Venezia 2019: quali occasioni? Risponde la Soprintendente ai Beni Culturali
Venezia, Palazzo Ducale
16/11/2012
Venezia - Venezia si è candidata come Capitale Europea della Cultura per il 2019, insieme al territorio del nord est della penisola. Così il Salone Europeo della Cultura che si tiene nella città della laguna la prossima settimana, dal 23 al 25 novembre 2012, rappresenterà una sorta di trampolino di lancio per questa candidatura. Ma cosa si attende Venezia da questa occasione? E soprattutto dove troverà i fondi necessari per preparasi all’evento, in un momento di grande crisi come quello che stiamo vivendo? Ne abbiamo parlato con la Soprintendente ai Beni Culturali di Venezia e Laguna, Renata Codello.
Il Salone della Cultura l’anno scorso ha creato un asse virtuale con Parigi, quest’anno con Berlino, capitale dell’arte contemporanea. Anche Venezia si sta aprendo molto al contemporaneo. Ma quali sono le difficoltà per il patrimonio artistico del passato?
"In questi anni a Venezia il contemporaneo ha finalmente avuto cittadinanza proprio negli edifici storici, e questa è una novità. Il restauro di Punta della Dogana con la Fondazione Pinault, quello dei Magazzini del Sale con la Fondazione Vedova non sono né un’operazione estemporanea né un’operazione che non coniuga l’antico con il nuovo. Anzi! Punta della Dogana era chiusa da una decina d’anni, prima del recupero. Lo spazio dei Magazzini del Sale era un capannone lungo, stretto, senza finestre, con una serie di problemi mai affrontati, praticamente inutilizzabile prima dell’arrivo della Fondazione Vedova. Capirà che questo è un salto in avanti anche per il patrimonio storico".
C’è un problema di costi per la conservazione di questo patrimonio: dove andare a cercare le risorse ora che il governo taglia i fondi, anche per sostenere la candidatura di Venezia per il 2019?
"Essere capaci di fare una candidatura fortemente credibile in una situazione fortemente vocata come quella di Venezia è meno difficile che altrove. Tenga conto che già attualmente a Venezia ci sono 1800 eventi ufficiali all’anno. Venezia è in grado di procurarsi i suoi fondi. Quelli della legge speciale sono stati destinati al restauro e al risanamento della città. Le fondazioni culturali invece sono finanziate in minima parte da fondi pubblici perché hanno ormai strutture mature per procurarsi da sole i finanziamenti. La Fondazione Cini nel 2010 ha allestito una fantastica mostra sul Piranesi che ha girato diverse capitali europee, ha speso ma alla fine il bilancio è stato molto positivo. La Fondazione musicale Bruzzani non solo ha restaurato un palazzo dove svolge attività permanenti ma ha permesso di sostenere la Scuola di San Giovanni Evangelista e quella di San Rocco, dove organizza i concerti più importanti. Per quanto riguarda la manutenzione della città speriamo nel rilancio della legge speciale, che in passato ha funzionato. Proprio stamattina (n.d.r. 13 novembre) è in discussione al Senato l’emendamento per finanziare opere di salvaguardia di Venezia col 10% dei fondi stanziati per il Mose".
E per quanto riguarda il problema della gestione dell’affluenza turistica, che già attualmente è superiore rispetto a quella che la città potrebbe sopportare…
"Non è proprio così. Le faccio un esempio: Punta della Dogana l’anno scorso ha avuto più visitatori dell’anno dell’inaugurazione, il 2009. Quindi non si possono confondere i flussi turistici di massa con il turismo culturale di livello medio alto, che è sicuramente aumentato, il che dimostra anche che uno dei modi più proficui per riqualificare il turismo è proprio quello di avere eventi culturali aperti su più fronti. Quindi l’industria turistica è sicuramente la più grande della città ma l’industria della cultura, che sta crescendo in maniera esponenziale, è un elemento di fortissimo interesse perché migliora la qualità stessa del turismo".
Indubbiamente. Però i musei veneziani più antichi – e la città stessa - sono pronti ad affrontare l’ulteriore incremento del flusso turistico cui si andrà incontro se Venezia sarà capitale europea per il 2019?
"Quello esiste a prescindere e comunque sono problemi che vengono studiati da altri punti di vista. Noi come Soprintendenza abbiamo avviato una ricerca nell’ambito del piano di gestione Unesco della città di Venezia che si occuperà proprio di misurare l’usura della città antica in presenza di questi numeri critici che conosciamo…".
Che genere di parametri prenderà in considerazione questo studio? Immagino abbiate il supporto di qualche ente di ricerca scientifica.
