Fino al 30 luglio in una grande mostra
Urbano VIII, il papa che inventò il Barocco, torna in scena a Palazzo Barberini
L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini, Sala ovale, Palazzo Barberini: Gian Lorenzo Bernini, Busto di Urbano VIII | Foto: Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
Francesca Grego
20/03/2023
Roma - In principio furono tre tafani. Poi Maffeo Barberini, fresco di nomina cardinalizia, li sostituì con nobili e operose api all’interno dello stemma di famiglia. Fu la prima prova del talento pubblicitario del futuro Urbano VIII, il papa mecenate che fece di Roma la capitale del Barocco. A 400 anni dalla sua elezione al soglio pontificio, una grande mostra ne celebra la personalità e le imprese presso le Gallerie d’Arte Antica, in quel Palazzo Barberini alle Quattro Fontane che fu manifesto, palcoscenico e centro propulsore di una campagna di autopromozione attraverso la cultura senza precedenti.
Se nel corso del Seicento l’Urbe si arricchisce di palazzi, chiese, fontane e opere d'arte che ancora oggi ne segnano l’identità, lo dobbiamo all’ambizione dei Barberini. Se maestri come Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Pietro da Cortona, Caravaggio, Nicolas Poussin, Valentin de Boulogne lasceranno l'impronta in quel brulicante cantiere che è la Città Eterna in quest’epoca, sarà in conseguenza di quel connubio tra arte e potere che nacque dalla necessità di riaffermare l’universalità della Chiesa di Roma dopo lo scisma protestante. Il frutto di questo intreccio sarà una strategia di autorappresentazione talmente efficace e innovativa da essere d'esempio per Luigi XIV. Quella dei Barberini è un’impresa totale che coinvolge arti visive, architettura, teatro, poesia, scienza, filosofia, politica, dando vita a uno stile di comunicazione incredibilmente moderno, comprensibile a un pubblico ampio e variegato come mai prima.
L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini. Palazzo Barberini, Salone Pietro da Cortona. Foto Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
A cura di Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori e Sebastian Schütze, fino al prossimo 30 luglio L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini illustrerà questa straordinaria avventura in un allestimento altrettanto versatile, presentando oltre 80 opere provenienti dal museo e da più di 40 collezioni europee e statunitensi. Lungo il percorso troveremo capolavori di pittura e di scultura, che i Barberini usarono spesso come strumenti di diplomazia culturale, ma anche libri antichi, stampe, oggetti preziosi, la raffinatissima collezione antiquaria e i grandi arazzi della manifattura di famiglia. Oltre a Urbano VIII - un papa colto, abile, spregiudicato e controverso, capace di suscitare entusiasmi e ostilità in pari misura - incontreremo i suoi nipoti, i cardinali Francesco e Antonio e il principe Taddeo, collaboratori ed eredi di un progetto formidabile, e naturalmente i grandi protagonisti dell’arte nell’età del Barocco.
L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini. "Hic Dominus", Palazzo Barberini. Foto Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
“Questa mostra rappresenta l’apice di un percorso di ricerca durato molti anni, segnando un traguardo importante del percorso di confronto e di scambio con le istituzioni museali italiane e internazionali che ho perseguito fin dal mio insediamento”, spiega la direttrice delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica Flaminia Gennari Santori. L’esposizione “celebra lo splendore, le complessità e le molte ombre del pontificato più lungo del XVII secolo. La straordinaria macchina di propaganda e innovazione artistica creata da Urbano VIII e l’inestricabile intreccio tra politica e cultura al centro di ogni iniziativa messa in campo dal pontefice sono state le linee guida attorno alle quali abbiamo costruito la mostra. All’ombra dei Barberini il cinismo e le ragioni di stato e di famiglia sono inscindibili da un’autentica e visionaria passione per ogni campo della creazione, dall’architettura alla scienza, dal teatro alle arti visive. È un papato sul viale del tramonto quello di Urbano VIII, che tuttavia mette in atto progetti di grande respiro che avranno enorme influenza sulla cultura europea”
Michelangelo Merisi detto Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610), Sacrificio di Isacco. Olio su tela, 104 x 135 cm. Firenze, Gallerie degli Uffizi
Il Barocco, insomma, nasce a Roma con i Barberini. Dal piano terra del Palazzo alle Quattro Fontane fino alle sale monumentali del piano nobile - lo spettacolare Salone Pietro da Cortona, la Sala dei Marmi, la Sala del Trono, la Sala dei Paesaggi - 12 sezioni restituiscono un progetto ambizioso e complesso, che trasformò Roma nel faro del XVII secolo proprio a partire da queste stanze. Lungo la strada scopriamo la straordinaria collezione di casa, la passione dei Barberini per l’antichità, la curiosità verso la scienza moderna, ma anche i ritratti e le allegorie celebrative, l’arte come strumento di diplomazia, la “fabbrica dei santi” che riafferma l’egemonia universale della Chiesa romana e la proietta verso i continenti extra-europei.
