Dal 12 marzo al 12 giugno al Museo Gypsotheca Antonio Canova

A Possagno Canova a tu per tu con la scultura contemporanea

Fabio Viale, Venere italica, 2016, collezione privata
 

Samantha De Martin

11/03/2022

Treviso - Nel tempio di gessi e di luce che accoglie a Possagno il respiro di Antonio Canova, sospingendo verso il mondo la gloriosa idea di un uomo, va in scena un intenso corpo a corpo tra la scultura contemporanea e le forme neoclassiche del poeta del marmo.
Questo agone che rifugge l’imitazione, ma si consuma piuttosto nel segno della ricerca scultorea della “vera carne”, la stessa che l’artista ammirava a sua volta nelle opere del grande maestro classico Fidia, vedrà spettatore il Museo Gypsotheca Antonio Canova in occasione della mostra Antonio Canova e la scultura contemporanea, attesa dal 12 marzo al 22 giugno nel museo veneto.
Nel sacrario di sguardi, pudichi, trionfanti, gentili, impetuosi di questo spazio senza tempo, i sospiri delle statue, le simmetrie perfette, le superfici morbide, le pose solenni e controllate, le espressioni impassibili delle creature canoviane, come appese allo sguardo del visitatore, interpretano lo spirito dell’antico con una grazia che commuove a distanza di due secoli. Ecco perché, alla vigilia dei duecento anni dalla morte dello scultore, il Museo Gypsotheca del paese natale ha scelto di impiegare i suoi spazi nella promozione e celebrazione dell’artista attraverso una serie di esposizioni.


Filippo Dobrilla, Adamo rasta, 1998, collezione privata

Il progetto dedicato al confronto tra Canova e i colleghi contemporanei, ideato da Vittorio Sgarbi, e realizzato da Contemplazioni, in collaborazione con il Museo Gypsotheca Antonio Canova, grazie al sostegno di Intesa Sanpaolo, vedrà il genio del marmo a tu per tu con gli scultori di oggi, dal maestro dell’arte figurativa, autore di disegni, bozzetti, sculture, dipinti e affreschi, Marcello Tommasi, “erede simbolico del Neoplatonismo quattrocentesco”, a Jago, artista dal fascino poliedrico che lavora il marmo alla maniera del gesso o della plastilina.

Tra i partecipanti al simposio con Canova c’è il pittore, scultore, violinista e direttore d’orchestra Wolfgang Alexander Kossuth, uno stile fatto di grandi contrasti che esplodono nei suoi corpi contorti, in resina o bronzo, densi di pathos e teatralità, come Giada con turbante (2001) che arriva a Possagno dalla collezione Giuliana Alzati Kossuth. O anche Girolamo Ciulla, creatore di miti a sua immagine attraverso un sincretismo scultoreo che guarda all’antichità, agli archetipi italici, greci e orientali che trovano, nel percorso di Possagno, la loro sintesi nella Torre di Babele (1998) da collezione privata.


Marcello Tommasi, Cristo deposto, 1987, Etra Studio Tommasi

Se la scultura del bresciano Giuseppe Bergomi ripropone la ricerca figurativa quale risposta alla temperie concettuale, minimalista degli anni Settanta, i lavori di Giuseppe Ducrot, come Ritratto d’uomo. Principe di Raffadali (2001), dalla Fondazione Cavallini Sgarbi, sembrano portare a compimento l’opera iniziata da Gian Lorenzo Bernini.
Filippo Dobrilla - autore di un Gigante dalle dimensioni babeliche, scolpito nel ventre stesso delle Alpi Apuane, dove l'artista è rimasto sommerso per settimane, battendo lo scalpello con il mazzuolo sulla roccia monolitica - studia e conosce la pietra nelle viscere. Sono suoi l’Adamo rasta e l’Angelo in mostra.

Nel confronto cui fa da cornice il museo canoviano c’è spazio anche per Livio Scarpella, lo scultore che persegue un morboso immaginario omosessuale dominato da inconsapevoli “cattivi ragazzi” che avrebbero incantato Saba, Penna, Pasolini, e che presenta con compiaciuto virtuosismo e sublime naturalezza. La sintesi tra lo spirito dionisiaco e la forma apollinea è perfettamente riuscita, come dimostrano i Desiderantes o il sublime Ghost underground 2.


Giuseppe Bergomi, Valentina seduta su una sedia da regista con drappo, 2000 collezione privata

Se il “bluesman della creta”, lo scultore padovano Ettore Greco - che ha scelto di rimanere fedele alla tradizione figurativa attraverso le sue sculture-inno all’umanità - sciorina il suo rapporto con la materia equiparandosi a un chitarrista che improvvisa una melodia, le figure umane a grandezza naturale in legno, bronzo e gesso, ricoperte di resina, carbonizzate e selvaggiamente sfilacciate dell’altoatesino Aron Demetz inscenano un dialogo profondo con l’osservatore.
Opere come Ray sembrano scrutarlo al punto da metterlo quasi in soggezione.
A replicare i capolavori dell’arte occidentale con vertiginosa precisione, riprendendo la nota tradizione delle botteghe di scultori copisti è invece Fabio Viale. Nello scultore piemontese il tema della copia aggiunge qualità al lavoro, soprattutto grazie al gesto di rilettura contemporanea. La sua straordinaria abilità tecnica, racchiusa ad esempio nella Venere italica, gli ha permesso di realizzare finzioni dei materiali talmente credibili, per finitura, colore e texture, da saper scatenare nell’osservatore il desiderio di toccarle con mano per verificare la loro reale consistenza.
La mostra è aperta dal martedì al venerdì, dalle 9.30 alle 18. Sabato, domenica e festivi dalle 09.30 alle 19. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.


Wolfgang Alexander Kossuth, Giada con turbante, 2001, collezione Giuliana Alzati Kossuth

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