"E’ ancora in fase di definizione, comunque cercheremo di studiare il processo di decadimento fisico e di capire qual è il limite oltre il quale c’è un punto di non ritorno, di cosa è fatto il degrado prodotto dai flussi turistici, qual è il bilanciamento tra la produzione di ricchezza e questo tipo di degrado…".
Venezia ha problemi ambientali importanti. Per esempio quello sollevato dai comitati di cittadini relativo alle grandi navi che entrano nel canale della Giudecca…
"Questo è compito del Ministero dell’Ambiente".
La vostra ricerca quindi non contemplerà anche questo aspetto?
"Vedremo. Il problema delle grandi navi comunque è molto mal posto, lo ha spiegato bene il presidente delle Attività Portuali in una recente conferenza per la stampa estera e ha tutt’altri parametri rispetto a quelli che i comitati espongono, tanto è vero che il Ministro dell’Ambiente non ha preso posizione contro le navi".
Quali iniziative pensate di mettere in campo per tutelare l’identità di luoghi simbolo di Venezia che oggi purtroppo risulta offuscata dai cartelloni pubblicitari degli sponsor che finanziano i restauri?
"La cartellonistica è disciplinata da molto tempo a Venezia con procedure a lungo rodate. Dico lungo tempo per dire sette, otto anni. Lavoriamo fianco a fianco con la Biennale per esempio, con cui si studiano dei piani per coniugare una buona comunicazione al pubblico con il contenimento dei banner e dei totem pubblicitari".
Quindi è un falso problema?
"E’ un falso problema come lo è quello degli showroom di grandi firme perché quelli delle grandi case di beni di lusso sono interventi costosissimi che vengono fatti con grande attenzione alla tutela e al recupero dei piani terra, con materiali e progetti di qualità proprio perché le grandi firme si rappresentano attraverso la sede. Questo degli showroom è quindi uno dei luoghi comuni che si sta smontando. I problemi sono altri: per esempio le normative attuali, comunali, regionali e statali, che non disciplinano la creazione di bed and breakfast di cui c’è una richiesta enorme e che determinano grandi cambiamenti nel tessuto della città. O il fenomeno del tanto deprecato turismo mordi e fuggi, che però la crisi ha fatto diminuire. Le presenze negli alberghi di contro sono aumentate, l’anno scorso dell’8%. Questo comporta l’entrata delle delle tasse di soggiorno. In più c’è la colonia di turisti francesi ed inglesi che oramai si attesta sui 30.000 residenti e che sono tra coloro che collaborano attivamente all’azione di tutela perché cominciano col sistemare l’alloggio che hanno preso e pian piano esigono che il livello dell’area in cui abitano tenda a migliorare. Questo è accaduto per la Giudecca, per esempio, non solo per questo fenomeno ma anche per investimenti pubblici, tant’è che adesso è un quartiere residenziale vero e proprio mentre solo dieci o quindici anni fa era un luogo ragionevolmente malfamato. La situazione di Venezia è molto diversa da quella che dipingono i giornali".
Visto che Venezia si candida per il 2019 insieme al nordest e alle Soprintendenze di Trento e di Bolzano è stato già messo a punto un programma comune?
"Su questo il sindaco di Venezia, il presidente della Provincia e quello della Regione si stanno attivando. Io le posso dire che c’è un grandissimo attivismo soprattutto da parte delle province autonome di Bolzano e Trento che vogliono far parte del bacino culturale veneziano ma anche da parte della Regione Friuli Venezia Giulia che aspira da sempre a far parte del trend dello sviluppo di cui è capace Venezia".
Sempre in vista del 2019, come pensate di sfruttare questa occasione, oltre che per consolidare l’immagine positiva della città e della sua area metropolitana all’estero, anche per rafforzare l’identità culturale interna e promuovere la partecipazione dei cittadini?
"Come esempio posso dirle di azioni concrete che noi abbiamo già fatto: l’anno scorso insieme alla Biennale Arti Visive e a seguito di un paio d’anni di accordi preparatori, molti privati – e parlo di circa 630 – hanno aperto i pianterreni delle proprie abitazioni ospitando galleristi e eventi vari e questo ha permesso alla Biennale di uscire dai perimetri classici dei Giardini e dell’Arsenale e, nello stesso tempo, ai privati di mettere a norma i piani terra dei loro palazzi".
L’Unione Europea invita le città candidate a Capitale Europea della cultura a considerare questa come una occasione per una politica a lungo termine. Quindi guardando avanti, oltre il 2019, cosa si può contare rimanga di questa esperienza, a livello culturale, per Venezia e per il nordest?
