Dal 17 ottobre al 20 gennaio alle Scuderie del Quirinale
Duecento opere per celebrare il mito di Ovidio
Statua di Venere ͞ Callipigia ͟ metà del II secolo d.C. marmo bianco (insulare?) Napoli, Museo Archeologico Nazionale
Francesca Grego
17/10/2018
Roma - Dal confino sulle remote sponde del Mar Nero, Ovidio non avrebbe certo potuto immaginare i propri versi trasposti nelle scritte al neon di Joseph Kosuth. Eppure a dargli forza lontano dagli affetti e dal mondo dorato di Roma era rimasta solo la Musa, con la sua promessa di eternità.
Promessa più che mantenuta, sembrano dire oggi le 250 opere d’arte riunite alle Scuderie del Quirinale per celebrare i due millenni dalla morte del poeta, tanto più che per dieci anni il suo più ardente desiderio – inesaudito dall’inflessibile Augusto - fu il ritorno nella Capitale.
Curata da Francesca Ghedini, Ovidio. Amori, miti e altre storie è un viaggio lungo i secoli nell’ispirazione che gli artisti hanno tratto dall’opera ovidiana: un continuo gioco di specchi tra narrazione e figura, tra parole, dipinti e marmi che tolgono il fiato. Sandro Botticelli, Tintoretto, Benvenuto Cellini, Nicolas Poussin, Jusepe de Ribera, Pompeo Batoni sono solo alcuni dei protagonisti insieme a Kosuth, che introduce il percorso, e ai grandi artisti anonimi dell’antichità.
La metamorfosi di Dafne e il volto di Narciso, le grazie inquietanti di Ermafrodito e l’audacia di Icaro, la tenera Proserpina rapita da Plutone e l’amplesso divino tra Leda e il cigno tornano a noi attraverso i capolavori del Louvre, della National Gallery, degli Uffizi, del MANN, o nelle preziose rarità della Biblioteca di Gotha in Germania, del Museo di Eretria in Grecia e della Royal Danish Library di Copenaghen. E se siamo convinti che “in amor vince chi fugge”, se parliamo di “eco” o di “pigmalioni” lo dobbiamo ancora al poeta di Sulmona, inventore di immagini entrate nel quotidiano di tutti attraverso il linguaggio.
È proprio nelle immagini, che Ovidio tratteggia ed evoca fino a renderle vive nella mente del lettore, il segreto legame tra la sua poesia e le arti visive. È impressionante notare quanto in molte delle opere esposte scene, gesti e particolari siano fedeli al racconto in versi: poesia che è già quasi un dipinto e si prepara a diventare repertorio di fantasie oltre il tempo.
“Ovidio. Amori, miti e altre storie è il culmine di un progetto decennale portato avanti presso l’Università di Padova insieme a Isabella Colpo e Giulia Salvo”, spiega Francesca Ghedini, “un progetto dedicato a uno dei più prolifici poeti dell’antichità, inarrivabile cantore di sentimenti universali che visse e fu testimone di uno dei momenti cruciali della storia di Roma, quando la forte personalità di un giovane condottiero, Ottaviano, divenuto poi Augusto, trasformò la Repubblica in un Impero sotto le mentite spoglie di una restaurazione del passato. E Ovidio fu testimone di questa ‘rivoluzione’, che riguardò non solo la forma di governo ma anche i costumi. Una rivoluzione che il poeta non condivise e fu forse questo il motivo (o uno dei motivi) della durissima condanna che gli fu comminata dall’imperatore”.
“Ma la sua poesia sopravvisse e divenne immortale”, continua la curatrice: “Sopravvisse alle ingiurie del tempo, al confino, all’ostracismo decretato contro le sue opere, alla volontà di annientare quel contestatore ante litteram, capace di ferire con la sua ironia dissacrante, con il suo gusto per il paradosso, con quel suo gioco un po’ perverso di mettere gli dei alla berlina. Condannato per un reato d’opinione? Condannato per la libertà di parola o per le sue frequentazioni? Non lo sapremo mai. Quel che è certo è che Ovidio ha vinto la sua battaglia più grande ed è ancora tra noi.”.
Se alle Scuderie del Quirinale sono le meraviglie delle Metamorfosi a dar forma al percorso, questo non può che iniziare sotto l’egida di Venere, la divinità più cara al sensuale poeta dell’Ars Amatoria. Nella prima sala la scena è della splendida Venere Callipigia del MANN e della sua degna erede, la Venere pudica di Sandro Botticelli. Le pitture di Pompei ne illustrano il mito, mentre specchi, lucerne, fermagli e preziosi oggetti in ambra provenienti dal Museo Archeologico di Aquileia alludono a scene erotiche e rituali di bellezza femminile.
Contro con la dea lasciva ed edonista di Ovidio si erge la Venere di Augusto, che copre il corpo con una toga castigata, assume il titolo severo di Genitrice e le sembianze di Antonia Minore, sorella dell’imperatore.
