Carmine Cecola. Metamorfosi della forma
Dal 02 Dicembre 2012 al 23 Dicembre 2012
Roma
Luogo: Museo Fondazione Crocetti
Indirizzo: via Cassia 492
Orari: lunedì, giovedì e venerdì 11-13/ 15-19; sabato e domenica 11-18
Curatori: Lorenzo Canova
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 33711468
E-Mail info: fondazione.crocetti@tiscali.it
Sito ufficiale: http://www.museocrocetti.it/ita/
Il 1 dicembre alle ore 18 nelle sale del Museo Crocetti di Roma si inaugura una mostra retrospettiva di Carmine Cecola, curata da Lorenzo Canova, professore di storia dell'arte contemporanea dell'Università del Molise.
Cecola è stato uno scultore e pittore di nascita molisana (Monteroduni- Isernia, 1923), di formazione artistica napoletana, succcessivamente attivo a Roma, dove è scomparso nel 2001. Come scrive il curatore in catalogo, l'opera di Cecola è caratterizzata sin dagli esordi, alla fine degli anni quaranta e nei primissimi cinquanta, da un linguaggio caratterizzato da una personale e vigorosa sintesi plastica evidente nei grandi nudi in cui le anatomie si allungano e si ricompongono in volumi circolari memori della scultura arcaica, rivelando le sue dense riflessioni su alcune esperienze internazionali. In questo, Cecola si evidenzia come un personaggio di spicco all’interno del clima della modernità a Napoli, capace di rielaborare in modo autonomo esperienze diverse e di concepire un linguaggio unitario che saprà saldare visioni apparentemente inconciliabili, come quelle della figurazione e dell’astrazione. Questa apertura verso due concezioni dell’arte apparentemente in dissidio, praticate spesso contemporaneamente dall’autore in anni in cui le due posizioni si stavano scontrando aspramente, fa capire come Cecola avesse un’idea aperta della sua opera e come il suo lavoro traesse beneficio dai due campi di ricerca.
È evidente che Cecola trovasse sostegno alle sue indagini passando da un livello iconico a uno aniconico, livelli in cui tuttavia si notano forti assonanze, come se la figura tendesse a uscire dai suoi limiti per raggiungere la perfezione platonica e ideale della forma geometrica che supera i limiti della realtà sensibile, e come se, allo stesso tempo, la forma astratta cercasse di ritornare all’immagine umana da cui era partita per farsi ancora anatomia, corpo fisico e quasi vivente. Così nell’articolato sviluppo del suo viaggio artistico, Carmine Cecola ha attraversato linguaggi, visioni e tecniche regalando anche un magistero rigoroso ai moltissimi allievi della sua lunga carriera di insegnante, tenendo ferma quella visione sacrale dell’opera d’arte che lo ha portato a dare una sostanza reale e viva alla presenza delle sue figure nell’ambiente, al rapporto tra microcosmo e macrocosmo che lo conduce senza soluzione di continuità dal gioiello al monumento con lo stesso nitore costruttivo che dà forma ai volumi, ai corpi e alle cose attraverso l’esattezza cartesiana delle coordinate dello spazio.
Cecola è stato uno scultore e pittore di nascita molisana (Monteroduni- Isernia, 1923), di formazione artistica napoletana, succcessivamente attivo a Roma, dove è scomparso nel 2001. Come scrive il curatore in catalogo, l'opera di Cecola è caratterizzata sin dagli esordi, alla fine degli anni quaranta e nei primissimi cinquanta, da un linguaggio caratterizzato da una personale e vigorosa sintesi plastica evidente nei grandi nudi in cui le anatomie si allungano e si ricompongono in volumi circolari memori della scultura arcaica, rivelando le sue dense riflessioni su alcune esperienze internazionali. In questo, Cecola si evidenzia come un personaggio di spicco all’interno del clima della modernità a Napoli, capace di rielaborare in modo autonomo esperienze diverse e di concepire un linguaggio unitario che saprà saldare visioni apparentemente inconciliabili, come quelle della figurazione e dell’astrazione. Questa apertura verso due concezioni dell’arte apparentemente in dissidio, praticate spesso contemporaneamente dall’autore in anni in cui le due posizioni si stavano scontrando aspramente, fa capire come Cecola avesse un’idea aperta della sua opera e come il suo lavoro traesse beneficio dai due campi di ricerca.
È evidente che Cecola trovasse sostegno alle sue indagini passando da un livello iconico a uno aniconico, livelli in cui tuttavia si notano forti assonanze, come se la figura tendesse a uscire dai suoi limiti per raggiungere la perfezione platonica e ideale della forma geometrica che supera i limiti della realtà sensibile, e come se, allo stesso tempo, la forma astratta cercasse di ritornare all’immagine umana da cui era partita per farsi ancora anatomia, corpo fisico e quasi vivente. Così nell’articolato sviluppo del suo viaggio artistico, Carmine Cecola ha attraversato linguaggi, visioni e tecniche regalando anche un magistero rigoroso ai moltissimi allievi della sua lunga carriera di insegnante, tenendo ferma quella visione sacrale dell’opera d’arte che lo ha portato a dare una sostanza reale e viva alla presenza delle sue figure nell’ambiente, al rapporto tra microcosmo e macrocosmo che lo conduce senza soluzione di continuità dal gioiello al monumento con lo stesso nitore costruttivo che dà forma ai volumi, ai corpi e alle cose attraverso l’esattezza cartesiana delle coordinate dello spazio.
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