Fino al 2 febbraio alla Casa dei Tre Oci
A Venezia il racconto di Ferdinando Scianna in 180 scatti, tra viaggio e memoria
Ferdinando Scianna, Marpessa, Caltagirone, 1987 © Ferdinando Scianna
Samantha De Martin
02/09/2019
Venezia - Nella costante ricerca di una forma nel caos dell’esistenza, il racconto fotografico di Ferdinando Scianna oscilla tra religiosità popolare, viaggio, guerra, attualità facendo confluire in specchi, animali, ritratti di amici, maestri del mondo dell’arte e della cultura tutte le suggestioni che hanno caratterizzato ben 50 anni di narrazione.
Il percorso espositivo allestito fino al 2 febbraio alla Casa dei Tre Oci ripercorre mezzo secolo di carriera del fotografo siciliano - figlio di quel Verismo che trova in Verga e Capuana i suoi più alti interpreti - attraverso 180 opere in bianco e nero divise tra Viaggio, Racconto, Memoria.
Erano gli anni Sessanta e Scianna iniziava ad appassionarsi alla fotografia raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra d’origine. Nel percorso espositivo allestito a Venezia non mancano gli scatti di moda realizzati tra le calli e i campi della città e non mancano Bagheria, sua città natale, le Ande boliviane, l’avventura con l’agenzia foto giornalistica Magnum, i bambini, i maestri del mondo dell’arte e della cultura come l’amico Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson e Jorge Louis Borges.
“Come fotografo - afferma Scianna, parlando del suo lavoro - mi considero un reporter. Come reporter il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio”.
I visitatori dell’antologica allestita ai Tre Oci - organizzata da Civita Mostre e Musei e Civita Tre Venezie e promossa da Fondazione di Venezia, a cura di Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda - saranno guidati dalla voce dello stesso Scianna che racconta in prima persona, attraverso un’audioguida, il proprio modo di intendere la fotografia e non solo. Ne nasce un racconto parallelo che permette di conoscere da vicino il percorso umano e di fotografo cresciuto tra le strade della sua amata Sicilia, a contatto con il mondo contadino del dopoguerra, tra il profumo delle zagare e quello della salsedine, tra colline e mare.
“Ferdinando Scianna - commenta Denis Curti - trova la scintilla nella ricerca di se stesso e del mondo a cui appartiene. La Sicilia è il primo e indimenticabile banco di prova, il primo oggetto della sua indagine a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la prima e insostituibile ispirazione, che con il passare del tempo si arricchisce di ricordi e di memorie. Al centro del suo racconto c’è l’interpretazione del mondo che si manifesta solo grazie alla distanza”.
Nella visione di Scianna il ricordo assume quindi un’importanza profonda, definendo il desiderio stesso di conoscere e di raccontare. “E così - continua Curtis - una volta partito per raggiungere nuove mete lontane da casa, l’immagine della sua terra d’origine diventa la misura stessa per comprendere le cose, il riferimento poetico o di crudo realismo che guida il suo sguardo nel mondo".
Ed forse in quello che Curti, nel catalogo della mostra edito da Marsilio Editori, chiama “dialettismo fotografico” - frutto dell’utilizzo del bianco e nero che riflette i contrasti aspri di una terra storicamente complessa, spesso contradditoria - che è racchiusa la cifra stilistica del fotografo.
Nella Sala video di Casa dei Tre Oci verranno inoltre proiettati tre film-documentari dedicati alla sua vita professionale.
Leggi anche:
• Ferdinando Scianna. Viaggio, Racconto, Memoria
Il percorso espositivo allestito fino al 2 febbraio alla Casa dei Tre Oci ripercorre mezzo secolo di carriera del fotografo siciliano - figlio di quel Verismo che trova in Verga e Capuana i suoi più alti interpreti - attraverso 180 opere in bianco e nero divise tra Viaggio, Racconto, Memoria.
Erano gli anni Sessanta e Scianna iniziava ad appassionarsi alla fotografia raccontando per immagini la cultura e le tradizioni della sua terra d’origine. Nel percorso espositivo allestito a Venezia non mancano gli scatti di moda realizzati tra le calli e i campi della città e non mancano Bagheria, sua città natale, le Ande boliviane, l’avventura con l’agenzia foto giornalistica Magnum, i bambini, i maestri del mondo dell’arte e della cultura come l’amico Leonardo Sciascia, Henri Cartier-Bresson e Jorge Louis Borges.
“Come fotografo - afferma Scianna, parlando del suo lavoro - mi considero un reporter. Come reporter il mio riferimento fondamentale è quello del mio maestro per eccellenza, Henri Cartier-Bresson, per il quale il fotografo deve ambire ad essere un testimone invisibile, che mai interviene per modificare il mondo e gli istanti che della realtà legge e interpreta. Ho sempre fatto una distinzione netta tra le immagini trovate e quelle costruite. Ho sempre considerato di appartenere al versante dei fotografi che le immagini le trovano, quelle che raccontano e ti raccontano, come in uno specchio”.
I visitatori dell’antologica allestita ai Tre Oci - organizzata da Civita Mostre e Musei e Civita Tre Venezie e promossa da Fondazione di Venezia, a cura di Denis Curti, Paola Bergna e Alberto Bianda - saranno guidati dalla voce dello stesso Scianna che racconta in prima persona, attraverso un’audioguida, il proprio modo di intendere la fotografia e non solo. Ne nasce un racconto parallelo che permette di conoscere da vicino il percorso umano e di fotografo cresciuto tra le strade della sua amata Sicilia, a contatto con il mondo contadino del dopoguerra, tra il profumo delle zagare e quello della salsedine, tra colline e mare.
“Ferdinando Scianna - commenta Denis Curti - trova la scintilla nella ricerca di se stesso e del mondo a cui appartiene. La Sicilia è il primo e indimenticabile banco di prova, il primo oggetto della sua indagine a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la prima e insostituibile ispirazione, che con il passare del tempo si arricchisce di ricordi e di memorie. Al centro del suo racconto c’è l’interpretazione del mondo che si manifesta solo grazie alla distanza”.
Nella visione di Scianna il ricordo assume quindi un’importanza profonda, definendo il desiderio stesso di conoscere e di raccontare. “E così - continua Curtis - una volta partito per raggiungere nuove mete lontane da casa, l’immagine della sua terra d’origine diventa la misura stessa per comprendere le cose, il riferimento poetico o di crudo realismo che guida il suo sguardo nel mondo".
Ed forse in quello che Curti, nel catalogo della mostra edito da Marsilio Editori, chiama “dialettismo fotografico” - frutto dell’utilizzo del bianco e nero che riflette i contrasti aspri di una terra storicamente complessa, spesso contradditoria - che è racchiusa la cifra stilistica del fotografo.
Nella Sala video di Casa dei Tre Oci verranno inoltre proiettati tre film-documentari dedicati alla sua vita professionale.
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