Tra rilievi e ritratti della dinastia giulia, spicca la Testa di Tiberio, rubata nel ’43 a Sessa Aurunca dalle truppe franco-algerine, venduta a collezionista privato statunitense e da pochissimo rientrata in Italia.
Mirabili codici miniati testimoniano intanto il passaggio dell’opera di Ovidio dall’antichità al Rinascimento attraverso il Medioevo, quando nell’ombra dei monasteri pazienti amanuensi ricopiano anche i versi più audaci. E la potenza evocativa del poeta si ritrova anche sulle decorazioni dei cassoni da sposa, usati per contenere il corredo nuziale, in cammei pieni di armonia e particolari (bellissimo quello di Icaro, proveniente dal MANN), sulle testate dei letti, come quella ornata da Alessandro Allori, allievo preferito del Bronzino.
Poi il vortice delle Metamorfosi avvolge il visitatore, con quelle “fantasiose immagini che hanno fornito ispirazione a tutti i grandi del Rinascimento. Senza Ovidio non avremmo avuto il Narciso caravaggesco che eternamente si specchia nell’acqua della fonte, né la diafana Dafne del Bernini che tende al cielo le mani già coperte di foglie”, commenta Ghedini.
E dopo Dafne, ecco Niobe e i suoi figli, Apollo e Marsia, Diana e Atteone mostrare il volto umano e spesso crudele degli dei augustei, per proseguire con gli insaziabili appetiti amorosi di Giove immortalati, tra gli altri, da Tintoretto nel Ratto di Europa e da Leonardo in Leda e il cigno, qui presente in una copia cinquecentesca della Galleria Borghese. E ancora con una mirabile Testa di Arianna scolpita nel Rinascimento per una scultura antica, con il mito di Adone interpretato da Tiziano e Jusepe de Ribera e la statua dell’Ermafrodito dormiente del Museo Nazionale Romano.
Dopo le avventure temerarie di giovani eroi come Icaro e Fetonte, la sala finale è di Ganimede, l’adolescente mortale che ascende all’Olimpo come avrebbe desiderato fare il poeta con i suoi versi: a rappresentare il Trionfo di Ovidio è Nicolas Poussin, che lo dipinge cinto di alloro tra una Venere addormentata e una folla di putti intenti al gioco dell’amore.
Ovidio. Amori, miti e altre storie sarà visitabile alle Scuderie del Quirinale da oggi, 17 ottobre, al 20 gennaio 2019. Oltre alle consuete informazioni sulle opere in mostra, le audioguide in dotazione ai visitatori permettono di abbinare a ciascuna sala i versi del poeta recitati da Sebastiano Lo Monaco.
Il progetto espositivo si arricchisce inoltre di un ricco programma di eventi collaterali, conversazioni e visite guidate a tema dentro e fuori dalle Scuderie del Quirinale, tra il Parco del Colosseo, i teatri Argentina ed Eliseo e sedi come Palazzo Altemps e Villa Medici.
Promessa più che mantenuta, sembrano dire oggi le 250 opere d’arte riunite alle Scuderie del Quirinale per celebrare i due millenni dalla morte del poeta, tanto più che per dieci anni il suo più ardente desiderio – inesaudito dall’inflessibile Augusto - fu il ritorno nella Capitale.
Curata da Francesca Ghedini, Ovidio. Amori, miti e altre storie è un viaggio lungo i secoli nell’ispirazione che gli artisti hanno tratto dall’opera ovidiana: un continuo gioco di specchi tra narrazione e figura, tra parole, dipinti e marmi che tolgono il fiato. Sandro Botticelli, Tintoretto, Benvenuto Cellini, Nicolas Poussin, Jusepe de Ribera, Pompeo Batoni sono solo alcuni dei protagonisti insieme a Kosuth, che introduce il percorso, e ai grandi artisti anonimi dell’antichità.
La metamorfosi di Dafne e il volto di Narciso, le grazie inquietanti di Ermafrodito e l’audacia di Icaro, la tenera Proserpina rapita da Plutone e l’amplesso divino tra Leda e il cigno tornano a noi attraverso i capolavori del Louvre, della National Gallery, degli Uffizi, del MANN, o nelle preziose rarità della Biblioteca di Gotha in Germania, del Museo di Eretria in Grecia e della Royal Danish Library di Copenaghen. E se siamo convinti che “in amor vince chi fugge”, se parliamo di “eco” o di “pigmalioni” lo dobbiamo ancora al poeta di Sulmona, inventore di immagini entrate nel quotidiano di tutti attraverso il linguaggio.
È proprio nelle immagini, che Ovidio tratteggia ed evoca fino a renderle vive nella mente del lettore, il segreto legame tra la sua poesia e le arti visive. È impressionante notare quanto in molte delle opere esposte scene, gesti e particolari siano fedeli al racconto in versi: poesia che è già quasi un dipinto e si prepara a diventare repertorio di fantasie oltre il tempo.
