In mostra dal 17 luglio 2019 al 6 gennaio 2020

Al Forte di Bard la montagna secondo i fotografi Magnum

Dalai Lama, Ladakh, India, 1976 ©Raghu Rai© Magnum Photos
 

Francesca Grego

12/07/2019

Aosta - La grande fotografia sale in alta quota. Dal 17 luglio un avventuroso viaggio nel tempo e nello spazio accoglierà i visitatori del Forte di Bard con 130 immagini sul tema della montagna firmate dai reporter di Magnum Photos: da Werner Bischop – alpinista lui stesso oltre che fotografo e viaggiatore – a Robert Capa, George Rodger, Inge Morath, Herbert List, fino ai nostri giorni con Ferdinando Scianna, Martin Parr e Steve McCurry. A tutto questo si aggiunge un reportage realizzato sul territorio della Valle d’Aosta da Paolo Pellegrin, fotografo di rilevanza internazionale e vincitore di dieci World Press Photo Award.

In calendario al Forte di Bard fino al 6 gennaio 2020, Mountains by Magnum Photographers esplora la fascinazione di grandi maestri dello scatto per le montagne e la conquista di cime rimaste per molto tempo invisibili al grande pubblico proprio a causa della mancanza di immagini ravvicinate.
Fino allo sviluppo dell’alpinismo, infatti, la montagna era stata rappresentata a distanza, in modo più o meno realistico, dalla pittura, diventando nel tempo un soggetto di notevole successo.
Nella seconda metà del XIX secolo la fotografia fa il suo ingresso nel mondo delle arti e, poco dopo, si spinge sulle vette delle Alpi per documentare memorabili spedizioni. Spesso si tratta di prodezze che richiedono ai reporter di abilità ed energie da veri e propri alpinisti. Alle difficoltà e alle incognite tipiche di ogni ascensione si aggiunge inoltre il trasporto di attrezzature ingombranti e delicate. Ma niente ferma i pionieri della fotografia in alta quota e il pubblico ha finalmente la possibilità di osservare nel dettaglio territori intatti, scenari vertiginosi, ambienti quasi mitici che evocano l’origine del mondo.

Con la grande stagione del fotogiornalismo novecentesco, le montagne di ogni continente sono percorse, esplorate e scandagliate dalle prospettive più varie: c’è chi ne osserva le forme bizzarre, chi resta affascinato dalla potenza mistica dei colossi di roccia, chi è attratto dall’umanità che abita luoghi apparentemente inospitali perché ci è nato, perché cerca rifugio da una guerra, per motivi spirituali o di piacere. Tutti rendono omaggio alla spettacolare immensità delle montagne, ridisegnandone di volta in volta l’iconografia.
Fino a Paolo Pellegrin, che nella primavera del 2019 ha setacciato con il suo obiettivo le cime della Valle d’Aosta alla ricerca delle luci adatte ai suoi suggestivi bianchi e neri. Missione compiuta: i risultati possiamo ammirarli in nubi sfilacciate dal vento, crepacci dalle increspature oscure, arabeschi disegnati su laghi gelati, guglie nere che si innalzano su creste incredibilmente maestose.

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