LE INTERPRETAZIONI
La Primavera Sandro Botticelli
17/01/2002
La storia delle letture della “Primavera” di Botticelli è legata a doppio filo con la storia dell’iconologia.
Nel 1893, infatti, la tesi di laurea di Aby Warburg, padre della “disciplina senza nome”, aveva come tema proprio l’interpretazione e la proposta delle fonti delle due celebri allegorie botticelliane (Primavera e Nascita di Venere).
La “Primavera”, insieme al pannello vicino, permetteva allo storico dell’arte tedesco di spiegare in maniera esauriente quella “rinascita del paganesimo antico” che sarà al centro di tutti i suoi studi futuri.
Warburg, nella sua trattazione si sofferma sui personaggi presenti nella composizione. Le “Tre Grazie”, la cui rappresentazione è caldeggiata da L.B. Alberti, sono raffigurate in questo intreccio (di iconografia classica) in una medaglia di Niccolò Fiorentino per il matrimonio Lorenzo Tornabuoni e Giovanna d’Albizzi (1486). Le tre donne, come riporta l’iscrizione della moneta sono la Castità, la Bellezza, l’Amore (Castitas, Pulchritudo, Amor). Non va inoltre dimenticato che per quel matrimonio Botticelli stesso riceve un importante commissione: gli affreschi per Villa Lemmi (oggi al Louvre), in cui le Grazie vengono riproposte nel riquadro con la sposa.
Un’altra medaglia dello stesso scultore per quel matrimonio riporta sul retro la figura di Mercurio: il dio, quindi, interpreta nell’opera di Botticelli il ruolo di condottiero delle Grazie.
Proseguendo con i personaggi, la dea della primavera che sparge fiori facendo della veste una cornucopia, sarebbe ripresa dalla statua classica di Pomona, proprietà della famiglia Medici: altro rimando alla scultura antica.
Per quanto riguarda l’inseguimento amoroso sulla destra del quadro, Warburg propone come fonte la storia narrata da Ovidio nei “Fasti” tra Zefiro e Flora, con l’aggiunta di un forte riferimento alla leggenda di Apollo e Dafne. Altra importante notazione warburghiana è che proprio al tempo della realizzazione del quadro, Antonio Poliziano unisce le due storie in un passo del suo componimento poetico per la Giostra in onore di Giuliano de’ Medici.
Lo stesso Poliziano nel “Rusticus” (1483), descrive l’assemblea degli dei della primavera, in parte mutuata da Lucrezio, in maniera del tutto simile al dipinto.
Warburg analizza vari testi della cerchia medicea notando i tratti comuni figli di una identica matrice culturale, ma poi prova ad andare oltre: secondo la sua interpretazione il titolo della “Primavera” andrebbe modificato in “Il regno di Venere”, e l’umanista Poliziano riconosciuto come il dotto consigliere del pittore per la complessa allegoria.
Circa cinquant’anni dopo la tesi warburghiana Ernst Gombrich, in uno studio pubblicato a metà degli anni ’40, ha sostenuto per lo stesso quadro l’ipotesi di un’opera didattica per Lorenzo di Pierfrancesco Medici. La conferma verrebbe allo studioso austriaco da una lettera del 1478 di Marsilio Ficino, padre del neoplatonismo fiorentino, indirizzata proprio al giovane rampollo mediceo, dove quest’ultimo viene invitato a guardare Venere che indica Humanitas. E’ risaputo che Ficino riconosceva una grande importanza alla forza di persuasione esercitata attraverso la vista: nulla meglio di un quadro, quindi, per rendere più chiari i propri insegnamenti. Per il neoplatonismo la funzione dell’arte figurativa, come della musica, è di tipo psicologico: creare immagini in chi ne fruisce può condizionarne il pensiero e l’operato.
Un piccolo accenno meritano le interpretazioni che hanno tentato di connettere la “Primavera” con tutto ciò che ruotava attorno alla giostra per Giuliano de’ Medici e alle “Stanze” di Poliziano. Sono le letture contro cui si scaglia proprio Gombrich nel suo studio accusandole di eccessiva faciloneria. In effetti le ipotesi romantiche che legano l’opera ad una storia d’amore, quella tra Giuliano de’ Medici e Simoneta Vespucci, arrivando ad immaginare che proprio la giovane donna sia quella rappresentata nel dipinto di Botticelli, risultano molto forzate.
Questa breve rassegna di interpretazioni può essere conclusa con la proposta avanzata qualche anno fa da Claudia Villa (docente all’Università di Bergamo).
Per la studiosa la composizione botticelliana andrebbe messa in relazione con le “Nozze di Mercurio e Filologia”, testo allegorico di retorica scritto dal neoplatonico Marziano Capella (410 d.C.).
Proprio un commento medievale a quest’opera sarebbe giunto a Firenze sin dal XIV secolo. Bisogna ricordare che nella città medicea, dove i testi di Marziano sono ben noti, come metodo di insegnamento viene collegata sempre un’opera di poesia ad una di retorica: lo fa anche Poliziano nelle sue lezioni.
Chiaramente nella fabula di Capella compaiono tutti i personaggi presenti nella “Primavera”. Tralasciamo in questa sede i molteplici collegamenti allegorici, astrologici, poetici, ecc.
Pur se affascinante l’ennesima ipotesi fatta per interpretare questo dipinto lascia molti dubbi.
La pretesa di far combaciare tutti gli elementi appare oggi una chimera: ricostruire completamente un contesto così complesso non può che andare a cozzare contro l’impossibilità stessa di quest'operazione.
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