“Ovidio. Amori, miti e altre storie è il culmine di un progetto decennale portato avanti presso l’Università di Padova insieme a Isabella Colpo e Giulia Salvo”, spiega Francesca Ghedini, “un progetto dedicato a uno dei più prolifici poeti dell’antichità, inarrivabile cantore di sentimenti universali che visse e fu testimone di uno dei momenti cruciali della storia di Roma, quando la forte personalità di un giovane condottiero, Ottaviano, divenuto poi Augusto, trasformò la Repubblica in un Impero sotto le mentite spoglie di una restaurazione del passato. E Ovidio fu testimone di questa ‘rivoluzione’, che riguardò non solo la forma di governo ma anche i costumi. Una rivoluzione che il poeta non condivise e fu forse questo il motivo (o uno dei motivi) della durissima condanna che gli fu comminata dall’imperatore”.
“Ma la sua poesia sopravvisse e divenne immortale”, continua la curatrice: “Sopravvisse alle ingiurie del tempo, al confino, all’ostracismo decretato contro le sue opere, alla volontà di annientare quel contestatore ante litteram, capace di ferire con la sua ironia dissacrante, con il suo gusto per il paradosso, con quel suo gioco un po’ perverso di mettere gli dei alla berlina. Condannato per un reato d’opinione? Condannato per la libertà di parola o per le sue frequentazioni? Non lo sapremo mai. Quel che è certo è che Ovidio ha vinto la sua battaglia più grande ed è ancora tra noi.”.
Se alle Scuderie del Quirinale sono le meraviglie delle Metamorfosi a dar forma al percorso, questo non può che iniziare sotto l’egida di Venere, la divinità più cara al sensuale poeta dell’Ars Amatoria. Nella prima sala la scena è della splendida Venere Callipigia del MANN e della sua degna erede, la Venere pudica di Sandro Botticelli. Le pitture di Pompei ne illustrano il mito, mentre specchi, lucerne, fermagli e preziosi oggetti in ambra provenienti dal Museo Archeologico di Aquileia alludono a scene erotiche e rituali di bellezza femminile.
Contro con la dea lasciva ed edonista di Ovidio si erge la Venere di Augusto, che copre il corpo con una toga castigata, assume il titolo severo di Genitrice e le sembianze di Antonia Minore, sorella dell’imperatore.
Tra rilievi e ritratti della dinastia giulia, spicca la Testa di Tiberio, rubata nel ’43 a Sessa Aurunca dalle truppe franco-algerine, venduta a collezionista privato statunitense e da pochissimo rientrata in Italia.
Mirabili codici miniati testimoniano intanto il passaggio dell’opera di Ovidio dall’antichità al Rinascimento attraverso il Medioevo, quando nell’ombra dei monasteri pazienti amanuensi ricopiano anche i versi più audaci. E la potenza evocativa del poeta si ritrova anche sulle decorazioni dei cassoni da sposa, usati per contenere il corredo nuziale, in cammei pieni di armonia e particolari (bellissimo quello di Icaro, proveniente dal MANN), sulle testate dei letti, come quella ornata da Alessandro Allori, allievo preferito del Bronzino.
Poi il vortice delle Metamorfosi avvolge il visitatore, con quelle “fantasiose immagini che hanno fornito ispirazione a tutti i grandi del Rinascimento. Senza Ovidio non avremmo avuto il Narciso caravaggesco che eternamente si specchia nell’acqua della fonte, né la diafana Dafne del Bernini che tende al cielo le mani già coperte di foglie”, commenta Ghedini.
E dopo Dafne, ecco Niobe e i suoi figli, Apollo e Marsia, Diana e Atteone mostrare il volto umano e spesso crudele degli dei augustei, per proseguire con gli insaziabili appetiti amorosi di Giove immortalati, tra gli altri, da Tintoretto nel Ratto di Europa e da Leonardo in Leda e il cigno, qui presente in una copia cinquecentesca della Galleria Borghese. E ancora con una mirabile Testa di Arianna scolpita nel Rinascimento per una scultura antica, con il mito di Adone interpretato da Tiziano e Jusepe de Ribera e la statua dell’Ermafrodito dormiente del Museo Nazionale Romano.
Dopo le avventure temerarie di giovani eroi come Icaro e Fetonte, la sala finale è di Ganimede, l’adolescente mortale che ascende all’Olimpo come avrebbe desiderato fare il poeta con i suoi versi: a rappresentare il Trionfo di Ovidio è Nicolas Poussin, che lo dipinge cinto di alloro tra una Venere addormentata e una folla di putti intenti al gioco dell’amore.
Ovidio. Amori, miti e altre storie sarà visitabile alle Scuderie del Quirinale da oggi, 17 ottobre, al 20 gennaio 2019. Oltre alle consuete informazioni sulle opere in mostra, le audioguide in dotazione ai visitatori permettono di abbinare a ciascuna sala i versi del poeta recitati da Sebastiano Lo Monaco.
Il progetto espositivo si arricchisce inoltre di un ricco programma di eventi collaterali, conversazioni e visite guidate a tema dentro e fuori dalle Scuderie del Quirinale, tra il Parco del Colosseo, i teatri Argentina ed Eliseo e sedi come Palazzo Altemps e Villa Medici.
LA MAPPA
NOTIZIE