Dal 9 febbraio al 9 maggio
Pompei, una storia romana in mostra al Colosseo
Pompei, una storia romana I Photo Alessia Cacciarelli
Francesca Grego
09/02/2021
Roma - Il rosso, il nero, l’oro. Tra le architetture del Colosseo i colori di Pompei annunciano un nuovo, grande racconto. Affreschi dall’antica città campana, statue, ritratti, fregi e mosaici sono pronti a narrare nella cornice dell’Anfiteatro Flavio la storia dei rapporti tra Pompei e Roma. Si fa presto, infatti, a dire “colonia”. Se è vero che il fiorente insediamento vesuviano subì il dominio politico e l’influenza culturale dell’antica Caput Mundi, è altrettanto innegabile che le sue sontuose vestigia permettono oggi di guardare al mondo romano come nessun altro sito. Parte da queste premesse la mostra Pompei 79 d.C. Una storia romana, al Colosseo dal 9 febbraio al 9 maggio.
Parete in stucco policromo, 62-79 d.C.; da Pompei, Casa di Meleagro, tablino 8, parete est (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9595) I Credits Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo / Museo Archeologico Nazionale, Napoli, fotografia di Luigi Spina
Curata dal grande archeologo Mario Torelli, recentemente scomparso, l’esposizione è anche un’occasione per conoscere e rendere omaggio a uno studioso appassionato, considerato il padre della nuova scuola archeologica italiana.
Sono circa 100 le opere selezionate per illustrare i legami tra l’Urbe e la sua colonia più famosa, selezionate all’interno delle collezioni del MANN di Napoli, dell’Antiquarium di Pompei, del Museo Nazionale Romano e di altri siti distribuiti tra Lazio e Campania. A renderne più potente la testimonianza, le installazioni di Maurizio di Puolo, che ha curato l’allestimento, e le invenzioni dell’artista e illustratore Lorenzo Mattotti, artefice dell’identità visiva della mostra. Se il festoso ritorno delle statue tra i fornici del Colosseo ci ricorda che l’Anfiteatro Flavio nasceva con l’imperatore Vespasiano proprio mentre ceneri e lapilli seppellivano Pompei, baliste e catapulte alludono agli assedi che la città campana subì dagli eserciti dell’Urbe e una nave carica di anfore celebra i commerci che arricchirono entrambe le città. Una parete dipinta, poi, riproduce a grandezza naturale gli straordinari finti marmi della Casa del Gianicolo, in un dialogo con gli affreschi pompeiani che ci parla di raffinatissimi artigiani, del gusto di un’epoca, dell’arte come status symbol.
Pompei, una storia romana. Photo Alessia Cacciarelli
Promossa dal Parco Archeologico del Colosseo in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Pompei e l’organizzazione di Electa, la mostra si sviluppa lungo un percorso in tre atti: l’alleanza tra Pompei e Roma, la trasformazione della prima in colonia dell’Urbe e il suo declino in seguito al terremoto del 62 d.C., fino alla distruzione che ce l’ha consegnata intatta, fissa nell’istante della catastrofe. Davanti agli occhi dei visitatori scorrono le vicende di quattro secoli alquanto movimentati: guerre, rivolte, assedi e conquiste, ma anche l’espansione dei commerci, le trasformazioni urbanistiche, l’arrivo di nuovi lussi, culti e costumi dall’Oriente, gli sviluppi dell’architettura e delle arti, le strategie di comunicazione di Augusto, la cultura e gli svaghi dell’aristocrazia, l’ascesa di nuovi ricchi di più umile origine.
Statua di Eumachia, fine del I sec. a.C. - inizi del I sec. d.C. Da Pompei, Edificio di Eumachia (Napoli, Museo Archeologico Nazionale) I Credits Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo / Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Archivio fotografico
Non tutti sanno che l’immagine di Pompei che il Vesuvio ha restituito alla storia è quella di una città faticosamente impegnata a risollevarsi da un terremoto tanto violento da svellere le statue del foro e, racconta Seneca, inghiottire un gregge di seicento pecore. Nessun edificio ne uscì indenne e la città divenne un immenso cantiere popolato di operai arrivati da fuori. Probabilmente è per soddisfare le loro esigenze che sorsero i tanti luoghi di ristoro (cauponae e thermopolia), soggiorno (hospitia) e svago (lupanaria) che oggi contraddistinguono l’abitato antico. Duemila anni dopo sappiamo che lo sforzo non fu vano, ma la mostra si chiude ineluttabilmente con i calchi di tre corpi travolti dall’eruzione: simboli della fine di una città, di una cultura, di un popolo.
