Dal 12 gennaio al 30 giugno a Palazzo Loredan
Il mondo che non c'era. L'arte precolombiana in mostra a Venezia
Statuetta antropomorfa raffigurante un giocatore di pelota. Cultura Jalisco, Messico occidentale. Periodo preclassico recente (100 a.C-250 d.C). Ceramica ad ingobbio bianco-crema e rosso-mattone. Venezia, Collezione Ligabue
Samantha De Martin
09/01/2018
Venezia - Quando gli Europei videro per la prima volta i giocatori aztechi, condotti da Cortés alla Corte di Carlo V, esibirsi con il pallone di gomma, oggetto profondamente radicato nella ritualità mesoamericana, rimasero a dir poco stupiti. Quella “misteriosa” sfera, insieme a circa 150 opere d’arte, parte di uno straordinario corpus di capolavori appartenenti alla Collezione Ligabue, una delle più complete e importanti in quest’ambito in Italia, sarà, dal 12 gennaio al 30 giugno, uno dei tanti oggetti al centro della mostra a Palazzo Loredan, sede dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti.
Dopo Firenze, Rovereto, Napoli Venezia accoglie Il mondo che non c’era. L’arte precolombiana nella Collezione Ligabue, una straordinaria esposizione dedicata alle tante e diverse civiltà precolombiane che avevano prosperato per migliaia di anni nel continente americano prima dell’incontro con i Conquistadores Europei, assetati di ricchezze, stragi e razzie. Contatto che l’antropologo Claude Lévi-Strauss ha considerato l’evento probabilmente più importante nella storia dell’umanità.
Comunanze e differenze tra il vecchio continente e il nuovo mondo scandiscono le tappe di quello che si preannuncia un viaggio avvincente - promosso dalla Fondazione Giancarlo Ligabue con main sponsor Ligabue Group - che accompagna i visitatori tra le antiche culture della cosiddetta Mesoamerica, il territorio di Panama, le Ande, dalla cultura Chavin a Tiahuanaco e Moche, fino agli Inca.
Con le rare maschere in pietra di Teotihucan, la più grande città della Mesoamerica, con i vasi Maya d’epoca classica, fonti autorevoli di informazioni grazie alle loro decorazioni e iscrizioni, con le statuette antropomorfe della cultura Olmeca, che tanto affascinarono anche Frida Kahlo e Diego Rivera, o con le sculture Mezcala, tanto enigmatiche nella loro semplicità quanto misteriose nelle origini, la mostra, ideata poco dopo la scomparsa dell’imprenditore e paleontologo Giancarlo Ligabue, vuole essere anche un omaggio all’appassionato collezionista e studioso di archeologia da parte del figlio Inti Ligabue.
Ad accogliere il visitatore in questo viaggio tanto misterioso quanto avvincente, a cura di André Delpuech e Jacques Blazy, specialista delle arti pre-ispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud, saranno anche la Grande Venere con le mani congiunte sul ventre, le urne cinerarie della cultura Zapoteca, databili tra il 200 a.C. e il 200 d.C., le sculture azteche, vasi e tessuti della regione di Nazca, gli oggetti in oro e i manufatti dell’affascinante cultura Moche.
Non mancano poi le colture con le quali il Nuovo Mondo ha nutrito il vecchio continente. Si pensi al cacao o alle patate, giunti grazie alla mediazione delle cucine della corte spagnola nella tradizione alimentare italiana o al mais, che il pubblico ritrova in mostra personificato e che, importato a venezia dalla Spagna alla fine degli anni Venti, sarebbe diventato l’ingrediente principale di polente preparate tuttavia ignorando le tecniche elaborate dagli indigeni americani.
Pur rimanendo estranea alla corsa al Nuovo Continente, la Serenissima ha costituito uno dei centri propulsori di quella sorta di “scoperta letteraria” delle Americhe che spopolò tra i grandi stampatori veneziani, protagonisti della rapida diffusione europea delle notizie che giungevano dal nuovo mondo.
Vedi anche:
• Il mondo che non c'era. L'arte precolombiana nella Collezione Ligabue - Venezia
• Il mondo che non c'era. L'arte precolombiana nella collezione Ligabue - Firenze
Dopo Firenze, Rovereto, Napoli Venezia accoglie Il mondo che non c’era. L’arte precolombiana nella Collezione Ligabue, una straordinaria esposizione dedicata alle tante e diverse civiltà precolombiane che avevano prosperato per migliaia di anni nel continente americano prima dell’incontro con i Conquistadores Europei, assetati di ricchezze, stragi e razzie. Contatto che l’antropologo Claude Lévi-Strauss ha considerato l’evento probabilmente più importante nella storia dell’umanità.
Comunanze e differenze tra il vecchio continente e il nuovo mondo scandiscono le tappe di quello che si preannuncia un viaggio avvincente - promosso dalla Fondazione Giancarlo Ligabue con main sponsor Ligabue Group - che accompagna i visitatori tra le antiche culture della cosiddetta Mesoamerica, il territorio di Panama, le Ande, dalla cultura Chavin a Tiahuanaco e Moche, fino agli Inca.
Con le rare maschere in pietra di Teotihucan, la più grande città della Mesoamerica, con i vasi Maya d’epoca classica, fonti autorevoli di informazioni grazie alle loro decorazioni e iscrizioni, con le statuette antropomorfe della cultura Olmeca, che tanto affascinarono anche Frida Kahlo e Diego Rivera, o con le sculture Mezcala, tanto enigmatiche nella loro semplicità quanto misteriose nelle origini, la mostra, ideata poco dopo la scomparsa dell’imprenditore e paleontologo Giancarlo Ligabue, vuole essere anche un omaggio all’appassionato collezionista e studioso di archeologia da parte del figlio Inti Ligabue.
Ad accogliere il visitatore in questo viaggio tanto misterioso quanto avvincente, a cura di André Delpuech e Jacques Blazy, specialista delle arti pre-ispaniche della Mesoamerica e dell’America del Sud, saranno anche la Grande Venere con le mani congiunte sul ventre, le urne cinerarie della cultura Zapoteca, databili tra il 200 a.C. e il 200 d.C., le sculture azteche, vasi e tessuti della regione di Nazca, gli oggetti in oro e i manufatti dell’affascinante cultura Moche.
Non mancano poi le colture con le quali il Nuovo Mondo ha nutrito il vecchio continente. Si pensi al cacao o alle patate, giunti grazie alla mediazione delle cucine della corte spagnola nella tradizione alimentare italiana o al mais, che il pubblico ritrova in mostra personificato e che, importato a venezia dalla Spagna alla fine degli anni Venti, sarebbe diventato l’ingrediente principale di polente preparate tuttavia ignorando le tecniche elaborate dagli indigeni americani.
Pur rimanendo estranea alla corsa al Nuovo Continente, la Serenissima ha costituito uno dei centri propulsori di quella sorta di “scoperta letteraria” delle Americhe che spopolò tra i grandi stampatori veneziani, protagonisti della rapida diffusione europea delle notizie che giungevano dal nuovo mondo.
Vedi anche:
• Il mondo che non c'era. L'arte precolombiana nella Collezione Ligabue - Venezia
• Il mondo che non c'era. L'arte precolombiana nella collezione Ligabue - Firenze
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