Intervista al curatore della mostra che ha ispirato il film Van Gogh. Tra il grano e il cielo, al cinema il 9, 10 e 11 aprile
Marco Goldin: vi racconto il mio Van Gogh
Il backstage dalle riprese del film Van Gogh tra il grano e il cielo, con Marco Goldin al Museo Kröller-Müller Museum di Otterlo | Courtesy of Nexo Digital
Samantha De Martin
30/03/2018
Vicenza - Quattrocentomila e sta. Marco Goldin, a pochi giorni dalla chiusura della sua ultima performance, snocciola in cifre lo straordinario successo della sua ultima mostra dedicata a Van Gogh alla Basilica Palladiana di Vicenza.
Un racconto, un’immersione inedita e spettacolare nell’universo dell’artista, più che un semplice appuntamento con l’arte di un maestro immenso, che ha ispirato "Van Gogh. Tra il Grano e il Cielo", il film evento diretto da Giovanni Piscaglia e scritto da Matteo Moneta, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, nelle sale solo il 9, 10 e 11 aprile. Ovviamente con la consulenza scientifica e la partecipazione di Marco Goldin.
Chi conosce Goldin - trevigiano, classe 1961, oltre 400 esposizioni curate a partire dal 1984 e circa diecimila opere ottenute in prestito da fondazioni, musei e collezioni private da tutto il mondo - lo sa. I suoi allestimenti sono veri e propri racconti cuciti per il pubblico con l’appassionata dedizione di chi punta a coinvolgere ed emozionare.
«Si tratta della quinta mostra che curo su Van Gogh, ma questa, rispetto alle altre, è quella alla quale sono assolutamente più legato. È un po’ più complicata, certo, essendo per due terzi dedicata al disegno di Van Gogh e addirittura a quello del periodo olandese, un elemento non proprio piacevole per il visitatore. Ed è per questo che il fatto che il pubblico mi abbia seguito, così numeroso, in questo viaggio alla scoperta dell’anima del pittore, mi riempie di gioia. Mostra che la gente si è veramente riconosciuta in questo racconto».
A Marco Goldin piace raccontare con semplicità, chiarezza, a tratti con poesia, con l’esperienza di chi, da oltre trent’anni percorre e scandaglia i sentieri dell’arte. Ed è questo forse che tanto affascina il pubblico. Ed è questo che sceglie di fare anche in questa mostra - aperta ancora per qualche giorno fino all’8 aprile «assolutamente senza proroghe» come lui stesso ribadisce - seguendo il filo delle 1900 lettere scritte da Van Gogh.
«Avendo lavorato molto sul suo epistolario ho cercato di entrare nelle pieghe delle sue giornate, scandagliando, senza alcuna mediazione, i movimenti dell’anima e del cuore, che si concretano in quei colori allagati, allarmati distesi sulla tela. Questa mostra parla di un’intimità che mai, prima di adesso, avevo tirato fuori da questa figura».
L'appuntamento di Vicenza - quasi 130 opere tra 43 dipinti e 86 disegni, in gran parte prestati da quello scrigno vangoghiano che è il Kröller-Müller Museum di Otterlo, in Olanda - era nato in principio come un approfondimento sugli anni della formazione dell’artista. «Inizialmente avevo scelto si concluderla con l’arrivo di Vincent a Parigi. Poi, negli ultimi mesi di lavoro, il percorso si è ampliato diventando a tutti gli effetti una mostra che consentisse di far luce sulla formazione di Van Gogh relativa ai colori scuri e soprattutto al disegno». E di disegni in mostra ce ne sono tanti, a partire dal periodo delle miniere del Borinage, in Belgio, nell’estate del 1880.
«In questi lavori si coglie la ricerca di un’affermazione non soltanto come pittore. Il disegno per Van Gogh è una vera e propria grammatica dell’anima, ma anche lo strumento attraverso cui il maestro impara quasi a camminare, a parlare. Lui stesso scrive da subito che soltanto attraverso il disegno potrà diventare un artista. Vi si accosta in modo molto umile e senza frequentare alcun corso, ma semplicemente lavorando su libri e riviste. Non sappiamo dire con certezza se abbia partecipato alle lezioni di disegno all’Accademia di Bruxelles, anche se è più probabile che sia stato presente a quelle dell’Accademia di Anversa, tra gennaio e febbraio del 1885. Ma si tratta comunque di esperienze molto sporadiche. Per il resto è stato un autodidatta».
