Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze
Dal 29 Ottobre 2021 al 30 Gennaio 2022
Recanati | Macerata
Luogo: Biblioteca Leopardi
Indirizzo: Via Leopardi 14
Sito ufficiale: http://www.giacomoleopardi.it
In occasione del settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri, Casa Leopardi ne omaggia la memoria mostrando al pubblico, per la prima volta, l’autografo originale del canto Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze e alcune preziose edizioni della Commedia.
L’esposizione, allestita nella Sala dei manoscritti della Biblioteca Leopardi, si potrà visitare da venerdì 29 ottobre fino al 30 gennaio 2022.
La Divina Commedia fu oggetto degli studi di Giacomo, dei suoi fratelli e del padre Monaldo. Dell’autore fiorentino il poeta recanatese fu un lettore appassionato e un profondo conoscitore.“...Perché lo stile di Dante è il più forte che mai si possa concepire, e per questa parte il più bello e dilettevole possibile? Perché ogni parola presso lui è un’immagine.” Da Zibaldone 2041,1 – 3 Nov. 1821
“Per la nostra famiglia è un grande piacere poter dare l’opportunità al pubblico di fruire dei tesori presenti nella biblioteca che ha visto formarsi Giacomo. – Ha affermato la contessa Olimpia Leopardi discendente del Poeta - Vorremmo offrire ai visitatori la possibilità di calarsi nei panni del giovane lettore e di provare a riscoprire il suo stupore fanciullesco, quello che coglie tutti noi di fronte ad un’opera che ha plasmato l’immaginario collettivo. In Dante Giacomo vede quell’ideale di poeta e scrittore che fonda la lingua italiana, ma non riesce ad immedesimarsi in lui fino in fondo, non può ritenerlo un padre putativo, troppo differenti le loro sensibilità di uomini e poeti. Quando è in visita a Ravenna, sulla tomba del sommo Alighieri, Giacomo confessa di non aver provato emozione, di non aver pianto. Cosa che invece gli capitò su quella di Tasso dove, scrive, provò “il piacere delle lacrime”. E questo perché egli sentiva più vicino al suo animo la fragilità di Tasso, rispetto alla forza di Dante. Dante è un soggetto forte per il quale Leopardi prova soprattutto un sentimento di ammirazione, ma non si identifica con lui, così come avviene con altri.”
Talmente importante è la figura di Alighieri da venir citato a più riprese negli scritti leopardiani e da aver ispirato uno dei suoi canti giovanili.
Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze fu composto tra il settembre e l’ottobre 1818 a Recanati, pubblicato nello stesso anno, e prende spunto dal progetto di erigere un monumento a Dante in Santa Croce a Firenze; il tema centrale del canto è il degrado e l’abbandono in cui giace l’Italia.
La canzone si rivolge agli esecutori del progetto, prima di indirizzarsi allo stesso Dante al quale il poeta mostra lo stato in cui si trova attualmente l’Italia, preda di potenze straniere che la derubano, portando oltralpe statue, quadri, libri.
Soprattutto, queste potenze costringono il popolo italiano a morire per una guerra che non gli appartiene: in una chiara allusione ai soldati della penisola italiana morti nella campagna napoleonica condotta in Russia nel 1812, Leopardi li vede perduti lontano, abbandonati nel gelo dell’inverno russo.
D’altronde, egli è molto chiaro a tal proposito in una lettera del 21 aprile 1820, indirizzata a Pietro Brighenti.
Brighenti aveva intenzione di ristampare le due Canzoni, All’Italia e Sopra il monumento di Dante, e Leopardi nella lettera spiega di aver messo in versi la scena della campagna napoleonica, significando altro, e cioè la situazione italiana sotto la Restaurazione post 1815, di cui non avrebbe potuto parlare:
“Quelli che presero in sinistro la mia Canzone sul Dante, fecero male, secondo me, perché le dico espressamente ch’io non la scrissi per dispiacere a quelle tali persone, ma parte per amor del puro e semplice vero, e odio delle vane parzialità e prevenzioni; parte perché non potendo nominar quelli che queste persone avrebbero voluto, io metteva in iscena altri attori come per pretesto e figura”.