"Penso ci siano due livelli, a scala differente: le mie aspettative sono rivolte verso il rafforzamento del ruolo culturale del nordest dell’Italia – e quando parlo di rafforzamento culturale mi riferisco alla cultura del territorio, del paesaggio, della progettualità, di relazioni e di apertura verso l’esterno - e per quanto riguarda Venezia, auspico l’istituzione di nuove relazioni economiche con i Paesi del mondo e il rafforzamento di quelle già esistenti, in modo che la cultura diventi veicolo di sviluppo vero e proprio".
Nicoletta Speltra
Il Salone della Cultura l’anno scorso ha creato un asse virtuale con Parigi, quest’anno con Berlino, capitale dell’arte contemporanea. Anche Venezia si sta aprendo molto al contemporaneo. Ma quali sono le difficoltà per il patrimonio artistico del passato?
"In questi anni a Venezia il contemporaneo ha finalmente avuto cittadinanza proprio negli edifici storici, e questa è una novità. Il restauro di Punta della Dogana con la Fondazione Pinault, quello dei Magazzini del Sale con la Fondazione Vedova non sono né un’operazione estemporanea né un’operazione che non coniuga l’antico con il nuovo. Anzi! Punta della Dogana era chiusa da una decina d’anni, prima del recupero. Lo spazio dei Magazzini del Sale era un capannone lungo, stretto, senza finestre, con una serie di problemi mai affrontati, praticamente inutilizzabile prima dell’arrivo della Fondazione Vedova. Capirà che questo è un salto in avanti anche per il patrimonio storico".
C’è un problema di costi per la conservazione di questo patrimonio: dove andare a cercare le risorse ora che il governo taglia i fondi, anche per sostenere la candidatura di Venezia per il 2019?
"Essere capaci di fare una candidatura fortemente credibile in una situazione fortemente vocata come quella di Venezia è meno difficile che altrove. Tenga conto che già attualmente a Venezia ci sono 1800 eventi ufficiali all’anno. Venezia è in grado di procurarsi i suoi fondi. Quelli della legge speciale sono stati destinati al restauro e al risanamento della città. Le fondazioni culturali invece sono finanziate in minima parte da fondi pubblici perché hanno ormai strutture mature per procurarsi da sole i finanziamenti. La Fondazione Cini nel 2010 ha allestito una fantastica mostra sul Piranesi che ha girato diverse capitali europee, ha speso ma alla fine il bilancio è stato molto positivo. La Fondazione musicale Bruzzani non solo ha restaurato un palazzo dove svolge attività permanenti ma ha permesso di sostenere la Scuola di San Giovanni Evangelista e quella di San Rocco, dove organizza i concerti più importanti. Per quanto riguarda la manutenzione della città speriamo nel rilancio della legge speciale, che in passato ha funzionato. Proprio stamattina (n.d.r. 13 novembre) è in discussione al Senato l’emendamento per finanziare opere di salvaguardia di Venezia col 10% dei fondi stanziati per il Mose".
E per quanto riguarda il problema della gestione dell’affluenza turistica, che già attualmente è superiore rispetto a quella che la città potrebbe sopportare…
"Non è proprio così. Le faccio un esempio: Punta della Dogana l’anno scorso ha avuto più visitatori dell’anno dell’inaugurazione, il 2009. Quindi non si possono confondere i flussi turistici di massa con il turismo culturale di livello medio alto, che è sicuramente aumentato, il che dimostra anche che uno dei modi più proficui per riqualificare il turismo è proprio quello di avere eventi culturali aperti su più fronti. Quindi l’industria turistica è sicuramente la più grande della città ma l’industria della cultura, che sta crescendo in maniera esponenziale, è un elemento di fortissimo interesse perché migliora la qualità stessa del turismo".
Indubbiamente. Però i musei veneziani più antichi – e la città stessa - sono pronti ad affrontare l’ulteriore incremento del flusso turistico cui si andrà incontro se Venezia sarà capitale europea per il 2019?
"Quello esiste a prescindere e comunque sono problemi che vengono studiati da altri punti di vista. Noi come Soprintendenza abbiamo avviato una ricerca nell’ambito del piano di gestione Unesco della città di Venezia che si occuperà proprio di misurare l’usura della città antica in presenza di questi numeri critici che conosciamo…".
Che genere di parametri prenderà in considerazione questo studio? Immagino abbiate il supporto di qualche ente di ricerca scientifica.
"E’ ancora in fase di definizione, comunque cercheremo di studiare il processo di decadimento fisico e di capire qual è il limite oltre il quale c’è un punto di non ritorno, di cosa è fatto il degrado prodotto dai flussi turistici, qual è il bilanciamento tra la produzione di ricchezza e questo tipo di degrado…".
Venezia ha problemi ambientali importanti. Per esempio quello sollevato dai comitati di cittadini relativo alle grandi navi che entrano nel canale della Giudecca…
"Questo è compito del Ministero dell’Ambiente".
