L'Autoritratto come san Paolo a Roma dal 21 febbraio al 15 giugno
Il ritorno di Rembrandt alla Galleria Corsini dopo 200 anni
Rembrandt, Autoritratto come san Paolo, 1661 olio su tela, 77 x 91 cm, Amsterdam, Rijksmuseum
Samantha De Martin
20/02/2020
Roma - Dal mosaico di Pietro Paolo Cristofari, il cardinale Neri Maria Corsini rivolge il suo mesto sguardo all’Autoritratto come san Paolo realizzato da Rembrandt, firmato e datato 1661. Era stato proprio il cardinale ad acquistarlo dal “pittor famoso”.
La pittura densa, fatta di tocchi di colore che si affastellano sul turbante, sull’elsa di una spada che spunta dal mantello, tra i riccioli selvaggi e il naso grande, che lasciano ampio spazio alla consistenza della materia per dissolversi poi nel manoscritto che l’artista reca in mano - allusione alle epistole di San Paolo - rivela lo stile dell’ultimo Rembrandt.
Il santo doveva essere una figura chiave nella spiritualità protestante e ad Amsterdam doveva probabilmente rappresentare un modello di comportamento.
Dalla sala accanto, anche Tommaso Corsini, ex proprietario del dipinto, sembra partecipare all’intenso scambio di sguardi, che si rinnova dopo due secoli nello stesso palazzo, la Galleria Corsini di Roma, che accolse per 60 anni quest’olio su tela del pittore di Leida, di straordinaria bellezza. E che volò via, suo malgrado, per una questione di tasse.
Oggi, dopo rocambolesche vicende, l’Autoritratto come san Paolo di Rembrandt è custodito al Rijksmuseum di Amsterdam, che lo ha gentilmente concesso in prestito alla Galleria Corsini in occasione della mostra dedicata al pittore di Leida fino al 15 giugno e a cura di Alessandro Cosma.
Pietro Paolo Cristofari, Ritratto di Clemente XII con il cardinal Neri Maria Corsini, 1738
Mosaico, 152 x 227 cm, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini
Tutta colpa del “maestro di casa”: un dipinto dai trascorsi ocamboleschi
In Italia di Rembrandt è conservata una sola opera, il Ritratto di Rabbino degli Uffizi.
Quello che più colpisce dell'Autoritratto come san Paolo, in mostra temporaneamente a Roma - uno degli oltre 80 realizzati dall’artista nella sua prolifica carriera, tuttavia l’unico nel quale il pittore si traveste da figura biblica - è l’avvincente storia che si cela dietro il capolavoro. Una recente riscoperta documentaria ha infatti chiarito che l’opera fu protagonista di un episodio emblematico della dispersione di capolavori d’arte durante l’occupazione francese del 1799. Ma facciamo un passo indietro. Nel Settecento la tela faceva già parte della collezione Corsini ed era esposta nelle sale del palazzo alla Lungara, precisamente accanto al ritratto di Giulio II realizzato dalla bottega di Raffaello. Il Rembrandt era infatti stato acquistato tra il 1737 e il 1739 dal cardinal Neri Maria Corsini per 100 scudi da Marie-Thérèse Gosset, vedova di Nicolas Vleughels, direttore dell’Accademia di Francia a Roma. Ma nel 1799 la famiglia Corsini si trovò a far fronte alle contribuzioni forzate imposte dal governo francese alle nobili famiglie romane. Insomma occorrevano soldi per pagare le tasse. In assenza del principe Tommaso, allora in Sicilia ,il “maestro di casa” dei Corsini, Ludovico Radice, ebbe un’idea. Dapprima propose al principe, tramite un carteggio, la vendita di alcuni dipinti della collezione al noto mercante d’arte Luigi Mirri. Ovviamente il suo interlocutore non nascose il proprio diniego. “Non intendo assolutamente approvare in verun conto il progetto fattomi” furono le parole del principe. Nonostante ciò, all’insaputa del Corsini, il “maestro di casa” procedette ugualmente alla vendita, al mercante Mirri, di 25 dipinti valutati oltre 6mila scudi, ma pagati alla fine solo 3500.
Con la fine della repubblica romana, Tommaso, venuto a conoscenza dell’accaduto, provò a scongiurare l’esportazione dei quadri avviando una causa contro Mirri e l’inglese William Young Ottley che, nel frattempo, aveva acquistato parte delle opere. L’accordo fu raggiunto solo nel 1800. Corsini poté ricomperare da Mirri i dipinti ancora in suo possesso - tra questi la Salomè di Guido Reni, la Madonna del latte di Murillo e il Ritratto di Giulio II ancora attribuito a Raffaello, il ritratto del cardinale Giacomo Savelli di Scipione Pulzone, i Cacciatori a cavallo di Philips Wouverman, ancora oggi esposte alla Galleria Corsini a Roma - ma purtroppo delle altre opere si perse traccia.