La scelta di Dante quasi come destinatario dei versi non è casuale in quanto, nell’autore della Divina commedia, Leopardi vede il più grande poeta italiano, un poeta che ha saputo coniugare nella sua opera impegno politico ed etico con una grande realizzazione linguistica. È Dante, afferma Leopardi nello Zibaldone, a formare l’Italia, perché crea una letteratura da cui deriverà la lingua italiana.
La canzone è composta di 12 strofe, le prime 11 di 17 versi, l'ultima di 13, per un totale di 200 versi.
In una lettera del 5 febbraio 1819, Pietro Giordani scrive a Leopardi con toni entusiasti, riferendosi alla recente stampa delle due Canzoni patriottiche del poeta (la prima composta è All’Italia)
“Giacomino mio […] Le vostre canzoni girano per questa città come fuoco elettrico: tutti le vogliono, tutti ne sono invasati. Non ho mai (mai mai) veduto né poesia né prosa, né cosa alcuna d’ingegno tanto ammirata ed esaltata. Si esclama di voi, come di un miracolo”.
Ad accompagnare il visitatore alla scoperta della composizione giovanile di Leopardi, le diverse edizioni della Divina Commedia presenti nella biblioteca istituita da Monaldo, esposte per la prima volta in un percorso cronologico nella sala dei manoscritti.
Dall’incunabolo in-folio del 1477 con commento del Vellutello, passando per la prestigiosa edizione in-quarto del 1544, abbellita dalle illustrazioni di Giovanni Britto - indicizzata dallo stesso Leopardi, come testimonia la scheda catalogatoria manoscritta - fino all’edizione moderna con l’esposizione del Foscolo. Una raccolta di volumi di pregio in un inedito viaggio alla riscoperta di un classico senza tempo, uno dei caposaldi della cultura italiana.
Si è anche deciso di cogliere questa occasione per riaprire, finalmente, l’apprezzato percorso multimediale “Io nel pensier mi fingo” rimasto chiuso per due anni a causa dell’adeguamento alle disposizioni anti-Covid.
L’esposizione, allestita nella Sala dei manoscritti della Biblioteca Leopardi, si potrà visitare da venerdì 29 ottobre fino al 30 gennaio 2022.
La Divina Commedia fu oggetto degli studi di Giacomo, dei suoi fratelli e del padre Monaldo. Dell’autore fiorentino il poeta recanatese fu un lettore appassionato e un profondo conoscitore.“...Perché lo stile di Dante è il più forte che mai si possa concepire, e per questa parte il più bello e dilettevole possibile? Perché ogni parola presso lui è un’immagine.” Da Zibaldone 2041,1 – 3 Nov. 1821
“Per la nostra famiglia è un grande piacere poter dare l’opportunità al pubblico di fruire dei tesori presenti nella biblioteca che ha visto formarsi Giacomo. – Ha affermato la contessa Olimpia Leopardi discendente del Poeta - Vorremmo offrire ai visitatori la possibilità di calarsi nei panni del giovane lettore e di provare a riscoprire il suo stupore fanciullesco, quello che coglie tutti noi di fronte ad un’opera che ha plasmato l’immaginario collettivo. In Dante Giacomo vede quell’ideale di poeta e scrittore che fonda la lingua italiana, ma non riesce ad immedesimarsi in lui fino in fondo, non può ritenerlo un padre putativo, troppo differenti le loro sensibilità di uomini e poeti. Quando è in visita a Ravenna, sulla tomba del sommo Alighieri, Giacomo confessa di non aver provato emozione, di non aver pianto. Cosa che invece gli capitò su quella di Tasso dove, scrive, provò “il piacere delle lacrime”. E questo perché egli sentiva più vicino al suo animo la fragilità di Tasso, rispetto alla forza di Dante. Dante è un soggetto forte per il quale Leopardi prova soprattutto un sentimento di ammirazione, ma non si identifica con lui, così come avviene con altri.”