La vostra ricerca quindi non contemplerà anche questo aspetto?
"Vedremo. Il problema delle grandi navi comunque è molto mal posto, lo ha spiegato bene il presidente delle Attività Portuali in una recente conferenza per la stampa estera e ha tutt’altri parametri rispetto a quelli che i comitati espongono, tanto è vero che il Ministro dell’Ambiente non ha preso posizione contro le navi".
Quali iniziative pensate di mettere in campo per tutelare l’identità di luoghi simbolo di Venezia che oggi purtroppo risulta offuscata dai cartelloni pubblicitari degli sponsor che finanziano i restauri?
"La cartellonistica è disciplinata da molto tempo a Venezia con procedure a lungo rodate. Dico lungo tempo per dire sette, otto anni. Lavoriamo fianco a fianco con la Biennale per esempio, con cui si studiano dei piani per coniugare una buona comunicazione al pubblico con il contenimento dei banner e dei totem pubblicitari".
Quindi è un falso problema?
"E’ un falso problema come lo è quello degli showroom di grandi firme perché quelli delle grandi case di beni di lusso sono interventi costosissimi che vengono fatti con grande attenzione alla tutela e al recupero dei piani terra, con materiali e progetti di qualità proprio perché le grandi firme si rappresentano attraverso la sede. Questo degli showroom è quindi uno dei luoghi comuni che si sta smontando. I problemi sono altri: per esempio le normative attuali, comunali, regionali e statali, che non disciplinano la creazione di bed and breakfast di cui c’è una richiesta enorme e che determinano grandi cambiamenti nel tessuto della città. O il fenomeno del tanto deprecato turismo mordi e fuggi, che però la crisi ha fatto diminuire. Le presenze negli alberghi di contro sono aumentate, l’anno scorso dell’8%. Questo comporta l’entrata delle delle tasse di soggiorno. In più c’è la colonia di turisti francesi ed inglesi che oramai si attesta sui 30.000 residenti e che sono tra coloro che collaborano attivamente all’azione di tutela perché cominciano col sistemare l’alloggio che hanno preso e pian piano esigono che il livello dell’area in cui abitano tenda a migliorare. Questo è accaduto per la Giudecca, per esempio, non solo per questo fenomeno ma anche per investimenti pubblici, tant’è che adesso è un quartiere residenziale vero e proprio mentre solo dieci o quindici anni fa era un luogo ragionevolmente malfamato. La situazione di Venezia è molto diversa da quella che dipingono i giornali".
Visto che Venezia si candida per il 2019 insieme al nordest e alle Soprintendenze di Trento e di Bolzano è stato già messo a punto un programma comune?
"Su questo il sindaco di Venezia, il presidente della Provincia e quello della Regione si stanno attivando. Io le posso dire che c’è un grandissimo attivismo soprattutto da parte delle province autonome di Bolzano e Trento che vogliono far parte del bacino culturale veneziano ma anche da parte della Regione Friuli Venezia Giulia che aspira da sempre a far parte del trend dello sviluppo di cui è capace Venezia".
Sempre in vista del 2019, come pensate di sfruttare questa occasione, oltre che per consolidare l’immagine positiva della città e della sua area metropolitana all’estero, anche per rafforzare l’identità culturale interna e promuovere la partecipazione dei cittadini?
"Come esempio posso dirle di azioni concrete che noi abbiamo già fatto: l’anno scorso insieme alla Biennale Arti Visive e a seguito di un paio d’anni di accordi preparatori, molti privati – e parlo di circa 630 – hanno aperto i pianterreni delle proprie abitazioni ospitando galleristi e eventi vari e questo ha permesso alla Biennale di uscire dai perimetri classici dei Giardini e dell’Arsenale e, nello stesso tempo, ai privati di mettere a norma i piani terra dei loro palazzi".
L’Unione Europea invita le città candidate a Capitale Europea della cultura a considerare questa come una occasione per una politica a lungo termine. Quindi guardando avanti, oltre il 2019, cosa si può contare rimanga di questa esperienza, a livello culturale, per Venezia e per il nordest?
"Penso ci siano due livelli, a scala differente: le mie aspettative sono rivolte verso il rafforzamento del ruolo culturale del nordest dell’Italia – e quando parlo di rafforzamento culturale mi riferisco alla cultura del territorio, del paesaggio, della progettualità, di relazioni e di apertura verso l’esterno - e per quanto riguarda Venezia, auspico l’istituzione di nuove relazioni economiche con i Paesi del mondo e il rafforzamento di quelle già esistenti, in modo che la cultura diventi veicolo di sviluppo vero e proprio".
Nicoletta Speltra
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