Raffaello Sanzio, La Fornarina, 1520 circa. Olio su tavola, cm 87 x 63. Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica
Tra i gioielli disseminati lungo il percorso troveremo il Ritratto di Maffeo Barberini (collezione privata) e il Sacrificio di Isacco (Gallerie degli Uffizi) di Caravaggio, il San Sebastiano nella cloaca maxima di Ludovico Carracci (J. Paul Getty Museum), il Martirio di Sant’Erasmo (Musei Vaticani) e la Morte di Germanico (Minneapolis Institute of Art) di Nicolas Poussin, la Fornarina di Raffaello (Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma), il Pan disteso attribuito a Francesco da Sangallo il Giovane (Saint Louis Art Museum), ai quali si unirà da metà aprile la maestosa Allegoria di Roma di Valentin de Boulogne, in arrivo dall’Institutum Romanum Finlandiae.
Simon Vouet (Parigi 1590 - Parigi 1649), Angelo con la lancia della passione, 1626-1627. Olio su tela, 102 x 78 cm I Per gentile concessione del MIC - Museo e Real Bosco di Capodimonte
Imperdibile è il rivoluzionario Ritratto “parlante” di Urbano VIII realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1632-33, fonte di notevole stupore tra i contemporanei: “l’opera è concepita in modo tale che lo spettatore deve girarle attorno per cogliere appieno lo sguardo del pontefice”, spiega Flaminia Gennari Santori: “Per essere davvero apprezzato il ritratto deve animarsi e perché si animi è necessaria la nostra partecipazione attiva. Intimo e rituale al tempo stesso, l’Urbano di Bernini è la testimonianza esemplare della straordinaria efficacia, della colta immediatezza e della visionaria scaltrezza delle imprese concepite all’ombra dei Barberini”.
Palazzo Barberini, esterni. Foto Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
Di notevole interesse, infine, è il Teatro degli Stupori, la sezione dedicata a Palazzo Barberini, autentico palcoscenico del casato che, con lungimirante scaltrezza, i proprietari vollero “semi-pubblico”, ovvero accessibile con gli splendidi affreschi, le grandiose architetture, la sterminata collezione, “a qualsiasi persona presentabile che arrivasse all’ora appropriata”. Qui troviamo anche le testimonianze di una dimensione effimera, ma di fortissimo impatto: quella degli eventi urbani organizzati dalla famiglia, come l’imponente dipinto della Giostra del Saracino di Andrea Sacchi o il Carosello per l’ingresso di Cristina di Svezia di Pietro Gagliardi, entrambi in prestito dal Museo di Roma di Palazzo Braschi.
Ludovico Carracci (Bologna 1555 - Bologna 1619), San Sebastiano nella cloaca Maxima, 1612. Olio su tela, 167 x 233 cm. Los Angeles, The J. Paul Getty Museum
“Nel 1642 - racconta Gennari Santori - in occasione delle festività per il carnevale, nell’enorme teatro adiacente a palazzo Barberini alcune migliaia di persone si radunarono per assistere a una delle più stravaganti produzioni del già rutilante repertorio barberiniano: Il palazzo incantato di Atlante”, un vero e proprio kolossal ispirato all’Orlando Furioso con tanto di effetti speciali, che costò una cifra vertiginosa e contribuì a far precipitare la reputazione dei Barberini. “Urbano VIII regnava ormai da 18 anni e l’esercito pontificio era impegnato già da un anno nella guerra di Castro, un conflitto il cui patente scopo era sottrarre ai Farnese il ducato di Castro al fine di attribuirlo ai discendenti del pontefice”, continua la direttrice: “Due anni dopo, il 29 luglio 1644, il pontefice morì e poco dopo i suoi nipoti si rifugiarono in Francia; ben presto fecero ritorno a Roma e riacquistarono status e prestigio, ma la conclusione del pontificato Barberini fu imbarazzante tanto per la famiglia quanto per il papato. Come scrisse Giacinto Gigli nel suo Diario Romano, se soltanto avesse regnato qualche anno di meno Urbano VIII sarebbe stato considerato un grande pontefice anche dai suoi contemporanei. E senza dubbio lo fu, nonostante, o forse proprio in virtù delle contraddizioni del suo regno: gli anni del pontificato Barberini non furono soltanto un periodo di straordinario fermento culturale, ma segnarono uno snodo cruciale della storia europea”.
Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 – Roma 1680), Ritratto di papa Urbano VIII Barberini (dettaglio), 1632 ca. Marmo, 104 x 72 x 40 cm. Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica - Palazzo Barberini
Se nel corso del Seicento l’Urbe si arricchisce di palazzi, chiese, fontane e opere d'arte che ancora oggi ne segnano l’identità, lo dobbiamo all’ambizione dei Barberini. Se maestri come Gian Lorenzo Bernini, Francesco Borromini, Pietro da Cortona, Caravaggio, Nicolas Poussin, Valentin de Boulogne lasceranno l'impronta in quel brulicante cantiere che è la Città Eterna in quest’epoca, sarà in conseguenza di quel connubio tra arte e potere che nacque dalla necessità di riaffermare l’universalità della Chiesa di Roma dopo lo scisma protestante. Il frutto di questo intreccio sarà una strategia di autorappresentazione talmente efficace e innovativa da essere d'esempio per Luigi XIV. Quella dei Barberini è un’impresa totale che coinvolge arti visive, architettura, teatro, poesia, scienza, filosofia, politica, dando vita a uno stile di comunicazione incredibilmente moderno, comprensibile a un pubblico ampio e variegato come mai prima.
L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini. Palazzo Barberini, Salone Pietro da Cortona. Foto Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
A cura di Maurizia Cicconi, Flaminia Gennari Santori e Sebastian Schütze, fino al prossimo 30 luglio L’immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini illustrerà questa straordinaria avventura in un allestimento altrettanto versatile, presentando oltre 80 opere provenienti dal museo e da più di 40 collezioni europee e statunitensi. Lungo il percorso troveremo capolavori di pittura e di scultura, che i Barberini usarono spesso come strumenti di diplomazia culturale, ma anche libri antichi, stampe, oggetti preziosi, la raffinatissima collezione antiquaria e i grandi arazzi della manifattura di famiglia. Oltre a Urbano VIII - un papa colto, abile, spregiudicato e controverso, capace di suscitare entusiasmi e ostilità in pari misura - incontreremo i suoi nipoti, i cardinali Francesco e Antonio e il principe Taddeo, collaboratori ed eredi di un progetto formidabile, e naturalmente i grandi protagonisti dell’arte nell’età del Barocco.
L'immagine sovrana. Urbano VIII e i Barberini. "Hic Dominus", Palazzo Barberini. Foto Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
“Questa mostra rappresenta l’apice di un percorso di ricerca durato molti anni, segnando un traguardo importante del percorso di confronto e di scambio con le istituzioni museali italiane e internazionali che ho perseguito fin dal mio insediamento”, spiega la direttrice delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica Flaminia Gennari Santori. L’esposizione “celebra lo splendore, le complessità e le molte ombre del pontificato più lungo del XVII secolo. La straordinaria macchina di propaganda e innovazione artistica creata da Urbano VIII e l’inestricabile intreccio tra politica e cultura al centro di ogni iniziativa messa in campo dal pontefice sono state le linee guida attorno alle quali abbiamo costruito la mostra. All’ombra dei Barberini il cinismo e le ragioni di stato e di famiglia sono inscindibili da un’autentica e visionaria passione per ogni campo della creazione, dall’architettura alla scienza, dal teatro alle arti visive. È un papato sul viale del tramonto quello di Urbano VIII, che tuttavia mette in atto progetti di grande respiro che avranno enorme influenza sulla cultura europea”
Michelangelo Merisi detto Caravaggio (Milano 1571 – Porto Ercole 1610), Sacrificio di Isacco. Olio su tela, 104 x 135 cm. Firenze, Gallerie degli Uffizi
Il Barocco, insomma, nasce a Roma con i Barberini. Dal piano terra del Palazzo alle Quattro Fontane fino alle sale monumentali del piano nobile - lo spettacolare Salone Pietro da Cortona, la Sala dei Marmi, la Sala del Trono, la Sala dei Paesaggi - 12 sezioni restituiscono un progetto ambizioso e complesso, che trasformò Roma nel faro del XVII secolo proprio a partire da queste stanze. Lungo la strada scopriamo la straordinaria collezione di casa, la passione dei Barberini per l’antichità, la curiosità verso la scienza moderna, ma anche i ritratti e le allegorie celebrative, l’arte come strumento di diplomazia, la “fabbrica dei santi” che riafferma l’egemonia universale della Chiesa romana e la proietta verso i continenti extra-europei.