Da questo viaggio alla scoperta del cuore straziato di Vincent, nel quale Goldin ci accompagna con rispetto e circospezione, emergono con forza anche i luoghi della sua anima. Il visitatore scivola dalle miniere del Borinage - dove, nell’estate del 1880 Vincent inizia a disegnare oltre a prendersi cura dei malati e a predicare la Bibbia tra i minatori - all’intera regione del Brabante, viaggia tra Etten, L’Aja, «dove il disegno subisce accelerazioni molto importanti», e ancora nel Drenthe, regione del Nord, apprezzata dai paesaggisti olandesi per i suoi campi, i canali, i grandi orizzonti, e dove Vincent trascorre tre mesi. E ancora punta verso Neuen dove, spiega Goldin,«si nota un’accelerazione per quanto riguarda un primo, timido utilizzo di un colore appena più vivace», visita Anversa, Parigi, dove il pittore resterà dal 1° marzo del 1886 al 19 febbraio del 1888.
Anche se è tra i campi di grano e i cieli stellati della Provenza, ad Arles ed a Saint-Rémy, che il colore si accende per esplodere nella dimensione panica del paesaggio. Ultima tappa di questa carriera intensa durata soltanto un decennio, dai 27 ai 37 anni, è Auvers-sur-Oise dove il pittore trascorre gli ultimi settanta giorni della sua esistenza.
Quando gli si chiede di snocciolare i suoi progetti futuri, soprattutto relativi alle prossime esperienze espositive, Marco Goldin preferisce non sbilanciarsi. «Al di là delle mostre - risponde sibillino - ho ricevuto diverse proposte che vanno dalla prosecuzione dell'esperienza nell’ambito cinematografico alla scrittura di libri. Forse nei prossimi due anni mi dedicherò principalmente a progetti personali».
Intanto, in vista degli ultimi giorni di mostra, la città di Vicenza si prepara all’atto finale di questa grandiosa performance inaugurata lo scorso 7 ottobre e che chiude in bellezza con 400mila biglietti staccati e con tanto di proiezione, il 7 aprile - nella sala cinema della Basilica Palladiana e in anteprima mondiale - del film Van Gogh. Tra il grano e il cielo, ma solo per 90 fortunati.
E mentre saltimbanchi e artisti di strada estenderanno alle vie della città quell’esperienza totale iniziata tra le sale della Basilica Palladiana, Marco Goldin e Remo Anzovino - autore della colonna sonora del film - porteranno in scena - ma solo per la notte del 5 aprile ed esclusivamente per gli 80 fortunati che riusciranno a prenotare i biglietti - il recital L’anima di Van Gogh. Per questa occasione lo spazio che ospita i capolavori realizzati a Saint-Rémy e ad Auvers-sur-Oise diventerà una vera e propria sala concerto, con il pianoforte gran coda disposto davanti agli strepitosi paesaggi della campagna provenzale.
Un’esperienza sinestetica, insomma, dal museo alla città. Se non è trionfo questo...
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Un racconto, un’immersione inedita e spettacolare nell’universo dell’artista, più che un semplice appuntamento con l’arte di un maestro immenso, che ha ispirato "Van Gogh. Tra il Grano e il Cielo", il film evento diretto da Giovanni Piscaglia e scritto da Matteo Moneta, prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, nelle sale solo il 9, 10 e 11 aprile. Ovviamente con la consulenza scientifica e la partecipazione di Marco Goldin.
Chi conosce Goldin - trevigiano, classe 1961, oltre 400 esposizioni curate a partire dal 1984 e circa diecimila opere ottenute in prestito da fondazioni, musei e collezioni private da tutto il mondo - lo sa. I suoi allestimenti sono veri e propri racconti cuciti per il pubblico con l’appassionata dedizione di chi punta a coinvolgere ed emozionare.
«Si tratta della quinta mostra che curo su Van Gogh, ma questa, rispetto alle altre, è quella alla quale sono assolutamente più legato. È un po’ più complicata, certo, essendo per due terzi dedicata al disegno di Van Gogh e addirittura a quello del periodo olandese, un elemento non proprio piacevole per il visitatore. Ed è per questo che il fatto che il pubblico mi abbia seguito, così numeroso, in questo viaggio alla scoperta dell’anima del pittore, mi riempie di gioia. Mostra che la gente si è veramente riconosciuta in questo racconto».
A Marco Goldin piace raccontare con semplicità, chiarezza, a tratti con poesia, con l’esperienza di chi, da oltre trent’anni percorre e scandaglia i sentieri dell’arte. Ed è questo forse che tanto affascina il pubblico. Ed è questo che sceglie di fare anche in questa mostra - aperta ancora per qualche giorno fino all’8 aprile «assolutamente senza proroghe» come lui stesso ribadisce - seguendo il filo delle 1900 lettere scritte da Van Gogh.
