Porta Nuova: le voci e i suoni di Milano si fanno materia

Garutti, Piazza Porta Nuova
 

16/11/2012

Milano - Piazza Porta Nuova, con la sua veste recente concepita quattro anni fa come un podio circolare di 2.300 metri quadrati intorno al quale si innalzano torri e grattacieli, opera dell’architetto argentino Cesar Pelli e del paesaggista italiano Land, da oggi ha anche un nuovo allestimento firmato dalla scultore Alberto Garutti, che ha così realizzato la sua prima opera pubblica permanente a Milano.  

Un allestimento che in qualche modo, senza servirsi della tecnologia, è interattivo, di una “interattività” naturale, in un certo senso. Perché l’opera è composta di 23 tubi in metallo cromato ottone che si sviluppano in verticale su quattro livelli, attraverso il cavedio che parte dal piano del parcheggio e attraverso ogni tubo, poggiando l’orecchio alla sua apertura, è possibile ascoltare suoni e voci provenienti dall’altra estremità del tubo posizionata in un altro parte dell’edificio, senza che l’ascoltatore sappia con precisione dove.
 
questi tubi collegano tra loro vari luoghi e spazi dell’edificio
quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città

Ha scritto lo stesso Garutti le parole della didascalia che sarà incisa su pietra vicino alla installazione.
 
E ancora, per spiegare il senso del suo progetto: “...il mio lavoro nella città fa dell’attenzione verso “l’altro” uno dei suoi temi fondativi. Nello spazio urbano le mie opere pubbliche sono caratterizzate da un approccio metodologico ben preciso: scendere dal piedistallo retorico sul quale il sistema dell’arte pone l’artista nel tentativo di scardinare una logica obsoleta secondo la quale l’opera pubblica atterra nello spazio urbano come un oggetto alieno, senza relazioni con il contesto sociale ed urbanistico nel quale si innesta. A mio modo di vedere solo se “sentita”, partecipata e compresa dai cittadini l’opera può vivere e funzionare nella città. E la mia opera per il progetto Porta Nuova Garibaldi  prende forma proprio nel tentativo parallelo di entrare in relazione da un lato con l’architettura stessa che la accoglie, dall’altro con le persone che fruiranno quello spazio: cittadini, passanti, frequentatori casuali o quotidiani… Saranno le parole delle persone e i rumori della città a dare vita all’opera e far sì che questa, come un grande strumento musicale nel cuore dell’architettura, possa caricare di nuovo senso uno spazio tecnico dell’edificio. L’opera, come un sistema venoso all’interno della struttura, trasporta i suoni della città e le parole dei cittadini. Il grande vuoto che così attraversa l’architettura diverrà in questo modo un dispositivo di relazione e non di separazione, una cassa di risonanza e di propagazione”.

Nicoletta Speltra