Fino al 30 ottobre al Museo Le carceri

Antonio Ligabue, genio visionario, in mostra ad Asiago

Antonio Ligabue, Autoritratto con cappello, 1949, Olio su faesite, 14 x 17 cm
 

Samantha De Martin

01/06/2022

Vicenza - Nel suo corpo a corpo con la tela, in una dimensione visionaria che rappresenta, attraverso gli archetipi della foresta, della giungla, della terra dei contadini, del fiume, la verità primaria di un uomo senza storia, Antonio Ligabue descrive un mondo con tutta la rabbia, la sofferenza, l’esaltazione di un individuo drammaticamente solo.
L’arte diventa così per l’artista l’antidoto allo squilibrio mentale, l’unico modo per dare ragione alla follia prolungando la vita nella pittura.
Fino al 30 ottobre il Museo Le carceri di Asiago diventa la cornice della mostra Ligabue. Un altro mondo, un percorso a cura di Marzio Dall’Acqua e Vittorio Sgarbi, organizzato da Augusto Agosta Tota e promosso dal Comune di Asiago in collaborazione con la Fondazione Archivio Antonio Ligabue di Parma.


Antonio Ligabue, Testa di tigre, 1954, Olio su faesite, 45 x 60 cm

La vita dell’artista piovuto dalla Svizzera nella Bassa emiliana per uno strano scherzo del destino, divenuto uno dei maggiori protagonisti dell’arte italiana del XX secolo, si racconta attraverso le oltre 70 opere in mostra, tra dipinti, disegni e sculture. Capolavori come Pascolo montano del 1928, Gattopardo con teschio del 1933, Diligenze con castello del 1952, Tigre assalita dal serpente del 1953 o l’ Autoritratto del 1954 traducono in visioni l’arte di un genio visionario sempre in evoluzione, la sua appassionata ricerca caratterizzata da colori violenti e comunque armonici nella loro pressante suggestione emotiva.


Antonio Ligabue, Tigre con serpente, 1953, Olio su faesite, 80 x 66 cm

L’excursus lungo i tre periodi canonici in cui è stata suddivisa la produzione artistica del pittore vede avvicendarsi gli animali domestici dei primi anni, le tigri dalle fauci spalancate, e ancora leoni mostruosi, serpenti e rapaci in lotta per la sopravvivenza, protagonisti di un’autentica giungla che l’artista immagina con allucinata fantasia fra i boschi del Po.
La natura dipinta da Ligabue è il teatro di una violenza implacabile. Pianure, campi, foreste e gli stessi fienili diventano arene per combattimenti di ogni tipo. Ma è negli autoritratti - dai quali traspaiono tutta la solitudine di uomo, l’angoscia, il desiderio viscerale di amore e di socialità - che l’artista riversa il proprio dolore esistenziale, gridandolo con l’urgenza di una sensibilità intensa e ferina.

“Negli autoritratti - scrive a questo proposito Vittorio Sgarbi - Ligabue parla con se stesso, si chiede e ci chiede qualcosa. Anche in questo caso è evidente il disagio. Ligabue si batte la testa con un sasso, cerca di scacciare gli spiriti maligni. L'autoritratto non è una forma di narcisismo, esprime la necessità di capirsi meglio, in un processo di autoanalisi. L'autoritratto é l'immagine del malessere, e Ligabue ci tiene a farlo conoscere”.


Antonio Ligabue, Leone, 1959-60, matita su carta, 66 x 48 cm

La profonda attualità di questi bisogni, l’immediatezza dei quadri di Liagbue, la forza espressiva della sua pittura, gettano un ponte verso l’osservatore. In questa straordinaria abilità di comunicare e di trasmettere a un’ampia porzione di pubblico ideali estetici, sensazioni, visioni dal mondo, riposa ancora oggi la sua straordinaria popolarità.


La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30. La biglietteria chiude un’ora prima.


 Leggi anche:
• Volevo nascondermi, favola amara su Antonio Ligabue - La nostra recensione



COMMENTI