Al Museo Nazionale Romano dal 10 ottobre
Medardo Rosso. Quando la copia diventò originale
Medardo Rosso nello studio di boulevard des Batignolles, 1890, stampa moderna a contatto da negativo originale su vetro, cm 13 × 17,7. Collezione privata. Courtesy Archivio Rosso
Francesca Grego
09/10/2019
Roma - Un appassionante dialogo tra antico e moderno, per riscoprire una delle voci più singolari della scultura italiana: è Medardo Rosso, il nuovo progetto sviluppato dal Museo Nazionale Romano in collaborazione con la GAM di Milano. Un'inedita galleria di opere in cera, gesso e bronzo va in scena tra le statue classiche di Palazzo Altemps gettando nuova luce sul lavoro di un artista dallo stile inafferrabile. Con un'appendice davvero interessante: le fotografie in cui lo scultore ritrae le proprie opere a partire dalla fine dell'Ottocento, non come mera documentazione, ma come un'attività artistica parallela di grande modernità, testimoniata da viraggi, ingrandimenti, collage, tracce di pittura e di abrasioni, in breve quella che oggi chiameremmo post produzione.
Al centro di un progetto ad alto contenuto di ricerca c'è l'idea di copia, che per Rosso significa interpretazione e non più riproduzione, com'era nel mondo antico e nel Rinascimento. Un concetto che, spiegano i curatori Francesco Stocchi e Paola Zatti, anticipa le avanguardie del Novecento e trova applicazione in figure di derivazione classica o in rielaborazioni successive dello stesso soggetto da parte dell'artista. A rappresentare quest'ultima tendenza è una catena di opere iconiche come Bambina ridente, Rieuse, Grande rieuse, Enfant au soleil, Enfant juif, Enfant malade, Uomo che legge, Ecce puer, che ben esemplificano la cifra stilistica di uno scultore impegnato a cogliere “lo spazio fuggitivo della frazione di un secondo” anche con materiali insoliti come la cera, prima di lui mai utilizzata per una scultura finita. In ciascuno di questi passaggi il soggetto acquista nuova vita nel cangiante rapporto della materia con la luce, divenendo ogni volta un'opera a sé stante: in altre parole un originale.
A confronto con le preziose sculture classiche di Palazzo Altemps troviamo invece lavori come Antioco III, Niccolò da Uzzano, Mnemone, Vitellio e San Francesco, documenti della riscoperta dell'antico operata da Medardo in cinque anni di viaggi in giro per l'Europa. Il dialogo è un'occasione per rileggere in modo nuovo anche la pratica della copia - tanto diffusa nel mondo greco e romano da identificarsi quasi con il lavoro dello scultore - e in parallelo la storia del collezionismo rinascimentale e barocco.
È “un'operazione, questa della mostra di Medardo Rosso a Palazzo Altemps, che si pone in continuità con una riflessione già iniziata al Museo Nazionale Romano”, spiega la direttrice del Museo Nazionale Romano Daniela Porro, nominata due giorni fa alla guida della Soprintendenza speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della capitale: “La nuova strategia espositiva è sempre caratterizzata dal dialogo, dal confronto e dalla contaminazione tra diversi periodi e generi della storia dell'arte rispetto alle collezioni custodite”.
A svelare poi i dettagli del metodo di lavoro di Medardo Rosso sono le fotografie scattate dal maestro e riprodotte tramite contatto da negativi originali su vetro. Nelle mostre lo scultore usava esporle accanto alle sculture, cui le accomuna la ricerca nel trattamento della luce, così come amava presentare le sue copie “personalizzate” a confronto con l'originale antico o con copie fedeli da lui stesso realizzate, in suggestive mise-en-scéne.
Le opere della mostra provengono dal Museo Medardo Rosso di Barzio, dalla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dalle Gallerie degli Uffizi e da Palazzo Pitti, dalla Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino, dal Goteborg Konstmuseum e da prestigiose collezioni private. Dal Musée Rodin di Parigi è in arrivo la Rieuse, una fusione in bronzo che Rodin scelse tra i lavori di Medardo: tra i due artisti è infatti documentato un intenso confronto.
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Al centro di un progetto ad alto contenuto di ricerca c'è l'idea di copia, che per Rosso significa interpretazione e non più riproduzione, com'era nel mondo antico e nel Rinascimento. Un concetto che, spiegano i curatori Francesco Stocchi e Paola Zatti, anticipa le avanguardie del Novecento e trova applicazione in figure di derivazione classica o in rielaborazioni successive dello stesso soggetto da parte dell'artista. A rappresentare quest'ultima tendenza è una catena di opere iconiche come Bambina ridente, Rieuse, Grande rieuse, Enfant au soleil, Enfant juif, Enfant malade, Uomo che legge, Ecce puer, che ben esemplificano la cifra stilistica di uno scultore impegnato a cogliere “lo spazio fuggitivo della frazione di un secondo” anche con materiali insoliti come la cera, prima di lui mai utilizzata per una scultura finita. In ciascuno di questi passaggi il soggetto acquista nuova vita nel cangiante rapporto della materia con la luce, divenendo ogni volta un'opera a sé stante: in altre parole un originale.
A confronto con le preziose sculture classiche di Palazzo Altemps troviamo invece lavori come Antioco III, Niccolò da Uzzano, Mnemone, Vitellio e San Francesco, documenti della riscoperta dell'antico operata da Medardo in cinque anni di viaggi in giro per l'Europa. Il dialogo è un'occasione per rileggere in modo nuovo anche la pratica della copia - tanto diffusa nel mondo greco e romano da identificarsi quasi con il lavoro dello scultore - e in parallelo la storia del collezionismo rinascimentale e barocco.
È “un'operazione, questa della mostra di Medardo Rosso a Palazzo Altemps, che si pone in continuità con una riflessione già iniziata al Museo Nazionale Romano”, spiega la direttrice del Museo Nazionale Romano Daniela Porro, nominata due giorni fa alla guida della Soprintendenza speciale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della capitale: “La nuova strategia espositiva è sempre caratterizzata dal dialogo, dal confronto e dalla contaminazione tra diversi periodi e generi della storia dell'arte rispetto alle collezioni custodite”.
A svelare poi i dettagli del metodo di lavoro di Medardo Rosso sono le fotografie scattate dal maestro e riprodotte tramite contatto da negativi originali su vetro. Nelle mostre lo scultore usava esporle accanto alle sculture, cui le accomuna la ricerca nel trattamento della luce, così come amava presentare le sue copie “personalizzate” a confronto con l'originale antico o con copie fedeli da lui stesso realizzate, in suggestive mise-en-scéne.
Le opere della mostra provengono dal Museo Medardo Rosso di Barzio, dalla Galleria d'Arte Moderna di Milano, dalla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dalle Gallerie degli Uffizi e da Palazzo Pitti, dalla Galleria Civica d'Arte Moderna e Contemporanea di Torino, dal Goteborg Konstmuseum e da prestigiose collezioni private. Dal Musée Rodin di Parigi è in arrivo la Rieuse, una fusione in bronzo che Rodin scelse tra i lavori di Medardo: tra i due artisti è infatti documentato un intenso confronto.
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