Talmente importante è la figura di Alighieri da venir citato a più riprese negli scritti leopardiani e da aver ispirato uno dei suoi canti giovanili.
Sopra il monumento di Dante che si preparava in Firenze fu composto tra il settembre e l’ottobre 1818 a Recanati, pubblicato nello stesso anno, e prende spunto dal progetto di erigere un monumento a Dante in Santa Croce a Firenze; il tema centrale del canto è il degrado e l’abbandono in cui giace l’Italia.
La canzone si rivolge agli esecutori del progetto, prima di indirizzarsi allo stesso Dante al quale il poeta mostra lo stato in cui si trova attualmente l’Italia, preda di potenze straniere che la derubano, portando oltralpe statue, quadri, libri.
Soprattutto, queste potenze costringono il popolo italiano a morire per una guerra che non gli appartiene: in una chiara allusione ai soldati della penisola italiana morti nella campagna napoleonica condotta in Russia nel 1812, Leopardi li vede perduti lontano, abbandonati nel gelo dell’inverno russo.
D’altronde, egli è molto chiaro a tal proposito in una lettera del 21 aprile 1820, indirizzata a Pietro Brighenti.
Brighenti aveva intenzione di ristampare le due Canzoni, All’Italia e Sopra il monumento di Dante, e Leopardi nella lettera spiega di aver messo in versi la scena della campagna napoleonica, significando altro, e cioè la situazione italiana sotto la Restaurazione post 1815, di cui non avrebbe potuto parlare:
“Quelli che presero in sinistro la mia Canzone sul Dante, fecero male, secondo me, perché le dico espressamente ch’io non la scrissi per dispiacere a quelle tali persone, ma parte per amor del puro e semplice vero, e odio delle vane parzialità e prevenzioni; parte perché non potendo nominar quelli che queste persone avrebbero voluto, io metteva in iscena altri attori come per pretesto e figura”.
La scelta di Dante quasi come destinatario dei versi non è casuale in quanto, nell’autore della Divina commedia, Leopardi vede il più grande poeta italiano, un poeta che ha saputo coniugare nella sua opera impegno politico ed etico con una grande realizzazione linguistica. È Dante, afferma Leopardi nello Zibaldone, a formare l’Italia, perché crea una letteratura da cui deriverà la lingua italiana.
La canzone è composta di 12 strofe, le prime 11 di 17 versi, l'ultima di 13, per un totale di 200 versi.
In una lettera del 5 febbraio 1819, Pietro Giordani scrive a Leopardi con toni entusiasti, riferendosi alla recente stampa delle due Canzoni patriottiche del poeta (la prima composta è All’Italia)
“Giacomino mio […] Le vostre canzoni girano per questa città come fuoco elettrico: tutti le vogliono, tutti ne sono invasati. Non ho mai (mai mai) veduto né poesia né prosa, né cosa alcuna d’ingegno tanto ammirata ed esaltata. Si esclama di voi, come di un miracolo”.
Ad accompagnare il visitatore alla scoperta della composizione giovanile di Leopardi, le diverse edizioni della Divina Commedia presenti nella biblioteca istituita da Monaldo, esposte per la prima volta in un percorso cronologico nella sala dei manoscritti.
Dall’incunabolo in-folio del 1477 con commento del Vellutello, passando per la prestigiosa edizione in-quarto del 1544, abbellita dalle illustrazioni di Giovanni Britto - indicizzata dallo stesso Leopardi, come testimonia la scheda catalogatoria manoscritta - fino all’edizione moderna con l’esposizione del Foscolo. Una raccolta di volumi di pregio in un inedito viaggio alla riscoperta di un classico senza tempo, uno dei caposaldi della cultura italiana.
Si è anche deciso di cogliere questa occasione per riaprire, finalmente, l’apprezzato percorso multimediale “Io nel pensier mi fingo” rimasto chiuso per due anni a causa dell’adeguamento alle disposizioni anti-Covid.
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