In Italia dal 9 febbraio la grande mostra del Musée du Luxembourg
Un'inedita Vivian Maier si racconta ai Musei Reali di Torino
Estate of Vivian Maier, Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY |
Vivian Maier, Chicago, IL, Gelatin silver print, 2014
Francesca Grego
11/01/2022
Torino - Mai una mostra, un libro, un segno. Bambinaia in viaggio tra New York e Chicago, per più di cinquant’anni Vivian Maier ha fotografato la vita attorno a sé senza far conoscere il proprio lavoro. Nel frattempo accumulava in stanze provvisorie un archivio di oltre 120 mila negativi, una miriade di pellicole non sviluppate, stampe, film, appunti, registrazioni: un tesoro ritrovato per caso nel 2007, complice il mancato pagamento dell’affitto del magazzino dove intanto era stato trasferito il materiale. La scoperta ha portato al riconoscimento di una delle più grandi fotografe di strada del Novecento, geniale autodidatta, strepitosa testimone del sogno e della realtà americana.
Vivian Maier, Senza titolo, Autoritratto, Senza data | © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York
Oggi i suoi scatti rappresentano un osservatorio dinamico sulla Grande Mela dagli anni Cinquanta in poi, ancor più preziosi perché realizzati soprattutto nei quartieri popolari, tra soggetti che nessun reporter si era mai degnato di ritrarre. Luoghi e persone invisibili, come lei: “Vivian Maier è un personaggio misterioso, anonimo, sfuggente”, commenta Anne Morin, curatrice della mostra che in autunno ha celebrato la fotografa al Musée du Luxembourg di Parigi: “È qualcuno che non ha avuto davvero una vita, che è passato attraverso la sua vita senza lasciare tracce, almeno in apparenza. Eppure le sue foto sono straordinarie!”.
Vivian Maier, Chicago, 16 maggio1957. Gelatina d'argento, 2012 © Estate of Vivian Maier I Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Dal 9 febbraio quelle immagini segrete saranno in mostra a Torino, in un progetto intitolato Inedita e incentrato sugli aspetti meno noti del lavoro della fotografa di origine francese. Tra le circa 250 opere in arrivo ai Musei Reali, figurano infatti anche rare immagini a colori, dieci filmati in Super 8, audio registrati con la voce dell’autrice e oggetti significativi che le appartennero, come le macchine fotografiche Rolleiflex e Leica e uno dei suoi cappelli. Sarà poi esposta per la prima volta una serie di scatti realizzati nell’estate del ’59 durante un viaggio in Italia, in particolare a Torino e a Genova.
Vivian Maier, New York Public Library, Circa 1954, Stampa alla gelatina ai sali d'argento | © Estate of Vivian Maier I Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Vario e generoso di spunti, il percorso torinese si sofferma sui temi più cari alla street photographer, restituendo l’essenza della sua cifra stilistica: la capacità di catturare e trasformare in immagini compiute l’attimo di una coincidenza, le sviste della realtà, la vita che scorre senza che nessuno le presti attenzione. Fotografie che sembrano nascere nel luogo dove l’ordinario fallisce, dove il reale scivola via e lo straordinario sboccia come per miracolo. Ne è un esempio la sezione dedicata agli scatti rubati per le strade di New York e Chicago: volti di persone che vivono ai margini del sogno americano, ma anche ricche signore che reagiscono offese alla vista della camera. Molte di loro guardano dritto dentro l’obiettivo, segno che in realtà la schiva Vivian cerca il contatto con le persone, mentre la sua immagine si riflette nella vetrina di un negozio regalando a chi guarda una traccia di sé.
Vivian Maier, Senza titolo, 1962 | © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York
Interessante è poi l’attenzione riservata ai gesti, un inventario di atteggiamenti e posture rivelatrici, con le mani spesso nel ruolo di protagoniste. E se i filmati mai proiettati in pubblico prima della mostra al Luxembourg riflettono l’interesse della fotografa per il movimento, un capitolo fondamentale racconta il suo rapporto con il colore. Mentre i lavori in bianco e nero sembrano immersi in un profondo silenzio, quelli a colori si presentano come uno spazio denso di suoni, da ascoltare prima ancora che da guardare. Lo avvertiamo distintamente negli scatti catturati nei quartieri popolari di Chicago, dove il blues sembra riecheggiare attraverso spazio urbano.