E dell’Autoritratto come san paolo di Rembrandt cosa ne era stato? Passato nelle mani dei principali mercanti inglesi, dopo essere stato venduto a Mirri, arrivò intorno agli anni Sessanta del Novecento al Rijksmuseum di Amsterdam, nelle cui collezioni oggi si trova. Tra l’altro, il museo olandese, in occasione dei 350 anni dalla morte del pittore di Leida, celebrati lo scorso anno, ha scelto proprio questo autoritratto come immagine simbolo per festeggiare il maestro dei chiaroscuri.
“Un particolare ringraziamento - spiega il curatore Alessandro Cosma - va all’Accademia Nazionale dei Lincei, ma anche alla famiglia Corsini che, molto generosamente, ne ha permesso lo studio mettendo a disposizione documenti originali dell’archivio Corsini di San Casciano in Val di Pesa”.
Lettere, atti processuali, stime, hanno così permesso di raccontare al pubblico uno dei momenti più critici per il patrimonio culturale italiano.
Rembrandt, Ritratto di Jan Uytenbogaert o il “pesatore d’oro”, 1639, acquaforte, puntasecca e bulino, Roma, Istituto centrale per la grafica, fondo Corsini (deposito dall’Accademia Nazionale dei Lincei)
In mostra anche le stampe di Rembrandt e documenti originali
La selezione di stampe originali di Rembrandt appartenute alla famiglia Corsini permette di ricostruire l’apprezzamento nei confronti dell’artista olandese, del quale la famiglia possedeva oltre 200 stampe conservate allora nella biblioteca del palazzo alla Lungara, aperta al pubblico e agli studiosi fin dal 1754, e oggi custodite all’Istituto centrale per la grafica. Oltre all’Autoritratto, i visitatori potranno apprezzare una serie di incisioni di Rembrandt, tra queste Il buon samaritano, La grande sposa ebrea, Adamo ed Eva, I tre alberi. In quest’ultima le morsure all’acquaforte si affiancano ai violenti tratti a puntasecca utilizzati per le raffiche di pioggia. Basta avvicinarsi un po’ di più per cogliere dettagli incredibili come le persone e gli animali immersi nel paesaggio. In mostra c'è anche la lettera di Ludovico Radice a Tommaso Corsini, le incisioni di Charles Turner e Giuseppe Longhi Rembrandt. Autoritratto come San Paolo e il Ritratto di Pietro Paolo Cristofari Clemente XII con il cardinale Neri Maria Corsini.
Ultimo, il ritratto di Tommaso Corsini di Pietro Benvenuti. Lo sguardo mesto, rivolto a quel Rembrandt perduto per sempre e rincontrato grazie a uno studio e a una mostra - molto ben allestita - a 200 anni di distanza, nello stesso Palazzo, in una Roma diversa. Ritrovato e condiviso, per poco più di cento giorni.
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Dalla sala accanto, anche Tommaso Corsini, ex proprietario del dipinto, sembra partecipare all’intenso scambio di sguardi, che si rinnova dopo due secoli nello stesso palazzo, la Galleria Corsini di Roma, che accolse per 60 anni quest’olio su tela del pittore di Leida, di straordinaria bellezza. E che volò via, suo malgrado, per una questione di tasse.
Oggi, dopo rocambolesche vicende, l’Autoritratto come san Paolo di Rembrandt è custodito al Rijksmuseum di Amsterdam, che lo ha gentilmente concesso in prestito alla Galleria Corsini in occasione della mostra dedicata al pittore di Leida fino al 15 giugno e a cura di Alessandro Cosma.
Pietro Paolo Cristofari, Ritratto di Clemente XII con il cardinal Neri Maria Corsini, 1738
Mosaico, 152 x 227 cm, Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini
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In Italia di Rembrandt è conservata una sola opera, il Ritratto di Rabbino degli Uffizi.