Pompei, una storia romana. Photo Alessia Cacciarelli
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Parete in stucco policromo, 62-79 d.C.; da Pompei, Casa di Meleagro, tablino 8, parete est (Napoli, Museo Archeologico Nazionale, inv. 9595) I Credits Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo / Museo Archeologico Nazionale, Napoli, fotografia di Luigi Spina
Curata dal grande archeologo Mario Torelli, recentemente scomparso, l’esposizione è anche un’occasione per conoscere e rendere omaggio a uno studioso appassionato, considerato il padre della nuova scuola archeologica italiana.
Sono circa 100 le opere selezionate per illustrare i legami tra l’Urbe e la sua colonia più famosa, selezionate all’interno delle collezioni del MANN di Napoli, dell’Antiquarium di Pompei, del Museo Nazionale Romano e di altri siti distribuiti tra Lazio e Campania. A renderne più potente la testimonianza, le installazioni di Maurizio di Puolo, che ha curato l’allestimento, e le invenzioni dell’artista e illustratore Lorenzo Mattotti, artefice dell’identità visiva della mostra. Se il festoso ritorno delle statue tra i fornici del Colosseo ci ricorda che l’Anfiteatro Flavio nasceva con l’imperatore Vespasiano proprio mentre ceneri e lapilli seppellivano Pompei, baliste e catapulte alludono agli assedi che la città campana subì dagli eserciti dell’Urbe e una nave carica di anfore celebra i commerci che arricchirono entrambe le città. Una parete dipinta, poi, riproduce a grandezza naturale gli straordinari finti marmi della Casa del Gianicolo, in un dialogo con gli affreschi pompeiani che ci parla di raffinatissimi artigiani, del gusto di un’epoca, dell’arte come status symbol.
Pompei, una storia romana. Photo Alessia Cacciarelli
Promossa dal Parco Archeologico del Colosseo in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Pompei e l’organizzazione di Electa, la mostra si sviluppa lungo un percorso in tre atti: l’alleanza tra Pompei e Roma, la trasformazione della prima in colonia dell’Urbe e il suo declino in seguito al terremoto del 62 d.C., fino alla distruzione che ce l’ha consegnata intatta, fissa nell’istante della catastrofe. Davanti agli occhi dei visitatori scorrono le vicende di quattro secoli alquanto movimentati: guerre, rivolte, assedi e conquiste, ma anche l’espansione dei commerci, le trasformazioni urbanistiche, l’arrivo di nuovi lussi, culti e costumi dall’Oriente, gli sviluppi dell’architettura e delle arti, le strategie di comunicazione di Augusto, la cultura e gli svaghi dell’aristocrazia, l’ascesa di nuovi ricchi di più umile origine.
Statua di Eumachia, fine del I sec. a.C. - inizi del I sec. d.C. Da Pompei, Edificio di Eumachia (Napoli, Museo Archeologico Nazionale) I Credits Ministero per i Beni e le attività Culturali e per il Turismo / Museo Archeologico Nazionale, Napoli, Archivio fotografico
Non tutti sanno che l’immagine di Pompei che il Vesuvio ha restituito alla storia è quella di una città faticosamente impegnata a risollevarsi da un terremoto tanto violento da svellere le statue del foro e, racconta Seneca, inghiottire un gregge di seicento pecore. Nessun edificio ne uscì indenne e la città divenne un immenso cantiere popolato di operai arrivati da fuori. Probabilmente è per soddisfare le loro esigenze che sorsero i tanti luoghi di ristoro (cauponae e thermopolia), soggiorno (hospitia) e svago (lupanaria) che oggi contraddistinguono l’abitato antico. Duemila anni dopo sappiamo che lo sforzo non fu vano, ma la mostra si chiude ineluttabilmente con i calchi di tre corpi travolti dall’eruzione: simboli della fine di una città, di una cultura, di un popolo.
Pompei, una storia romana. Photo Alessia Cacciarelli
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