Raffaello Sanzio, La Fornarina, 1520 circa. Olio su tavola, cm 87 x 63. Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica
Tra i gioielli disseminati lungo il percorso troveremo il Ritratto di Maffeo Barberini (collezione privata) e il Sacrificio di Isacco (Gallerie degli Uffizi) di Caravaggio, il San Sebastiano nella cloaca maxima di Ludovico Carracci (J. Paul Getty Museum), il Martirio di Sant’Erasmo (Musei Vaticani) e la Morte di Germanico (Minneapolis Institute of Art) di Nicolas Poussin, la Fornarina di Raffaello (Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma), il Pan disteso attribuito a Francesco da Sangallo il Giovane (Saint Louis Art Museum), ai quali si unirà da metà aprile la maestosa Allegoria di Roma di Valentin de Boulogne, in arrivo dall’Institutum Romanum Finlandiae.
Simon Vouet (Parigi 1590 - Parigi 1649), Angelo con la lancia della passione, 1626-1627. Olio su tela, 102 x 78 cm I Per gentile concessione del MIC - Museo e Real Bosco di Capodimonte
Imperdibile è il rivoluzionario Ritratto “parlante” di Urbano VIII realizzato da Gian Lorenzo Bernini nel 1632-33, fonte di notevole stupore tra i contemporanei: “l’opera è concepita in modo tale che lo spettatore deve girarle attorno per cogliere appieno lo sguardo del pontefice”, spiega Flaminia Gennari Santori: “Per essere davvero apprezzato il ritratto deve animarsi e perché si animi è necessaria la nostra partecipazione attiva. Intimo e rituale al tempo stesso, l’Urbano di Bernini è la testimonianza esemplare della straordinaria efficacia, della colta immediatezza e della visionaria scaltrezza delle imprese concepite all’ombra dei Barberini”.
Palazzo Barberini, esterni. Foto Alberto Novelli I Courtesy Gallerie Nazionali d'Arte Antica, Roma
Di notevole interesse, infine, è il Teatro degli Stupori, la sezione dedicata a Palazzo Barberini, autentico palcoscenico del casato che, con lungimirante scaltrezza, i proprietari vollero “semi-pubblico”, ovvero accessibile con gli splendidi affreschi, le grandiose architetture, la sterminata collezione, “a qualsiasi persona presentabile che arrivasse all’ora appropriata”. Qui troviamo anche le testimonianze di una dimensione effimera, ma di fortissimo impatto: quella degli eventi urbani organizzati dalla famiglia, come l’imponente dipinto della Giostra del Saracino di Andrea Sacchi o il Carosello per l’ingresso di Cristina di Svezia di Pietro Gagliardi, entrambi in prestito dal Museo di Roma di Palazzo Braschi.
Ludovico Carracci (Bologna 1555 - Bologna 1619), San Sebastiano nella cloaca Maxima, 1612. Olio su tela, 167 x 233 cm. Los Angeles, The J. Paul Getty Museum
“Nel 1642 - racconta Gennari Santori - in occasione delle festività per il carnevale, nell’enorme teatro adiacente a palazzo Barberini alcune migliaia di persone si radunarono per assistere a una delle più stravaganti produzioni del già rutilante repertorio barberiniano: Il palazzo incantato di Atlante”, un vero e proprio kolossal ispirato all’Orlando Furioso con tanto di effetti speciali, che costò una cifra vertiginosa e contribuì a far precipitare la reputazione dei Barberini. “Urbano VIII regnava ormai da 18 anni e l’esercito pontificio era impegnato già da un anno nella guerra di Castro, un conflitto il cui patente scopo era sottrarre ai Farnese il ducato di Castro al fine di attribuirlo ai discendenti del pontefice”, continua la direttrice: “Due anni dopo, il 29 luglio 1644, il pontefice morì e poco dopo i suoi nipoti si rifugiarono in Francia; ben presto fecero ritorno a Roma e riacquistarono status e prestigio, ma la conclusione del pontificato Barberini fu imbarazzante tanto per la famiglia quanto per il papato. Come scrisse Giacinto Gigli nel suo Diario Romano, se soltanto avesse regnato qualche anno di meno Urbano VIII sarebbe stato considerato un grande pontefice anche dai suoi contemporanei. E senza dubbio lo fu, nonostante, o forse proprio in virtù delle contraddizioni del suo regno: gli anni del pontificato Barberini non furono soltanto un periodo di straordinario fermento culturale, ma segnarono uno snodo cruciale della storia europea”.
Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 – Roma 1680), Ritratto di papa Urbano VIII Barberini (dettaglio), 1632 ca. Marmo, 104 x 72 x 40 cm. Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica - Palazzo Barberini
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