Quello che più colpisce dell'Autoritratto come san Paolo, in mostra temporaneamente a Roma - uno degli oltre 80 realizzati dall’artista nella sua prolifica carriera, tuttavia l’unico nel quale il pittore si traveste da figura biblica - è l’avvincente storia che si cela dietro il capolavoro. Una recente riscoperta documentaria ha infatti chiarito che l’opera fu protagonista di un episodio emblematico della dispersione di capolavori d’arte durante l’occupazione francese del 1799. Ma facciamo un passo indietro. Nel Settecento la tela faceva già parte della collezione Corsini ed era esposta nelle sale del palazzo alla Lungara, precisamente accanto al ritratto di Giulio II realizzato dalla bottega di Raffaello. Il Rembrandt era infatti stato acquistato tra il 1737 e il 1739 dal cardinal Neri Maria Corsini per 100 scudi da Marie-Thérèse Gosset, vedova di Nicolas Vleughels, direttore dell’Accademia di Francia a Roma. Ma nel 1799 la famiglia Corsini si trovò a far fronte alle contribuzioni forzate imposte dal governo francese alle nobili famiglie romane. Insomma occorrevano soldi per pagare le tasse. In assenza del principe Tommaso, allora in Sicilia ,il “maestro di casa” dei Corsini, Ludovico Radice, ebbe un’idea. Dapprima propose al principe, tramite un carteggio, la vendita di alcuni dipinti della collezione al noto mercante d’arte Luigi Mirri. Ovviamente il suo interlocutore non nascose il proprio diniego. “Non intendo assolutamente approvare in verun conto il progetto fattomi” furono le parole del principe. Nonostante ciò, all’insaputa del Corsini, il “maestro di casa” procedette ugualmente alla vendita, al mercante Mirri, di 25 dipinti valutati oltre 6mila scudi, ma pagati alla fine solo 3500.
Con la fine della repubblica romana, Tommaso, venuto a conoscenza dell’accaduto, provò a scongiurare l’esportazione dei quadri avviando una causa contro Mirri e l’inglese William Young Ottley che, nel frattempo, aveva acquistato parte delle opere. L’accordo fu raggiunto solo nel 1800. Corsini poté ricomperare da Mirri i dipinti ancora in suo possesso - tra questi la Salomè di Guido Reni, la Madonna del latte di Murillo e il Ritratto di Giulio II ancora attribuito a Raffaello, il ritratto del cardinale Giacomo Savelli di Scipione Pulzone, i Cacciatori a cavallo di Philips Wouverman, ancora oggi esposte alla Galleria Corsini a Roma - ma purtroppo delle altre opere si perse traccia.
E dell’Autoritratto come san paolo di Rembrandt cosa ne era stato? Passato nelle mani dei principali mercanti inglesi, dopo essere stato venduto a Mirri, arrivò intorno agli anni Sessanta del Novecento al Rijksmuseum di Amsterdam, nelle cui collezioni oggi si trova. Tra l’altro, il museo olandese, in occasione dei 350 anni dalla morte del pittore di Leida, celebrati lo scorso anno, ha scelto proprio questo autoritratto come immagine simbolo per festeggiare il maestro dei chiaroscuri.
“Un particolare ringraziamento - spiega il curatore Alessandro Cosma - va all’Accademia Nazionale dei Lincei, ma anche alla famiglia Corsini che, molto generosamente, ne ha permesso lo studio mettendo a disposizione documenti originali dell’archivio Corsini di San Casciano in Val di Pesa”.
Lettere, atti processuali, stime, hanno così permesso di raccontare al pubblico uno dei momenti più critici per il patrimonio culturale italiano.
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La selezione di stampe originali di Rembrandt appartenute alla famiglia Corsini permette di ricostruire l’apprezzamento nei confronti dell’artista olandese, del quale la famiglia possedeva oltre 200 stampe conservate allora nella biblioteca del palazzo alla Lungara, aperta al pubblico e agli studiosi fin dal 1754, e oggi custodite all’Istituto centrale per la grafica. Oltre all’Autoritratto, i visitatori potranno apprezzare una serie di incisioni di Rembrandt, tra queste Il buon samaritano, La grande sposa ebrea, Adamo ed Eva, I tre alberi. In quest’ultima le morsure all’acquaforte si affiancano ai violenti tratti a puntasecca utilizzati per le raffiche di pioggia. Basta avvicinarsi un po’ di più per cogliere dettagli incredibili come le persone e gli animali immersi nel paesaggio. In mostra c'è anche la lettera di Ludovico Radice a Tommaso Corsini, le incisioni di Charles Turner e Giuseppe Longhi Rembrandt. Autoritratto come San Paolo e il Ritratto di Pietro Paolo Cristofari Clemente XII con il cardinale Neri Maria Corsini.
Ultimo, il ritratto di Tommaso Corsini di Pietro Benvenuti. Lo sguardo mesto, rivolto a quel Rembrandt perduto per sempre e rincontrato grazie a uno studio e a una mostra - molto ben allestita - a 200 anni di distanza, nello stesso Palazzo, in una Roma diversa. Ritrovato e condiviso, per poco più di cento giorni.
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