svolgimento delle cerimonie liturgiche - e lo stemma pontificio sopra la porta d’ingresso.

Durante i 60 minuti di pura esperienza emotiva, estetica e spirituale, il pubblico dello show ospitato all’Auditorium, spiazzato dalle sorprendenti proiezioni immersive e dagli spettacolari effetti scenici, può ammirare quello che c’era e che oggi non c’è più, cancellato dall’intervento di Michelangelo al quale Giulio II della Rovere aveva affidato il prestigioso incarico.
Il pubblico si guarda intorno, alza lo sguardo, applaude. Poi tutto scompare, come inghiottito dalla potenza della mano immortale di Michelangelo.


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