Vivian Maier, Chicago, 1971 (© The Estate of Vivian Maier / Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery)
Infine nelle sale Chiablese dei Musei Reali non mancherà una sezione dedicata al mondo dell’infanzia, nel quale la fotografa-bambinaia fu immersa per quasi quarant’anni: qui emerge una sensibilità fuori dal comune verso i gesti, le espressioni, le emozioni e la fantasia dei suoi giovanissimi modelli.
Vivian Maier, Digne, France August 11, 1959. Gelatin silver print. 2020 © Estate of Vivian Maier I Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, New York
Vivian Maier, Senza titolo, Autoritratto, Senza data | © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York
Oggi i suoi scatti rappresentano un osservatorio dinamico sulla Grande Mela dagli anni Cinquanta in poi, ancor più preziosi perché realizzati soprattutto nei quartieri popolari, tra soggetti che nessun reporter si era mai degnato di ritrarre. Luoghi e persone invisibili, come lei: “Vivian Maier è un personaggio misterioso, anonimo, sfuggente”, commenta Anne Morin, curatrice della mostra che in autunno ha celebrato la fotografa al Musée du Luxembourg di Parigi: “È qualcuno che non ha avuto davvero una vita, che è passato attraverso la sua vita senza lasciare tracce, almeno in apparenza. Eppure le sue foto sono straordinarie!”.
Vivian Maier, Chicago, 16 maggio1957. Gelatina d'argento, 2012 © Estate of Vivian Maier I Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Dal 9 febbraio quelle immagini segrete saranno in mostra a Torino, in un progetto intitolato Inedita e incentrato sugli aspetti meno noti del lavoro della fotografa di origine francese. Tra le circa 250 opere in arrivo ai Musei Reali, figurano infatti anche rare immagini a colori, dieci filmati in Super 8, audio registrati con la voce dell’autrice e oggetti significativi che le appartennero, come le macchine fotografiche Rolleiflex e Leica e uno dei suoi cappelli. Sarà poi esposta per la prima volta una serie di scatti realizzati nell’estate del ’59 durante un viaggio in Italia, in particolare a Torino e a Genova.
Vivian Maier, New York Public Library, Circa 1954, Stampa alla gelatina ai sali d'argento | © Estate of Vivian Maier I Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, NY
Vario e generoso di spunti, il percorso torinese si sofferma sui temi più cari alla street photographer, restituendo l’essenza della sua cifra stilistica: la capacità di catturare e trasformare in immagini compiute l’attimo di una coincidenza, le sviste della realtà, la vita che scorre senza che nessuno le presti attenzione. Fotografie che sembrano nascere nel luogo dove l’ordinario fallisce, dove il reale scivola via e lo straordinario sboccia come per miracolo. Ne è un esempio la sezione dedicata agli scatti rubati per le strade di New York e Chicago: volti di persone che vivono ai margini del sogno americano, ma anche ricche signore che reagiscono offese alla vista della camera. Molte di loro guardano dritto dentro l’obiettivo, segno che in realtà la schiva Vivian cerca il contatto con le persone, mentre la sua immagine si riflette nella vetrina di un negozio regalando a chi guarda una traccia di sé.
Vivian Maier, Senza titolo, 1962 | © Vivian Maier/Maloof Collection, Courtesy of Howard Greenberg Gallery, New York
Interessante è poi l’attenzione riservata ai gesti, un inventario di atteggiamenti e posture rivelatrici, con le mani spesso nel ruolo di protagoniste. E se i filmati mai proiettati in pubblico prima della mostra al Luxembourg riflettono l’interesse della fotografa per il movimento, un capitolo fondamentale racconta il suo rapporto con il colore. Mentre i lavori in bianco e nero sembrano immersi in un profondo silenzio, quelli a colori si presentano come uno spazio denso di suoni, da ascoltare prima ancora che da guardare. Lo avvertiamo distintamente negli scatti catturati nei quartieri popolari di Chicago, dove il blues sembra riecheggiare attraverso spazio urbano.
Vivian Maier, Chicago, 1971 (© The Estate of Vivian Maier / Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery)
Infine nelle sale Chiablese dei Musei Reali non mancherà una sezione dedicata al mondo dell’infanzia, nel quale la fotografa-bambinaia fu immersa per quasi quarant’anni: qui emerge una sensibilità fuori dal comune verso i gesti, le espressioni, le emozioni e la fantasia dei suoi giovanissimi modelli.
Vivian Maier, Digne, France August 11, 1959. Gelatin silver print. 2020 © Estate of Vivian Maier I Courtesy of Maloof Collection and Howard Greenberg Gallery, New York
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