«Avendo lavorato molto sul suo epistolario ho cercato di entrare nelle pieghe delle sue giornate, scandagliando, senza alcuna mediazione, i movimenti dell’anima e del cuore, che si concretano in quei colori allagati, allarmati distesi sulla tela. Questa mostra parla di un’intimità che mai, prima di adesso, avevo tirato fuori da questa figura».
L'appuntamento di Vicenza - quasi 130 opere tra 43 dipinti e 86 disegni, in gran parte prestati da quello scrigno vangoghiano che è il Kröller-Müller Museum di Otterlo, in Olanda - era nato in principio come un approfondimento sugli anni della formazione dell’artista. «Inizialmente avevo scelto si concluderla con l’arrivo di Vincent a Parigi. Poi, negli ultimi mesi di lavoro, il percorso si è ampliato diventando a tutti gli effetti una mostra che consentisse di far luce sulla formazione di Van Gogh relativa ai colori scuri e soprattutto al disegno». E di disegni in mostra ce ne sono tanti, a partire dal periodo delle miniere del Borinage, in Belgio, nell’estate del 1880.
«In questi lavori si coglie la ricerca di un’affermazione non soltanto come pittore. Il disegno per Van Gogh è una vera e propria grammatica dell’anima, ma anche lo strumento attraverso cui il maestro impara quasi a camminare, a parlare. Lui stesso scrive da subito che soltanto attraverso il disegno potrà diventare un artista. Vi si accosta in modo molto umile e senza frequentare alcun corso, ma semplicemente lavorando su libri e riviste. Non sappiamo dire con certezza se abbia partecipato alle lezioni di disegno all’Accademia di Bruxelles, anche se è più probabile che sia stato presente a quelle dell’Accademia di Anversa, tra gennaio e febbraio del 1885. Ma si tratta comunque di esperienze molto sporadiche. Per il resto è stato un autodidatta».
Da questo viaggio alla scoperta del cuore straziato di Vincent, nel quale Goldin ci accompagna con rispetto e circospezione, emergono con forza anche i luoghi della sua anima. Il visitatore scivola dalle miniere del Borinage - dove, nell’estate del 1880 Vincent inizia a disegnare oltre a prendersi cura dei malati e a predicare la Bibbia tra i minatori - all’intera regione del Brabante, viaggia tra Etten, L’Aja, «dove il disegno subisce accelerazioni molto importanti», e ancora nel Drenthe, regione del Nord, apprezzata dai paesaggisti olandesi per i suoi campi, i canali, i grandi orizzonti, e dove Vincent trascorre tre mesi. E ancora punta verso Neuen dove, spiega Goldin,«si nota un’accelerazione per quanto riguarda un primo, timido utilizzo di un colore appena più vivace», visita Anversa, Parigi, dove il pittore resterà dal 1° marzo del 1886 al 19 febbraio del 1888.
Anche se è tra i campi di grano e i cieli stellati della Provenza, ad Arles ed a Saint-Rémy, che il colore si accende per esplodere nella dimensione panica del paesaggio. Ultima tappa di questa carriera intensa durata soltanto un decennio, dai 27 ai 37 anni, è Auvers-sur-Oise dove il pittore trascorre gli ultimi settanta giorni della sua esistenza.
Quando gli si chiede di snocciolare i suoi progetti futuri, soprattutto relativi alle prossime esperienze espositive, Marco Goldin preferisce non sbilanciarsi. «Al di là delle mostre - risponde sibillino - ho ricevuto diverse proposte che vanno dalla prosecuzione dell'esperienza nell’ambito cinematografico alla scrittura di libri. Forse nei prossimi due anni mi dedicherò principalmente a progetti personali».
Intanto, in vista degli ultimi giorni di mostra, la città di Vicenza si prepara all’atto finale di questa grandiosa performance inaugurata lo scorso 7 ottobre e che chiude in bellezza con 400mila biglietti staccati e con tanto di proiezione, il 7 aprile - nella sala cinema della Basilica Palladiana e in anteprima mondiale - del film Van Gogh. Tra il grano e il cielo, ma solo per 90 fortunati.
E mentre saltimbanchi e artisti di strada estenderanno alle vie della città quell’esperienza totale iniziata tra le sale della Basilica Palladiana, Marco Goldin e Remo Anzovino - autore della colonna sonora del film - porteranno in scena - ma solo per la notte del 5 aprile ed esclusivamente per gli 80 fortunati che riusciranno a prenotare i biglietti - il recital L’anima di Van Gogh. Per questa occasione lo spazio che ospita i capolavori realizzati a Saint-Rémy e ad Auvers-sur-Oise diventerà una vera e propria sala concerto, con il pianoforte gran coda disposto davanti agli strepitosi paesaggi della campagna provenzale.
Un’esperienza sinestetica, insomma, dal museo alla città. Se non è trionfo questo...
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