Sale a 54 il numero dei siti italiani nella World Heritage List

Ivrea, città industriale del XX secolo, diventa patrimonio Unesco

Uno scorcio della Città Industriale di Ivrea. Courtesy of Ivrea Città Industriale
 

Samantha De Martin

02/07/2018

Torino - Da città industriale - esempio distintivo della sperimentazione di idee sociali e architettoniche sui processi produttivi - a gioiello patrimonio Unesco che porta a 54 il numero dei siti italiani presenti nella World Heritage List.
Ivrea, la città ideale della rivoluzione industriale del Novecento, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento che premia - come ha dichiarato il ministro dei Beni e delle Attività culturali, Alberto Bonisoli - “la concezione umanistica del lavoro propria di Adriano Olivetti, nata e sviluppata dal Movimento Comunità e qui pienamente portata a compimento, in cui il benessere economico, sociale e culturale dei collaboratori è considerato parte integrante del processo produttivo”.

La decisione è avvenuta durante i lavori del 42° Comitato del Patrimonio Mondiale in corso a Manama, in Bahrein, dal 24 giugno al 4 luglio, mentre la candidatura - promossa dal Comune di Ivrea e dalla Fondazione Adriano Olivetti, insieme alla Fondazione Guelpa, la Regione Piemonte, la Città Metropolitana di Torino e il Comune di Banchette, coordinata dal Segretariato Generale - Ufficio UNESCO del MiBACT - era stata presentata a gennaio 2017, e sottoposta a un processo di valutazione durato un anno e mezzo, da parte degli Organismi consultivi dell’UNESCO.

Fondata nel 1908 da Camillo Olivetti, la città industriale di Ivrea è un progetto industriale e socio-culturale del XX secolo. La maggior parte dello sviluppo di Ivrea avvenne nel periodo degli anni Trenta e Sessanta sotto la direzione di Adriano Olivetti, periodo in cui l’azienda produceva macchine da scrivere, calcolatrici meccaniche e computer.

La città piemontese dalle “rosse torri” - come la descriveva Giosuè Carducci - il castello trecentesco, il Borghetto, la città celebre per il suo Carnevale, viene dunque premiata per quel suo complesso di edifici - progettato dai più famosi architetti e urbanisti italiani del Novecento - che racchiude spazi propriamente industriali, ma anche aree destinate alla residenza ed ai servizi sociali, che riflettono le idee del Movimento Comunità e che si snodano principalmente lungo l’asse di Corso Jervis. Questo Movimento, fiorito a Ivrea nel 1947 sulla scorta delle riflessioni teoriche proposte da Adriano Olivetti, propone un modello economico caratterizzato da una visione collettiva delle relazioni tra lavoratori e comunità delle imprese, regolata da un’attenta attività di pianificazione, da un’attitudine dell’industria a riversare i benefici economici sul territorio, da un’innovativa politica dei servizi sociali e dall’affermazione del primato della cultura nelle azioni di modernizzazione sociale.

L’importante riconoscimento guarda dunque all’innovativa esperienza di produzione industriale di livello mondiale finalizzato soprattutto al benessere delle comunità locali e a quell’“esempio significativo delle teorie dello sviluppo urbano e dell'architettura del XX secolo in risposta alle trasformazioni industriali e sociali, inclusa la transizione dalle industrie meccaniche a quelle digitali”.

Si accresce così la distanza dell’Italia - la nazione che detiene il maggior numero di siti inclusi nella lista dei patrimoni dell’Umanità - dalla Cina - che vanta 52 siti - e dalla Spagna - che ne conta 46.
Intanto slitta al 2019 la candidatura del sito Le colline del prosecco di Conegliano e Valdobbiadene alla lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, “affinché l’Italia possa rappresentare al meglio le caratteristiche di questo patrimonio e completare il processo di attuazione delle specifiche misure di tutela”.


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